I mercati e il voto
Gli investitori si sono già messi corti sull’ipotesi che il “no” esca vincente ma l’esito referendario non sarà destabilizzante
Volatilità di breve periodo a Piazza Affari
Il referendum italiano apre una nuova stagione di incertezza politica per l’Europa e per Piazza Affari. «Si tratta — dice a Plus24 Marco Aboav, head of asset allocation di Moneyfarm — di un bivio per gli investitori internazionali: in sintesi, la vittoria del sì verrebbe associata a stabilità politica ed economica, non è un caso che il Ftse Mib nell’ultimo mese sia diventato particolarmente correlato al movimento dello spread, lasciando sul terreno oltre il 3% da quando i sondaggi hanno iniziato a confermare che il “no” ha un discreto vantaggio. Il “no” senza riconferma di Renzi è lo scenario più incerto che potrebbe avere conseguenze negative anche a doppia cifra su tutti i settori dell’indice».
Piazza Affari e BTp sono in fibrillazione seguendo i sondaggi. «Ma la partita non è chiusa — precisa Marco Piersimoni, senior portfolio manager di Pictet Asset Management —: alla scarsa vena dei sondaggisti negli eventi più recenti (Brexit, elezioni Usa), occorre aggiungere la nutrita schiera degli indecisi. Intanto Ftse/ Mib e Btp hanno costituito un premio al rischio politico evidente nello spread BTp-Bund a 175 punti base e negli oltre 15 punti percentuali di sottoperformance del listino italiano rispetto all’EuroStoxx. Poiché sulle obbligazioni esiste un QE (e volendo anche uno scudo anti- spread, le Outright monetary transactions - Omt -), mentre le azioni sono prive di protezioni, è possibile che una parte importante dei movimenti di mercato il caso di “no” sia già stata fatta, mentre in caso di “sì” i movimenti rialzisti di breve potrebbero essere interessanti».
Che sia “sì” o “no”, il potenziale rally innescato dal primo o la volatilità scaturita dal secondo avranno breve respiro. Quello che è già successo, calo della Borsa e rialzo dei rendimenti dei BTp, è «il segnale — spiega Massimo Gionso, consigliere delegato di Cfo Sim — che gli investitori, soprattutto esteri, si sono posizionati sulla vittoria del “no”, non andando short ma vendendo tutta l’Italia in portafoglio: così il rendimento del decennale è passato da 1,1 a 2%, peraltro in un movimento iniziato a settembre in tutta Europa e che continuerà, anche se più graduale. A catena, banche e utility, i settori più impattati dal rialzo dei tassi, sono colati a picco». Ma niente paura: l’eventuale “no” non sarà la Brexit dell’Italia. «Un po’ perché i prezzi già incorporano questa ipotesi, un po’ perché l’8 dicembre c’è una riunione della Bce che non può permettersi che l’Italia si destabilizzi», afferma Gionso. «Se vince il “sì”, invece, è probabile che chi ha venduto riprenda le proprie posizioni sull’Italia, in un mercato che magari non farà il rally di Natale ma recupererà gradualmente».
Inoltre, per gli investitori internazionali l’eventuale vittoria del “no” «è nemica di qualsiasi riforma fiscale, ma anche potenzialmente portatrice di uno spostamento della politica italiana su posizioni anti-europeiste e populiste — sostiene Marco Palacino, managing director per l’Italia di Bny Mellon I nvestment Management —. Pertanto, l’euro sarebbe una delle valvole di sfogo della volatilità finanziaria, indebolendosi contro il dollaro e altre valute globali». Con beneficio delle aziende che hanno forte export. «Anche in questo scenario — conclude Palacino — la volatilità di breve periodo riserverebbe buone occasioni di investimento a valutazioni scontate sui settori difensivi (farmaceutico, telecomunicazioni, utility) e sulle azioni con fondamentali solidi e flussi di cassa positivi».