Il Sole 24 Ore

Quanto pesa il sistema di voto

L’Italicum privilegia la governabil­ità, ma le proposte di modifica vanno verso una maggior rappresent­atività

- di Emilia Patta

Com binato disposto. L’espression­e è stata coniata dall’ex segretario del Pd Pier luigi Bersani ed è il motivo principale per cui, nonostante il recente accordo interno al Pd per modificare l’Italicum dopo il referendum, la minoranza di Area riformista guidata dal giovane bersaniano Roberto Speranza voterà No al referendum sulla riforma del Senato e del Titolo V. Il combinato disposto è appunto quello tra una legge elettorale maggiorita­ria come l’Italicum - che tramite il meccanismo del ballottagg­io nazionale tre le prime due liste, se nessuno raggiunge il 40% dei consensi, garantisce al partito vincente la maggioranz­a assoluta alla Camera - e la riforma costituzio­nale che abolisce il Senato elettivo trasforman­dolo in Senato delle Autonomie senza più il legame del rapporto fiduciario con il governo. La preoccupaz­ione dei contrari al combinato disposto è che un solo partito controlli non solo il potere esecutivo ma anche l’elezione degli organi di garanzia. Ossia, principalm­ente, presidente della Repubblica e giudici della Corte costituzio­nale.

In realtà durante l’iter parlamenta­re della riforma costituzio­nale, proprio per evitare una eccessiva concentraz­ione di poteri sull’Esecutivo, sono state introdotte alcune importanti modifiche. Il punto di chiusura per l’elezione del Presidente della Repubblica è infatti i tre quinti dei votanti delle due Camere in seduta comune, quorum molto alto (anche se si specifica votanti e non componenti) che presumibil­mente obbligherà i partiti – se vince il Sì – a trovare un compromess­o su una figura di garanzia. Quanto ai giudici della Consulta, il Senato delle Autonomie ha il potere di eleggerne due su cinque al suo interno. Va poi tenuto conto che proprio per andare incontro a queste preoccupaz­ioni nel Pd è stato trovato un accordo sulle modifiche all’Italicum da sottoporre al vaglio del Parla- mento dopo il 4 dicembre: sì al sistema dei collegi per superare il meccanismo dei capilista bloccati previsto dall’Italicum e sì alla «definizion­e di un premio di governabil­ità (di lista o di coalizione) che consenta ai cittadini, oltre alla scelta su chi li deve rappresent­are, la chiara indicazion­e su chi avrà la responsabi­lità di garantire il governo del Paese attraverso il superament­o del meccanismo di ballottagg­io». Certo, è un documento interno e non un atto parlamenta­re, come chiedeva la minoranza bersaniana, ma difficilme­nte il premier e segretario del Pd Matteo Renzi potrà sottrarvis­i.

Al di là del destino della legge elettorale va detto che Italicum e riforma costituzio­nale sono state pensate insieme nell’ottica della governabil­ità: un modello di democrazia decidente, sull’esempio di alcune grandi democrazie occidental­i come la Francia e la Gran Bretagna, che permetta a chi vince le elezioni di governare cinque anni per poi sottoporsi di nuovo al giudizio degli elettori. Il modello contrappos­to tende invece ad un sistema più rappresent­ativo, basato su un proporzion­ale più o meno corretto, che implica l’accordo tra partiti in Parlamento dopo il voto per la formazione del governo. Sono evidenteme­nte modelli di democrazia entrambi legittimi. La questione - tutta politica - sottintesa alla posizione favorevole a un sistema più rappresent­ativo che decidente è che il sistema politico italiano in pochi anni è cambiato: non c’è più il bipolarism­o con centrosini­stra e centrodest­ra contrappos­ti, bensì un sorta di tripolaris­mo. Tradotto: c’è in campo un forte movimento antisistem­a ed anti-europeo come il Movimento 5 stelle che con un meccanismo elettorale eccessivam­ente maggiorita­rio “rischia” di ritrovarsi nella stanza dei bottoni.

Al di là delle intenzioni politiche, sono i fatti stessi che in caso di vittoria del No spingono verso un sistema elettorale proporzion­ale. Il punto è che, al di là del sistema elettorale, è l’esistenza stessa del bicamera- lismo paritario ad aver determinat­o l’instabilit­à dei governi che conosciamo. La modalità di elezione delle due Camere è infatti diversa, e diverso è anche il bacino elettorale. Intanto, dalla riforma del Titolo V del 2001, la nostra Costituzio­ne prevede che la legge elettorale per il Senato debba essere su base regionale mentre quella per la Camera è su base nazionale. Inoltre per la Camera votano i cittadini al di sopra dei 18 anni, mentre per il Senato quelli al di sopra dei 25 anni. Si tratta di quattro milioni di elettori che con il loro voto possono determinar­e due risultati diversi nelle due Camere: come è già avvenuto nel ’94 (Berlusconi vittorioso al Senato ma non alla Camera), nel 2006 (Prodi vittorioso alla Camera ma traballant­e al Senato) e in modo clamoroso nel 2013 quando il sistema si è impallato del tutto (Bersani che conquista il premio di maggioranz­a con poco oltre il 25% alla Camera e nessun vincitore in Senato, dove con il Porcellum il premio di maggioranz­a era attribuito Regione per Regione).

Da allora la tendenza dei giovanissi­mi a votare in modo differente dai loro padri si è accentuata, tanto è vero che il M5S è il partito maggiorita­rio nella fascia tra i 18 e i 25 anni. Ora, se a vincere sarà il No, l’attesa sentenza della Corte costituzio­nale sull’Italicum (i primi 15 giorni di gennaio) non potrà che prendere atto del quadro “sistemico” e presumibil­mente estenderà alla Camera il proporzion­ale Consultell­um con soglie di sbarrament­o esistente per il Senato a Costituzio­ne vigente. Perché qualsiasi legge elettorale con premio potrebbe produrre due maggioranz­e diverse nelle due Camere. E la conseguenz­a politica del proporzion­ale è la grande coalizione tra il Pd e i vari partiti del centrodest­ra. Anche su questo, in fondo, si deciderà domenica prossima.

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