L’addio del mondo a Fidel Castro, il leader cubano che sfidò gli Usa
Trump: «Brutale dittatore» - Il «dolore» del Papa
Un eroe romantico e un tiranno. Fidel Castro (foto), 90 anni, è morto a L’Avana. L’annuncio, alle 22,29 di venerdì sera (le 4,29 di ieri mattina, ora italiane), è del fratello Raul che, sciolto nella commozione, ha concluso con « hasta la victoria siempre ».
Il lider maximo è stato venerato o detestato, con poche sfumature di grigio. Un carisma indiscusso che gli ha consentito di governare l’isola per 50 anni; poi, nel 2006, per problemi di salute ha ceduto il passo a Raul. Ma Fidel, in questi ultimi 10 anni, non ha mai davvero abdicato alla sua leadership.
Fidel, l’ultimo rivoluzionario, si è ritagliato un ruolo di primo piano nella storia politica americana, del Sud e del Nord; ha visto passare 11 presidenti americani e i suoi “servizi segreti” hanno sventato 637 piani per ucciderlo. All’indomani dell’elezione di Bill Clinton, dichiarò : «Vabbé, vediamo questo come si comporta».
Sull’ultimo, Donald Trump, non si è espresso. Lui invece, il presidente degli Stati Uniti appena eletto, ha calpestato il protocollo, la liturgia delle condoglianze della diplomazia internazionale e ha dichiarato alle agenzie di stampa: «Fidel Castro è stato un brutale dittatore che ha oppresso il suo popolo per quasi sei decenni».
La distanza con la posizione di Papa Francesco è siderale: in un telegramma a Raul esprime «vicinanza ai familiari, al governo e al popolo dell’amata nazione».
Se è vero che le coincidenze non esistono, Fidel muore in un giorno simbolico per Cuba, quello del 60esimo anniversario della partenza dal Messico del Granma. Ovvero la nave con a bordo Ernesto, lo stesso Fidel e 82 uomini che salpò verso Cuba per dare il via alla Revolución che pochi anni dopo spodestò il dittatore Fulgencio Batista.
« No vamos a ser eternos gobernantes », promise Fidel Castro nel 1961. Non saremo governanti eterni. È successo il contrario: Fidel è stato uno dei più longevi al mondo, convinto di incarnare pueblo, Revolución e Nación.
Ha incassato successi evidenti ma anche sconfitte amare. Nei primi dieci anni di Revolución ha azzerato l’analfabetismo e costruito un sistema sanitario invidiato dalla maggior parte dei Paesi latinoamericani. Obiettivi centrati e riconosciuti dagli osservatori delle Nazioni Unite in missione a Cuba. Ha perso sul fronte dell’egualitarismo e del benessere: disse che l’isola avrebbe raggiunto un tenore di vita superiore a quello degli Stati Uniti. In verità la libreta (tessera di razionamento alimentare) con cui si ottiene ogni mese una determinata quantità di cibo, non ha mai garantito una qualità di vita superiore alla sussistenza.
Quello del lider maximo non fu un disegno di rivoluzione socialista, piuttosto un “governo patriottico” di stampo anti-imperialista. Peccato che l’America Latina, negli anni Cinquanta e Sessanta, non contemplasse questo tipo di opzione: la tragica conclusione dei governi di Jacobo Arbenz in Guatemala e di Salvador Allende nei primi anni Settanta furono segnali chiari. Il fiuto politico e l’astuzia strategica lo convinsero ad abbracciare il modello socialista, ratificando l’alleanza con l’Unione sovietica.
Da qui una forte contrapposizione politica con gli Stati Uniti, di interessi geopolitici e di modello economico. Azione e reazione: la centralità americana di “consumatori e mercati” e quella cubana di “solidarietà e pianificazione”. Il muro d’acqua tra l’Avana e Miami è troppo stretto per essere tollerato, Washington non lo può abbattere ma impone il castigo dell’embargo. Che vige ancora oggi, anche se Raul e Barack Obama, hanno avviato un promettente disgelo. Impossibile prevedere le prossime mosse di Donald Trump. Una sola certezza, Fidel Castro muore ma Cuba, rimane lì. Sgangherata e con un’economia da ricostruire. «Il socialismo esportabile? No, non funziona neanche qui», parole di Fidel. Eppure ancora oggi Cuba è considerata da molti Paesi latinoamericani una trincea davanti all’Impero. Il mito della Revolución sopravvive a se stesso. Fidel Castro ha guidato la rivoluzione contro il regime di Batista del 1959 e ha lasciato il testimone al fratello Raul nel 2006. «Presto sarò come tutti gli altri. Il tempo arriverà per tutti, ma gli ideali del comunismo cubano resteranno», aveva detto pochi mesi fa.