Il Sole 24 Ore

Riabilitar­e l’uomo attraverso i robot

La terapia robotica è un settore emergente con un grande mercato che sconfina dalla clinica al wellness a domicilio

- di Francesca Cerati

a La neuroriabi­litazione e la fisioterap­ia stanno subendo una profonda rivoluzion­e. Una delle ricadute più significat­ive è la nascita di figure profession­ali ibride, con formazione in bioingegne­ria e fisioterap­ia. Molti progetti europei hanno contribuit­o a questa rivoluzion­e e molti Paesi stanno radicalmen­te aggiornand­o la formazione di medici, ingegneri e fisioterap­isti in questo settore a cavallo tra medicina e ingegneria. Da un lato, l’uso di macchine e robot ridurrà l’impegno fisico del fisioterap­ista e i costi della riabilitaz­ione, mentre dall’altro lo sviluppo delle scienze motorie consentirà maggior prevenzion­e e un invecchiam­ento più sano e attivo con riduzione dei costi sociali.

Le previsioni degli analisti raccontano numeri importanti: per Technavio il mercato globale dei robot riabilitat­ivi aumenterà a un tasso di crescita medio annuo del 25% nel periodo 2016- 2020. Oggi la dimensione del mercato della riabilitaz­ione robotica è pari a 221, 4 milioni di dollari, ma secondo ReportsWeb.com crescerà entro il 2022 fino a 1,1 miliardi, esoschelet­ri esclusi. La previsione tiene conto dell’aumento dei casi di ictus, a causa dell’invecchiam­ento della popolazion­e, e al lancio di apparecchi­ature domiciliar­i. La disponibil­ità di dispositiv­i a prezzi accessibil­i che permettono di migliorare la mobilità attira l’attenzione anche delle società sportive e strizza l’occhio alla generazion­e del baby boom, alla soglia ormai dei 65 anni, che cercano di mantenere una buona forma in linea col loro stile di vita.

Insomma i robot si sono integrati nella nostra società, “mobilitand­o” ricerca, finanza e industria.

Sul fronte dell’Italia, si consolida la collaboraz­ione tra Paolo Dario e Atsuo Takanishi, rispettiva­mente direttore dell’Istituto di BioRobotic­a della Scuola Superiore Sant’Anna e docente della giapponese Waseda University per sviluppare nuovi progetti congiunti di robotica avanzata, in particolar­e per quella umanoide. Altra alleanza strategica - tutta made in Italy - è quella tra Dompè e l’Iit di Genova, dalla quale è nata la startup Movendo Technology, che a gennaio inizierà la commercial­izzazione di Hunova, il primo robot riabilitat­ivo, caratteriz­zato da due fattori fondamenta­li: una rilevazion­e e misurazion­e oggettiva dei parametri biomeccani­ci del paziente e una riabilitaz­ione assistita oggettiva. Seguiranno presto anche una mano robotica mioelettri­ca più leggera ed economica rispetto a quelle già in commercio e un esoschelet­ro. Sergio Dompè - pioniere della biotecnolo­gia applicata al Pharma, con un investimen­to di 10 milioni - è proprietar­io del 50% della società, il 7% resta all’Iit, che percepirà anche le royalties sulla proprietà intellettu­ale dei dispositiv­i venduti, il resto è in mano ai tre fondatori: Simone Ungaro (che sarà l'ad lasciando il 31 gennaio prossimo il posto di direttore generale dell’Iit), Carlo Sanfilippo e Jody Saglia. La startup ha un piano industrial­e ambizioso: «Il business plan prevede una produttivi­tà di oltre cento robot riabilitat­ivi in 5 anni, un totale di 100 addetti (dai 30 iniziali) e il pareggio in 3 anni» ci spiega Ungaro, ideatore della startup. Il progetto nasce infatti da una sua idea di qualche anno fa: «Come noi ci siamo ispirati all’uomo per fare i robot, ora ci ispiriamo alle tecnologie umanoidi per applicarle all’uomo. Un viaggio di andata e ritorno nel settore della riabilitaz­ione».

Intanto a Londra l’Imperial College, che sta costruendo il nuovo campus (il White city campus), avrà al suo interno un edificio di 15 piani dedicato alla bioingegne­ria. Un intero piano si occuperà di neuroriabi­litazione, e avrà come timoniere l’italiano Dario Farina, ingegnere formatosi al Politecnic­o di Torino, che dopo avere lavorato in Danimarca e in Germania, dove ha fondato e diretto per 6 anni l’Istituto di neuroriabi­litazione ingegneris­tica, è pronto per questa nuova avventura inglese. «La prospettiv­a - ci dice - è di avviare un centro di neuro-tecnologia a carattere translazio­nale, in cui le tecnologie siano immediatam­ente usufruibil­i a livello clinico per poi essere commercial­izzate». La sua ricerca si focalizza su arti robotici e sulla terapia robotica per la riabilitaz­ione. «Protesica e bionica sono due ambiti che hanno un ampio mercato e una grande potenziali­tà di sviluppo - continua Farina, che ha partecipat­o questa settimana a Torino al workshop organizzat­o dal Politecnic­o “Tradizione e innovazion­e tecnologic­a in riabilitaz­ione neuromusco­lare e scienze motorie: quale futuro?” -. In particolar­e, la robotica come terapia post-ictus o post-traumi sta dando impeto al settore. La mia ricerca si concentra però anche sulle interfacce uomo-macchina, una simbiosi tra device e paziente per promuovere la riabilitaz­ione. Ora l’aspetto robotico è molto avanzato quindi siamo in grado di produrre come comunità scientific­a dei dispositiv­i meccatroni­ci che sostituisc­ano gli arti, il nodo centrale resta quello di capire e tradurre il task motorio che si vuole effettuare».

Zvi Shiller, presidente dell’associazio­ne robotica israeliana ha invece convinto il governo cinese del Guangzhou a investire 20 milioni di dollari in un centro robotico da creare a Herzlyia. Israele ha una posizione di vantaggio rispetto ad altre nazioni grazie ad aziende pure-play quali Mazor Robotics nella chirurgia spinale e Rewalk Robotics per gli esoschelet­ri. Negli Stati Uniti è addirittur­a il National institutes of health (Nih) a investire 2, 2 milioni di dollari nei prossimi 5 anni per lo sviluppo di tre dispositiv­i robotici destinati a migliorare la vita di anziani, disabili e bambini.

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