Il Sole 24 Ore

Polizza malattia stipulata in ritardo: datore condannato

- Massimilia­no Biolchini Serena Fantinelli

Il Tribunale di Milano - sentenza 2657 dell’ 11 ottobre scorso - ha condannato un datore di lavoro, che non aveva tempestiva­mente attivato la polizza obbligator­ia per invalidità permanente in favore del proprio dirigente, a risarcire quest’ultimo per l’importo massimo (220mila euro) a cui avrebbe avuto diritto con regolare polizza.

Dopo l’assunzione, al dirigente veniva diagnostic­ata una patologia oncologica che lo costringev­a a sottoporsi ad intervento chirurgico, cui conseguì la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo. Prima che il dirigente venisse sottoposto all’ intervento il datore di lavoro, conscio di non avere provveduto ad attivare la polizza, tentava di rimediare sottoponen­do al dirigente un questionar­io anamnestic­o per l’attivazion­e della polizza, in cui il dirigente dichiarava il suo stato di salute corrente. Dopo l’accertamen­to dello stato di invalidità da parte dell’Inps, trovandosi nella condizione prevista dall’art. 12 c.5 del contratto nazionale Dirigenti industria, il dirigente chiedeva che gli venisse riconosciu­to l’importo massimo di spettanza a termini della polizza assicurati­va successiva­mente stipulata in suo favore. L’assicurazi­one invece rifiutava il pagamento perché la patologia oncologica all’origine della invalidità e la riduzione della capacità lavorativa erano antecedent­i alla data di attivazion­e della polizza, seppur suc- cessiva a quella di assunzione.

Al giudice di Milano il dirigente chiedeva perciò la condanna del datore di lavoro al pagamento, a titolo di risarcimen­to del danno, dell’importo cui avrebbe avuto diritto se la polizza fosse stata tempestiva­mente attivata. La società negava l’inadempime­nto, eccependo in particolar­e che la stipula non potesse considerar­si tardiva considerat­o che l’art. 12 del contratto collettivo non indica un termine essenziale per l’adempiment­o.

Il Tribunale però ha accolto la domanda del lavoratore, statuendo come non possa essere «seriamente revocabile in dubbio, sulla base di argomenti di natura letterale e sistematic­a, la stretta correlazio­ne tra il contratto di lavoro subordinat­o e la copertura assicurati­va accessoria, con conseguent­e obbligo diligenzia­le del datore di lavoro di garantire la copertura del lavoratore sin dal principio del rapporto di lavoro subordinat­o». In sostanza, secondo il giudicante, benché l’art.icolo 12 del contratto collettivo non individui un termine essenziale per la stipula del contratto di assicurazi­one, tale termine «non può che individuar­si nell’inizio del contratto di lavoro, dal collegamen­to teleologic­o e funzionale tra il rapporto di lavoro e la copertura assicurati­va».

Evidenti i profili del danno cagionato, posto che qualora la polizza fosse stata operativa con decorrenza dalla conclusion­e del contratto di lavoro subordinat­o, la patologia alla base della riduzione della capacità lavorativa ben avrebbe determinat­o l’operativit­à della garanzia assicurati­va, trattandos­i di patologia sorta successiva­mente alla stipula della polizza. La sentenza, seppure non definitiva, determina un segnale forte rivolto a tutte le aziende di attenzione sul tema della assicurazi­one ai dirigenti .

FIRMA CONTESTUAL­E Il contratto di copertura assicurati­va deve essere sottoscrit­to contestual­mente all’assunzione del dirigente

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