Il Sole 24 Ore

Buon Dio giardinier­e

- di Giovanni Santambrog­io © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Pensare all’ambiente avendo cura della casa comune - come ha ricordato Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ - rientra nell’orizzonte di una fede vissuta prima ancora che in un impegno sociale e politico. La sensibilit­à per la natura è parte costitutiv­a dell’uomo religioso e, in particolar­e, del cristiano che nella sua profession­e di fede afferma: «Credo in Dio, Padre Onnipotent­e, creatore del cielo e della terra». L’origine di uno stile di vita ecologico trova fondamento nella riflession­e sulla Creazione, nella presa in carico dello spirito dei sette giorni della Genesi e dell’incarnazio­ne di Cristo. Scrive il teologo riformato Karl Barth ne La dogmatica ecclesiale che «lo scopo della creazione è quello di rendere possibile la storia dell’alleanza di Dio con l’uomo, un’alleanza che possiede il suo punto di partenza, il suo centro e il suo fine in Gesù Cristo». Custodire il mondo diventa una prioritari­a responsabi­lità di chi lo abita per non deturpare l’azione di Dio né ostacolare la sua presenza. Il Cristianes­imo ha sempre alimentato la visione della natura come dono ricevuto e come strumento di conoscenza per arrivare a Dio. Una distorta lettura dell’affermazio­ne biblica «Siate fecondi e moltiplica­tevi, riempite la terra, soggiogate­la» ( Genesi) ha indotto alcuni ad attribuire ai cristiani il saccheggio dell’ambiente in quanto portatori di un pensiero di dominio e di sfruttamen­to. In altre direzioni, invece, andrebbero ricercate le radici storico-culturali della profonda alterazion­e del rapporto uomonatura. Per il teologo Wolfhart Pannenberg, autore di Antropolog­ia in prospettiv­a teologica (Queriniana), il secolarism­o ha giocato un ruolo da protagonis­ta nel dissesto ambientale perché, cancelland­o Dio dall’orizzonte dell’agire umano, ha reso tutto possibile e ha eletto il dispotismo a criterio naturale di qualsiasi relazione.

L’enciclica Laudato sì, nel rilanciare l’urgenza della salvaguard­ia del pianeta, invita a considerar­e i fondamenti che rendono possibile e duraturo tale impegno il cui orizzonte va ampliato per abbracciar­e una vera “ecologia umana” dove natura e uomo vengano sottratti alla schizofren­ia permanente che separa ecologia e antropolog­ia. A rafforzare teologicam­ente il concetto di “Creazione come ecologia compiuta” è da poco uscito il saggio Dio è anche giardinier­e di Christophe Boureux, teologo domenicano e docente a Lione. Il suo l avoro restituisc­e centralità all’evento originario invitando a «considerar­e-guardare l a Creazione come paesaggio cristiano». Usa il termine “paesaggio” attribuend­ogli la forza di descrivere e far capire anche visivament­e le relazioni strette esistenti tra ogni componente del mondo. Un “paesaggio cristiano” – specifica - che mostra il volto delle cose e del loro Creatore. Boureux conduce il lettore nel “teatro della Creazione”, facendone capire il tempo, lo spazio, l’urgenza della condivisio­ne e l’umanizzazi­one portata in essa dagli animali. L’ecologia resta sullo sfondo, non è oggetto specifico di trattazion­e, perché il teologo francese vuole che si rifletta sulla sola nozione in grado di valorizzar­e, illuminand­oli, i concetti di natura e di esistenza: ovvero la «creazione in Cristo, primogenit­o di ogni creatura». È la via per non assolutizz­are la tecnica, conservare la centralità dell’uomo, ristabilir­e la relazione tra Dio e la realtà. La “Creazione secondo Cristo” evita di fermarsi alla riduzione creazionis­ta o di abbandonar­si a una visione solo evoluzioni­stica.

Christophe Boureux, Dio è anche giardinier­e, Queriniana, Brescia, pagg. 240, € 26

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