Sul ritorno del Cavaliere pesa la tenuta di Fi
Ch ea t tenda con ansia la sentenza da Strasburgo, nella speranza di riconquistare l’agibilità politica, non è una novità. Ma ribadirlo ora, in piena campagna referendaria ha una valenza politica specifica. Silvio Berlusconi annunciando di essere pronto a ricandidarsi invia un messaggio anzitutto al suo partito e ai suoi alleati, primo fra tutti il leader della Lega Matteo Salvini: chi pensa di poterlo pensionare e prendersi quel che resta dei suoi voti sappia che il Cavaliere è pronto a dare battaglia. Non si tratta solo di un moto d’orgoglio. E neppure di una scelta politicoculturale – la destra liberale contro quella lepenista di Salvini. Quella del Cavaliere è una dichia- razione dettata dal pragmatismo. Berlusconi è convinto (e i sondaggi glielo confermano) che se il centrodestra non torna a catturare i voti al centro dello schieramento di cui Fi era depositaria, l’unico vincitore sarà il M5s di Beppe Grillo. Una prospettiva che lo atterrisce e che lo costringe a giocare in difesa: ostacolando da un lato l’ascesa di Salvini a leader del centrodestra e manifestando dall’altro la disponibilità a sedersi attorno al «tavolo» del post referendum «per cambiare la legge elettorale e questa riforma costituzionale». Ovvero lo stesso tavolo (e con le stesse pietanze) apparecchiato all’indomani delle politiche del 2013, che portò alla grande coalizione Pd-Fi. Perché il progetto si realizzi serve anzitutto che il 4 dicembre pre- valga il No e Matteo Renzi venga sconfitto. Ma deve essere una sconfitta di misura, che non consegni la vittoria al fronte opposto, ovvero a Grillo e Salvini. L’operazione per realizzarsi necessita però di un altro presupposto fondamentale: la tenuta di Fi, dei suoi gruppi parlamentari. Una vera conditio sine qua non che non è affatto scontata. La contrarietà di gran parte del gruppo dirigente all’esperimento Parisi, il consolidamento del legame con Salvini di alcuni big azzurri come il governatore della Liguria Giovanni Toti, la richiesta di primarie sono crepe visibili che potrebbero trasformarsi in vere e proprie falle, soprattutto se il progetto del Cavaliere non offrisse prospettive su un ritorno certo in Parlamento.