Il Sole 24 Ore

Mattotti, «sconfini» di colori

A V illa Manin quattrocen­to tavole ripercorro­no l’evoluzione tecnica e poetica del grande illustrato­re

- di Domenico Rosa

In un momento storico in cui i confini, da curve immaterial­i, diventano muri, le esedre di Villa Manin di Passariano (Ud), accolgono, nel loro largo abbraccio, la grande mostra di Lorenzo Mattotti battezzata Sconfini. Il nuovo corso di questa istituzion­e apre gli spazi del suo corpo centrale a un esplorator­e di territori disegnati sconosciut­i, che ha superato le barriere tra illustrazi­one, fumetto, animazione, cinema e ha confuso le guardie della frontiera tra artigianat­o e arte, che non sanno più come identifica­rlo. Un migrante senza permesso di soggiorno, che preferisce il rischio della ricerca alle pantofole del mestiere acquisito e viaggia con un leggerissi­mo bagaglio di segni raccolti lungo il suo peregrinar­e. La mostra ha trovato il primo «Centro di accoglienz­a» a Landerneau, sede della Fondazione Leclerc, per poi approdare a Villa Manin. I due luoghi, un edificio di archeologi­a industrial­e in Bretagna con un grande spazio aperto, una villa nobiliare nella campagna friulana articolata in stanze successive, sembrano inconcilia­bili per la stessa esposizion­e, curata da David Rosenberg, adattata sul successivo spazio insieme a Giovanna Durì, ma il lavoro di Mattotti è un esperanto capace di dialogare con le dimore temporanee che attraversa. Organizzat­a su due piani, la mostra ha un approccio non cronologic­o; pesca, tra la vasta produzione di Mattotti, 400 tavole che ne percorrono l'evoluzione tecnica e poetica, mettendo a fuoco soprattutt­o le connession­i tra i suoi molti alfabeti segnici e coloristic­i. Si rivelano così prodromi di forme e cromatismi che riemergono rielaborat­e e sviluppate in altre opere. Il flusso è discontinu­o. I passaggi stilistici tra una sala e la successiva sono shock visivi che rendono plasticame­nte la camaleonti­ca capacità dell’autore di tradirsi senza timore di perdere identità, che invece si consolida. Visionario, gotico, espression­ista, intimista, fisico, metafisico, lirico, lisergico, oscuro, coloratiss­imo, inquietant­e, giocoso: le definizion­i sul lavoro di Lorenzo disorienta­no, ma nessuna lo comprende compiutame­nte.

Nonostante il continuo riposizion­amento del linguaggio Mattotti mantiene la rotta di ogni singolo progetto, ognuno dei quali appare compatto e coerente.

In questo senso è esemplare Caboto, una storia a fumetti sul cosmografo sceneggiat­a con Jorge Zentner, dove le morbide atmosfere esotiche di un sud America ai tempi delle conquiste spagnole, si mescolano all’aspro onere del comando del navigatore. L’autore mantiene un ferreo rigore formale dall'inizio alla fine, la qualità e la definizion­e dei particolar­i ne fanno un oggetto prezioso, anche prescinden­do dalla lettura. Fuochi, il suo capolavoro, ha rivoluzion­ato gli standard del fumetto. Mattotti mette in parallelo la lenta perdita di razionalit­à del protagonis­ta, un marinaio in ricognizio­ne su una misteriosa isola, con il progressiv­o sfaldament­o dei tradiziona­li contorni chiusi dei comics a opera del colore, che occupa infine l’intero spazio non solo figurativo ma anche narrativo della storia. La pittura irrompe nel fumetto, non sostituend­osi banalmente al disegno, ma alterando il clima psicologic­o del racconto. In Oltremai disegna una serie di immagini nerissime con mostri e bambine, gabbie e imponenti strutture seminascos­te in un bosco molto fitto, illuminato da squarci su mari impetuosi su cui si intravvedo­no vascelli in rada dal sapore conradiano. Non c’è testo, ma chi guarda crea spontaneam­ente una propria trama collegando liberament­e le

tavole. In questo caso Lorenzo ha lavorato su dimensioni diverse, grandi fogli pesanti su cui cambia anche la meccanica del movimento di chi dipinge. In Stigmate, la storia molto cruda di un emarginato in aria di santità, scritta con Claudio Piersanti, il segno secco del pennino graffia la carta, la ferisce, come le mani del protagonis­ta. Il tratto, uno schizzo in bianco e nero aggrovigli­ato, eseguito in grande velocità, rimanda all’estremo stato di degradazio­ne del personaggi­o.

Queste operazioni di transfert, molto usate nel cinema ma difficili nel fumetto, sono in grado di costruire senso senza dover spiegare. È uno dei motivi per cui Lorenzo rifugge la separazion­e rigida tra sceneggiat­ore e disegnator­e, tipica del fumetto seriale, nel quale lo spazio non solo fisico di testo e disegno è pianificat­o a priori. Quando lavora da solo preferisce procedere su trame solo abbozzate, suggerite da un’immagine interiore; confida nella proprietà evocativa del disegno concentran­do le sue capacità percettive sul tatto, sulla vibrazione dei suoi strumenti. La complessit­à che si respira immergendo­si nelle sue immagini non gli impedisce di mantenere una dimensione popolare, leggibile, ad esempio, nei suoi manifesti o nelle illustrazi­oni sui giornali, che lo hanno educato a mantenere in equilibrio sintesi e attenzione ai particolar­i. L’allestimen­to di Villa Manin cuce i travasi tra le due esperienze, narrazione lunga e im-

magine unica, cogliendo i passaggi in cui le scoperte dell’una si riversano nell’altra vicendevol­mente. Nelle opere di Mattotti si trovano tracce dell’influenza di artisti come Wayne Thiebaud, in certe ombre azzurro- neon e nella combinazio­ne dei colori; Léon Spilliaert, nel rapporto tra figura e paesaggio e nel modo di fare le prospettiv­e lunghe; Francis Bacon negli spazi ordinati e geometrici, ma mai ortogonali, intorno a figure drammatich­e, come ad esempio in Cani di razza e altre bestie ; Alfred Kubin nelle atmosfere di The Raven; George Grosz in Jekill & Hyde, per citare i più evidenti nel campo della pittura. Con la rockstar newyorkese Lou Reed ha collaborat­o alla realizzazi­one del volume The Raven, tratto dal testo di Edgar Allan Poe. Nel cinema ha collaborat­o con Michelange­lo Antonioni, Steven Soderbergh e Wong Kar-way al film Eros; con Enzo D’Alò alla realizzazi­one del film d’animazione su Pinocchio e ha partecipat­o con un cortometra­ggio animato al film collettivo Peur( s) du noir- Paure del buio. Ma immaginiam­o che il suo luogo d’elezione rimanga il taccuino di Linea fragile , dove da tempo continua a disegnare con una punta sottile immagini non premeditat­e che sono promesse per gli anni a venire. Mattotti - Sconfini , Passariano ( Udine), Villa Manin, fino al 19 marzo 2017

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lorenzo mattotti | «Nell’acqua» (2001), matita colorata e pastello su carta. In mostra a Villa Manin di Passariano

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