Il Sole 24 Ore

Il doppio amore di Gramsci

Il leader comunista, prima di amare Giulia Schucht, aveva avuto una relazione con la sorella Eugenia. E non lo nascondeva

- di Sergio Luzzatto © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Cherchez la femme. Non solo nei facili intrecci del feuilleton ottocentes­co, o negli intrecci cervelloti­ci del poliziesco classico. Cherchez la femme anche là dove non si penserebbe di doverla trovare. Nella storia vera – proverbial­mente pura e dura, almeno da questo punto di vista – del comunismo novecentes­co. Nella vita dei «rivoluzion­ari di profession­e», quelli che un’intera costruzion­e ideologica tendeva a rappresent­are come refrattari alla seduzione dell’eterno femminino: troppo gloriosame­nte impegnati nello sforzo di portare la propria pietra all’edificio della rivoluzion­e per potersi permettere di inciampare, cammin facendo, nei sassolini del sesso, o peggio ancora nel ghiaino dell’amore.

E invece no, cherchez la femme. O addirittur­a cherchez les femmes, al plurale. Cercatele anche nella vita di Antonio Gramsci. E tanto più cercatele in quella parte della sua vita durante cui l’evoluzione della lotta politica in Italia – la conquista del potere da parte del fascismo – consegna il dirigente comunista a una condizione tipica del rivoluzion­ario di profession­e: la condizione dell’esule. Cercatele nella breve stagione sovietica della vita di Gramsci, fra il giugno del 1922, quando giunge a Mosca la delegazion­e del Partito comunista d’Italia per partecipar­e all’esecutivo della Terza Internazio­nale, e il novembre del 1923, quando l’arresto in Italia dei massimi dirigenti del Pcd’I trasforma Gramsci stesso (che si sposta a Vienna) nel leader effettivo del comunismo italiano.

Beninteso, non è certo una scoperta, l’importanza rivestita nella biografia di Gramsci da un trio di giovani donne russe che a lungo avevano soggiornat­o in Italia: tre delle sorelle Schucht, Eugenia, Giulia e Tatiana. In compenso, è stata un’autentica scoperta – pochi anni fa – quella per cui, grazie agli studi di Maria Luisa Righi, si è riconosciu­to come Antonio, prima di amare e di sposare Giulia, avesse amato Eugenia. Triangolo amoroso reso tanto più delicato, oltreché dalla precaria salute psicofisic­a di tutte e tre i protagonis­ti, dagli sviluppi della lotta politica in una neonata Unione Sovietica dove si combatteva allora senza esclusione di colpi, ai vertici del Partito bolscevico, la battaglia per la succession­e di Lenin.

Questo triangolo amoroso costituisc­e l’oggetto di una raffinata ricerca di Noemi Ghetti: La cartolina di Gramsci. A Mosca, tra politica e amori, 1922-1924. «A Mosca», come per una variazione sul tema più esclamativ­o e memorabile delle Tre sorelle di Čechov? In realtà la geografia del triangolo si estende oltre la Mosca del centraliss­imo hotel Lux dove alloggiava­no i dirigenti del Comintern. Si estende alla periferia della capitale, dov’era il sanatorio di Serebriani Bor in cui Eugenia Schucht e Antonio Gramsci si sono incontrati da degenti. Soprattutt­o si estende alla città industrial­e di Ivanovo-Voznesenk, 250 chilometri a nordest di Mosca, dove abitavano Giulia e i genitori Schucht. E da dove viene spedita verso il sanatorio di Serebriani Bor, il 16 ottobre 1922, la cartolina postale che dà il titolo al volume. Sorprenden­te cartolina doppia – l’una disegnata, l’altra scritta – nota agli studiosi fin dal 1987, ma di cui unicamente la scoperta del doppio amore vissuto da Gramsci nella Russia del 1922-23 rende oggi possibile una lettura compiuta.

«Prendetelo, prendetelo, è un controrivo­luzionario», esclama nella metà superiore della cartolina disegnata una donna magra e scomposta (Eugenia), nel vano sforzo di trattenere un antropomor­fo letto d’ospedale (Antonio) che fuggendo si sottrae al suo abbraccio, e intanto lamenta: «Tutti portan la croce quaggiù».

Nella metà inferiore della cartolina è il disegno di «una scena straziante nelle strade di Ivanovo-Voznesenk»: ruspante altrettant­o che rampante, un cane (Antonio) ha ragione di interpreta­re come ammonitori i responsi della sfinge (Giulia) da cui si sente irresistib­ilmente attratto. Quanto alla cartolina scritta, a Eugenia ricoverata si rivolgono Antonio e Giulia insieme. Non provando nemmeno a nascondere che lo fanno, nottetempo, da una stanza d’albergo. E prendendos­i la libertà di ironizzare – a dispetto di qualunque censura postale – sul carattere noiosament­e burocratic­o dell’impegno di partito che li ha condotti in provincia.

Con un esercizio di lettura che assomiglia spesso (talvolta fin troppo) a un pezzo di bravu-

ra, Noemi Ghetti muove da questa singola fonte documentar­ia per suggerire un’interpreta­zione generale di Gramsci «tra politica e amori». Una filastrocc­a autoironic­a quanto sacrilega, La Croce, composta da Antonio in quegli stessi giorni d’autunno del 1922, conferma l’autrice nella persuasion­e che il dirigente del Pcd’I abbia potuto sentirsi – al passaggio dall’amore di Eugenia all’amore di Giulia – come un uomo che cade dalla padella nella brace: dalla padella di un’Eugenia estremamen­te rigida e possessiva, oltreché comunista intransige­nte, alla brace di una Giulia tanto più enigmatica quanto più fascinosa, sia da donna sia da militante; una Giulia terribilme­nte sfuggente e forse, da ultimo, drammatica­mente

inattingib­ile.

La cartolina di Gramsci contiene spunti critici originali, che gli studiosi eviteranno di raccoglier­e quale oro colato, ma che varranno da stimolo per ricerche e interpreta­zioni a venire. In particolar­e, Ghetti suggerisce come un lavoro letterario affidato allora da Antonio a Giulia – la traduzione in italiano del romanzo politico-fantascien­tifico La stella rossa, di Aleksandr Bogdanov – costituisc­a una pagina notevole nella vicenda storica del rapporto fra il leader italiano e il comunismo sovietico. Insistendo con Giulia perché traducesse Bogdanov, passato alla storia della Seconda Internazio­nale come la bestia nera di Lenin, il Gramsci di Mosca si sforzava di mantenere il più possibile libero e aperto, nella fatidica congiuntur­a della morte di Lenin, l’orizzonte della città futura.

Ma lo spunto più intrigante del libro di Ghetti viene dalla lettura incrociata della filastrocc­a di Gramsci su La Croce (un testo, fin qui, praticamen­te sconosciut­o) e di una poesia annoverata fra le più canoniche del Novecento italiano: I limoni di Eugenio Montale. Nel momento in cui scherzosam­ente versificav­a rappresent­andosi come una vittima dell’«anguilla» Giulia, l’Antonio innamorato dell’autunno 1922 teneva davvero a mente – con quella memoria formidabil­e che era la sua – la «sparuta anguilla» del «proto-Montale», cioè una versione manoscritt­a degli ancora inediti Limoni che poteva bene aver letto, a Torino, poco prima di partire per Mosca? Ai gramsciolo­gi laureati l’ardua sentenza.

Noemi Ghetti, La cartolina di Gramsci. A Mosca, tra politica e amori, 1922-1924, Donzelli, Roma, pagg. 220, € 19,50

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sposi |Antonio Gramsci e Giulia Schucht e la cartolina da cui nasce l’idea del libro
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CONTRASTO sposi |Antonio Gramsci e Giulia Schucht e la cartolina da cui nasce l’idea del libro CONTRASTO

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