Riabilitare l’uomo attraverso i robot
La terapia robotica è un settore emergente con un grande mercato che sconfina dalla clinica al wellness a domicilio
a La neuroriabilitazione e la fisioterapia stanno subendo una profonda rivoluzione. Una delle ricadute più significative è la nascita di figure professionali ibride, con formazione in bioingegneria e fisioterapia. Molti progetti europei hanno contribuito a questa rivoluzione e molti Paesi stanno radicalmente aggiornando la formazione di medici, ingegneri e fisioterapisti in questo settore a cavallo tra medicina e ingegneria. Da un lato, l’uso di macchine e robot ridurrà l’impegno fisico del fisioterapista e i costi della riabilitazione, mentre dall’altro lo sviluppo delle scienze motorie consentirà maggior prevenzione e un invecchiamento più sano e attivo con riduzione dei costi sociali.
Le previsioni degli analisti raccontano numeri importanti: per Technavio il mercato globale dei robot riabilitativi aumenterà a un tasso di crescita medio annuo del 25% nel periodo 2016- 2020. Oggi la dimensione del mercato della riabilitazione robotica è pari a 221, 4 milioni di dollari, ma secondo ReportsWeb.com crescerà entro il 2022 fino a 1,1 miliardi, esoscheletri esclusi. La previsione tiene conto dell’aumento dei casi di ictus, a causa dell’invecchiamento della popolazione, e al lancio di apparecchiature domiciliari. La disponibilità di dispositivi a prezzi accessibili che permettono di migliorare la mobilità attira l’attenzione anche delle società sportive e strizza l’occhio alla generazione del baby boom, alla soglia ormai dei 65 anni, che cercano di mantenere una buona forma in linea col loro stile di vita.
Insomma i robot si sono integrati nella nostra società, “mobilitando” ricerca, finanza e industria.
Sul fronte dell’Italia, si consolida la collaborazione tra Paolo Dario e Atsuo Takanishi, rispettivamente direttore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e docente della giapponese Waseda University per sviluppare nuovi progetti congiunti di robotica avanzata, in particolare per quella umanoide. Altra alleanza strategica - tutta made in Italy - è quella tra Dompè e l’Iit di Genova, dalla quale è nata la startup Movendo Technology, che a gennaio inizierà la commercializzazione di Hunova, il primo robot riabilitativo, caratterizzato da due fattori fondamentali: una rilevazione e misurazione oggettiva dei parametri biomeccanici del paziente e una riabilitazione assistita oggettiva. Seguiranno presto anche una mano robotica mioelettrica più leggera ed economica rispetto a quelle già in commercio e un esoscheletro. Sergio Dompè - pioniere della biotecnologia applicata al Pharma, con un investimento di 10 milioni - è proprietario del 50% della società, il 7% resta all’Iit, che percepirà anche le royalties sulla proprietà intellettuale dei dispositivi venduti, il resto è in mano ai tre fondatori: Simone Ungaro (che sarà l'ad lasciando il 31 gennaio prossimo il posto di direttore generale dell’Iit), Carlo Sanfilippo e Jody Saglia. La startup ha un piano industriale ambizioso: «Il business plan prevede una produttività di oltre cento robot riabilitativi in 5 anni, un totale di 100 addetti (dai 30 iniziali) e il pareggio in 3 anni» ci spiega Ungaro, ideatore della startup. Il progetto nasce infatti da una sua idea di qualche anno fa: «Come noi ci siamo ispirati all’uomo per fare i robot, ora ci ispiriamo alle tecnologie umanoidi per applicarle all’uomo. Un viaggio di andata e ritorno nel settore della riabilitazione».
Intanto a Londra l’Imperial College, che sta costruendo il nuovo campus (il White city campus), avrà al suo interno un edificio di 15 piani dedicato alla bioingegneria. Un intero piano si occuperà di neuroriabilitazione, e avrà come timoniere l’italiano Dario Farina, ingegnere formatosi al Politecnico di Torino, che dopo avere lavorato in Danimarca e in Germania, dove ha fondato e diretto per 6 anni l’Istituto di neuroriabilitazione ingegneristica, è pronto per questa nuova avventura inglese. «La prospettiva - ci dice - è di avviare un centro di neuro-tecnologia a carattere translazionale, in cui le tecnologie siano immediatamente usufruibili a livello clinico per poi essere commercializzate». La sua ricerca si focalizza su arti robotici e sulla terapia robotica per la riabilitazione. «Protesica e bionica sono due ambiti che hanno un ampio mercato e una grande potenzialità di sviluppo - continua Farina, che ha partecipato questa settimana a Torino al workshop organizzato dal Politecnico “Tradizione e innovazione tecnologica in riabilitazione neuromuscolare e scienze motorie: quale futuro?” -. In particolare, la robotica come terapia post-ictus o post-traumi sta dando impeto al settore. La mia ricerca si concentra però anche sulle interfacce uomo-macchina, una simbiosi tra device e paziente per promuovere la riabilitazione. Ora l’aspetto robotico è molto avanzato quindi siamo in grado di produrre come comunità scientifica dei dispositivi meccatronici che sostituiscano gli arti, il nodo centrale resta quello di capire e tradurre il task motorio che si vuole effettuare».
Zvi Shiller, presidente dell’associazione robotica israeliana ha invece convinto il governo cinese del Guangzhou a investire 20 milioni di dollari in un centro robotico da creare a Herzlyia. Israele ha una posizione di vantaggio rispetto ad altre nazioni grazie ad aziende pure-play quali Mazor Robotics nella chirurgia spinale e Rewalk Robotics per gli esoscheletri. Negli Stati Uniti è addirittura il National institutes of health (Nih) a investire 2, 2 milioni di dollari nei prossimi 5 anni per lo sviluppo di tre dispositivi robotici destinati a migliorare la vita di anziani, disabili e bambini.