Il Sole 24 Ore

«Tolto il diritto di voto ai cittadini Parlamenta­ri scelti dai partiti»

- Manuela Perrone ROMA

«Chi ha progettato sia la riforma costituzio­nale sia la legge elettorale aveva un solo obiettivo: dare più potere a chi ce lo aveva già». È tranchant sugli effetti del combinato disposto riforme-Italicum Luigi Di Maio, vicepresid­ente della Camera e candidato premier in pectore del Movimento Cinque Stelle. E in questa operazione vede dolo: «Si toglie il diritto di voto ai cittadini».

Perché ritiene che si leda la volontà popolare?

Per due motivi. Il primo è che al Senato non potremo più votare (il 100% dei componenti sarà costituito da persone elette nei partiti) e alla Camera avremo circa il 75% dei nuovi deputati eletto tra i capilista bloccati, decisi sempre dai partiti. Al di là del maggior potere che si dà al governo, quello che finisce di essere un organo rappresent­ativo sarà il Parlamento. Il secondo stravolgim­ento della volontà popolare deriva dal fatto che oggi il Pd, con il 29% del consenso, avrebbe circa 65 senatori su 100 e alla Camera con l’Italicum un partito con il 29% conquister­ebbe il 55% dei seggi. Chi ha la minoranza in questo Paese avrà la maggioranz­a.

Ma non è detto che le maggioranz­e al Senato e alla Camera saranno le stesse…

Vero. Ma se Camera e Senato si ritrovasse­ro con la stessa maggioranz­a, dunque se trionfasse il sì e se alle prossime elezioni vincesse il Pd, avremmo un Parlamento totalmente silente. Se invece avessimo alla Camera una maggioranz­a M5S, al Senato almeno nei primi cinque anni ci sarebbe comunque una maggioranz­a Pd: questo significa che passerà il tempo a creare caos. Ogni volta che faremo leggi anti- corruzione o che tagliano i costi della politica avremo il nuovo Senato che sfrutterà il burocrates­e in cui è scritto l’articolo 70 per provare a fermare ogni provvedime­nto che possa danneggiar­e una classe politica alla frutta. Il nuovo Senato è anche un’assicurazi­one sulla vita della vecchia politica italiana.

E se invece la legge elettorale dovesse cambiare, come il Pd si è impegnato a fare?

Resterebbe un Senato composto da nominati coperti dall’immunità parlamenta­re che, quando sono stati eletti negli enti territoria­li, i cittadini ignoravano che sarebbero entrati in Parlamento. Poi bisognerà vedere quale maggioranz­a si creerebbe alla Camera. Io non credo comunque che sarà la legge elettorale a fermare la nostra possibilit­à di andare al governo. Certo, se dovesse passare la riforma sarà tutto più difficile. A questo aggiungiam­o che quella che viene spacciata per “efficienza dello Stato” – togliere competenze alle regioni e ai comuni per portarle allo Stato centrale – è una bufala: in realtà si chiudono le competenze degli enti territoria­li a Roma, dentro un Parlamento di nomi- nati in cui al Senato siedono quelli che hanno massacrato le regioni e i comuni in questi anni.

Se vincesse il sì, vi impegneres­te a modificare l’Italicum per mitigare l’impatto del combinato disposto?

Noi abbiamo una proposta di riforma elettorale. Gli altri ne hanno già fatte due: una è incostituz­ionale, il Porcellum, e l’altra sotto giudizio della Consulta, l’Italicum. Se oggi vogliamo veramente fare una legge elettorale la devono far fare a noi. Gli altri sono disponibil­i a collaborar­e con noi per fare il Democratel­lum, l’unica legge sulla piazza in grado di assicurare a una Camera preferenze e rappresent­atività? Poi, naturalmen­te, io spero che non vinca il sì.

Qual è a suo avviso l’aspetto più grave della riforma?

Il caos figlio del linguaggio burocrates­e in cui è scritta: hanno portato nella Costituzio­ne quello che gli imprendito­ri e i commercian­ti ogni giorno vedono nelle leggi. Il bicamerali­smo perfetto non è morto. Hanno creato il bicamerali­smo caotico. Fermo restando che a mio avviso l’obiettivo delle riforme non dovrebbe essere quello di far fare più leggi, ma di cambiare questa classe politica. Noi abbiamo tre proposte: abolizione dell’immunità, superament­o dell’assenza di vincolo di mandato, limite di mandato a chi viene eletto nelle istituzion­i.

Ma per i fautori del sì l’obiettivo è la governabil­ità.

Pensiamo al Jobs Act, che avrebbe dovuto rilanciare il Paese, o alla Buona Scuola. Agli elettori diciamo di non cascare nel titolo di questa riforma. Tutte le leggi di Renzi hanno un bellissimo titolo ma un contenuto pericolosi­ssimo.

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Luigi Di Maio

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