Fillon sente il profumo dell’Eliseo
Questa sera le primarie diranno se sarà lui il repubblicano a correre per la poltrona di presidente
Chi sarà il candidato della destra alle presidenziali francesi del 2017? Il sessantaduenne François Fillon, l’uomo della Sarthe, liberista in economia e conservatore sui temi della famiglia e della società, o il settantunenne Alain Juppé, l’uomo delle Landes, esponente di un mondo borghese illuminato, moderato e liberale?
Questa sera le urne delle primarie diranno chi è il vincitore di un duello che sta appassionando la Francia. Come dimostra la forte partecipazione al primo turno (oltre 4,2 milioni di persone, il 12% dei votanti alle presidenziali del 2012). E anche l’eccezionale audience dell’unico dibattito televisivo tra i due contendenti (giovedì scorso, con quasi 9 milioni di spettatori).
Numeri che evidenziano d’un lato l’interesse che conserva la politica nel Paese e dall’altro la presa di coscienza che il candidato dei Républicains ha buone probabilità (stando almeno ai tanto criticati sondaggi) di essere il futuro ospite dell’Eliseo. Perché per i socialisti risalire dall’abisso di impopolarità in cui si trovano ha il sapore dell’impresa impossibile. Perché sembra difficile che l’outsider Emmanuel Macron, alla guida di un parftito appena nato, possa raccogliere i consensi sufficienti. E perché l'estrema destra di Marine Le Pen, che potrebbe virare in testa al primo turno delle presidenziali, non pare ancora in grado di avere un adeguato serbatoio di voti in vista del ballottaggio.
Sulla carta non c’è partita. Fillon, nella sorpresa generale, ha vinto il primo turno con il 44% dei voti., Distanziando di quasi 16 lunghezze il favorito Juppé. E costringendo a un umiliante (seppure dignitosissimo) ritiro dalla vita politica attiva l'ex presidente Nicolas Sarkozy. Il quale ha annunciato che voterà per il suo ex premier (tra il 2007 e il 2012), invitando i suoi seguaci (21% dei voti) a fare lo stesso.
Ma anche al di là degli scenari aritmetici, un po’ elementari, Fillon (che domenica scorsa è arrivato primo in 87 province su 102) dà l’impressione di essere riuscito a costruire una dinamica positi- va che dovrebbe garantirgli il successo. Pur essendo in politica da sempre (nel 1981, a 27 anni, è diventato il più giovane deputato della storia francese), avendo fatto il ministro per sei volte e guidato il Governo per cinque anni (appunto con Sarkozy, tra il 2007 e il 2012), è riuscito nella straordinaria operazione di presentarsi all’opinione pubblica come un personaggio relativamente nuovo.
Abbinando peraltro a questa immagine quella di una figura comunque dotata di esperienza, seria, rassicurante, all’ascolto. Uno del quale magari non condividi tutte le idee ma a cui affideresti i tuoi risparmi.
Si è proposto come leader di una “vera destra”, avendo capito che alla fine i francesi apprezzano la contrapposizione netta tra due schieramenti, due visioni della società, due proposte politiche chiaramente identificabili. Senza ambiguità o incertezze.
Sostenuto dalle componenti più radicali del cattolicesimo (quelle che alla “Manif pour tous” sono riuscite a portare in piazza milioni di persone e che con “Sens commun” gli hanno garantito l’impegno di 9mila volontari sul terreno), ha infine avuto la brillante idea di pubblicare, alla vigilia delle primarie, un libro il cui titolo non lascia dubbi quanto ai contenuti e agli intenti: «Sconfiggere il totalitarismo islamico».
In questa settimana, a parte gli scontati slogan tipici della campagna elettorale, Juppé ha dato quasi l’impressione di aver ormai alzato bandiera bianca. Il bruciante risultato del primo turno – quando tutti lo davano da tempo per vincente – gli ha fatto capire che il suo progetto “centrista” e moderato non ha convinto un elettorato che si è già radicalizzato in vista dello scontro per l’Eliseo.
Lo si è visto anche durante il dibattito di giovedì. Juppé ha certo cercato di essere più aggressivo, più incisivo rispetto ai confronti precedenti, ma non è riuscito a stanare l’abile Fillon sui punti del suo programma che pure sembrano di problematica attuazione: il taglio di 500mila dipendenti pubblici, o la liberalizzazione totale dell’orario di lavoro, con la prospettiva per i funzionari di lavorare 39 ore effettive (a fronte delle attuali 32-35) magari pagate (almeno in un primo tempo) 37. Impegni che, se saranno mantenuti, lasciano immaginare un Paese paralizzato dagli scioperi.
A Juppé è rimasta la speranza affidata a una battuta: «Visto che una settimana fa c’è stata una grande sorpresa, perché non immaginarne un’altra al ballottaggio?». Una speranza che durerà fino alle sette di questa sera.
IL MERITO Pur essendo in politica da sempre, François Fillon è riuscito nell’operazione di presentarsi all’opinione pubblica come un personaggio nuovo