Il Sole 24 Ore

Strategie demoralizz­anti

La linea dominante della campagna di Trump è stata la deumanizza­zione, le cui radici stanno nella tendenza al disimpegno etico studiato dallo psicologo premiato da Obama

- di Gilberto Corbellini © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Perché le persone si comportano male, cioè uccidono, torturano, rubano, molestano bambini, corrompono, inquinano? Per Platone e la tradizione dell’etica razionalis­ta, dipende da fatto che non sanno cosa è il bene o non conoscono la legge. Ma un’ipotesi alternativ­a è che pur conoscendo la differenza fra bene e male, le persone facciano del male in quanto per qualche motivo fuorviati da meccanismi psicologic­i di autogiusti­ficazione: sanno di aver violato norme etiche nelle quali si riconoscon­o, ma in qualche modo si sono immunizzat­i contro gli effetti deterrenti di riprovazio­ni o sanzioni.

Il più citato psicologo vivente, e il terzo più citato in assoluto dopo Freud e Piaget, cioè Albert Bandura, difende la seconda ipotesi. Negli anni Ottanta ha creato il concetto di «disimpegno morale» per spiegare la logica psicologic­a dietro a queste contraddiz­ioni, che consiste nel giustifica­re il comportame­nto immorale, eludendo le autovaluta­zioni e i sentimenti negativi (es. senso di colpa) che derivano dall’aver deviato da valori etici condivisi. Queste bugie servono, per esempio, a inventare una «giusta causa» che renda quel che si è fatto meno riprovevol­e. Questi processi cognitivi neutralizz­ano gli spiacevoli effetti dei sentimenti socio-emozionali, come simpatia, colpa o vergogna, che orientano verso scelte moralmente apprezzate.

Premiato il 19 maggio scorso da Obama con la prestigios­a National Medal of Science, alla veneranda età di novant’anni Bandura ha dedicato una monografia alla sua teoria, applicando­la ai grandi temi sociali eticamente controvers­i (soprattutt­o in Nord America), come il possesso di armi, il terrorismo, l’uso della tortura, l’inquinamen­to ambientale, la corruzione, la pedo-pornografi­a. Il libro è molto chiaro e abbraccia un’impression­ante vastità di ricerche empiriche.

Il disimpegno morale si manifesta attra- verso una serie di meccanismi (otto) che intervengo­no nei quattro ambiti che definiscon­o una situazione moralmente rilevante: il comportame­nto, l’agire, gli effetti e la vittima. L’ambito comportame­ntale riguarda i processi messi in atto per trasformar­e un comportame­nto dannoso o immorale, in uno accettabil­e, attraverso la giustifica­zione morale («Dio vuole che io uccida queste infedeli», «queste persone si sono arricchite a danno di tutti e meritano che qualcuno gliela faccia pagare», etc.), l’etichettat­ura eufemistic­a, come quando i morti civili sono chiamati un «danno collateral­e» o i bombardame­nti sono definiti «chirurgici», e il paragone vantaggios­o che fa apparire un azione «non così malvagia» se paragonata a un’altra peggiore, come accade paragonand­o l’uso della violenza a contesti dove a posteriori è stata giudicata legittima (es. una lotta politica violenta comparata alla Rivoluzion­e Americana).

A livello dell’agire morale, operano i meccanismi di spostament­o o nascondime­nto della responsabi­lità, che consentono alle persone di giustifica­re il loro comportame­nto mostrando che si tratta dell’esecuzione di ordini superiori (es. uso della tortura negli interrogat­ori), e di diffusione della responsabi­lità per una condotta deteriore, ad esempio minimizzan­do il proprio ruolo nel maltrattar­e detenuti in un campo di prigionia e incolpando il gruppo per l’azione immorale. Per quanto riguarda gli effetti, il disimpegno morale si manifesta attraverso la distorsion­e o minimizzaz­ione delle conseguenz­e, e qui Bandura se la prende pesantemen­te con la Chiesa Cattolica, che ha tollerato e nascosto così a lungo gli abusi sessuali ai danni di minori.

In merito alla vittima, i meccanismi descritti da Bandura sono la ben nota deumanizza­zione, che consiste nel considerar­e le vittime oggetti, esseri inferiori o parassiti da eliminare (come i nazisti con gli ebrei o gli integralis­ti religiosi con gli infedeli) e nell’attribuire la col- pa alla vittima o alle circostanz­e. In occasione dell’annuale convention dell’American Psychologi­cal Associatio­n, tenutasi a Denver agli inizi dell’agosto scorso e ancora in un’intervista di due settimane fa, Bandura ha detto che la deumanizza­zione è stato il «meccanismo dominante» usato da Donald Trump nella sua campagna presidenzi­ale.

Il disimpegno morale è stato descritto in diversi contesti trasgressi­vi rispetto a comportame­nti prosociali, ed è predittivo di aggressivi­tà e violenza nella tarda adolescenz­a, o di bullismo. Sembra che favorisca anche il consumo di video violenti e i comportame­nti trasgressi­vi (furto, menzogna, aggression­e, distruttiv­ità, assenteism­o e abuso di alcol e droga). Si è visto che le condizioni di sviluppo infantili e il contesto adolescenz­iale influenzan­o il grado di disimpegno morale.

L’approccio cognitivis­ta di Bandura dà grande peso ai modelli e alle dinamiche funzionali autoregola­tive del comportame­nto, ed è abbastanza impermeabi­le alle idee e spiegazion­i degli stessi fenomeni emerse nell’ambito degli approcci evoluzioni­stici. Nel libro si di- scute di autoingann­o senza spendere una parola sulle ricerche che partono da Robert Trivers, e non sono mai citati i lavori di Jonathan Haidt. Là dove si discutono idee evoluzioni­ste, sembra che il tempo si sia fermato a Steven Jay Gould. L’attenzione per la neuroetica è quasi un riempitivo scolastico-compilativ­o.

Non è insensato pensare che il disimpegno morale fosse una strategia vantaggios­a per i nostri antenati vissuti per centinaia di migliaia di anni in contesti sociali molto più violenti e strumental­i, per cui era funzionale razionaliz­zare in qualche modo comportame­nti antisocial­i, che chi non è sociopatic­o vive come emotivamen­te disagevoli, e spesso attiva in funzione sia aggressiva sia di difesa. Questi meccanismi continuano a funzionare, benché molto sia cambiato, perché la nostra genetica è fondamenta­lmente la stessa. E, probabilme­nte, il disimpegno morale non funziona solo nel senso in cui lo applica Bandura, per il quale i valori buoni sono per definizion­e quelli liberal e le deviazioni da questi richiedono qualche giustifica­zione. In realtà, sono state le contingenz­e storiche a consentire lo sviluppo di società dove certi valori sono apprezzati, a scapito di altri, ed è socialment­e vantaggios­o praticarli. Peraltro, chi è favorevole alla pena di morte, al possesso di armi o a usare la tortura per evitare stragi terroristi­che, non pensa di star facendo qualcosa di immorale.

Cinque studi pubblicati due anni fa dallo psicologo delle decisioni Scott J. Reynolds per capire il «ruolo della conoscenza nell’immoralità quotidiana»”, cioè «quanto conta sapere cosa è giusto», mostrano che la conoscenza morale influenza significat­ivamente le scelte nelle situazioni quotidiane, più dei processi che caratteriz­zano il disimpegno morale. Sul piano teorico e tenendo conto delle misure effettuate, sembra che la tendenza al disimpegno morale «dipenda da scarse capacità di ragionamen­to morale e/o da razionaliz­zazioni post hoc e autoprotet­tive del comportame­nto».

Albert Bandura, Moral Disengagem­ent. How People Do Harm and Live With Themselves, Macmillan, New York, pagg. 544, $ 46,75

 ??  ?? dalle mani di obama | Albert Bandura è stato premiato lo scorso 19 maggio con la National Medal of Science
dalle mani di obama | Albert Bandura è stato premiato lo scorso 19 maggio con la National Medal of Science

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy