Striscia in movimento
La danza può più delle guerre politiche: il palestinese «Badke» racconta un popolo che non si arrende attraverso l’hip hop
Iprimi, veri, passi nella ricca stagione di danza del Teatro “Claudio Abbado” di Ferrara sono stati palestinesi. Come in “Dabke”, ballo di matrimoni e celebrazioni festive, trasformato in Badke da Koen Augustijnen, Rosalba Torres Guerrero e dalla drammaturga Hildegard De Vuyst, tutti formati e /o fomentati da Alain Platel, e decisi a mostrare le potenzialità di dieci formidabili danzatori della Galilea, di Gerusalemme e Ramallah, territori bollenti e squassati. Eppure Badke, - il cui iter burocratico è iniziato addirittura nel 2001- è una scommessa vinta.
A dispetto di un vespaio di permessi concessi e ritirati, di passaggi anche illegali da città a presidi, e di un defatigante aller/retour dal Belgio, ora lo spettacolo è in tournée nel mondo e dal 2013, l’anno del debutto, incassando ovunque l’entusiasmo del pubblico per la sua ruspante e inedita frenesia e il potente spirito combattivo. A differenza del levigato Obscene Gesture / We Love Arabs, di e con Hillel Kogan, - seconda tappa del cosiddetto “focus mediterraneo” ferrarese-, Badke ignora la controparte israeliana. È uno spaccato di cultura solo palestinese che cede la sua tipologia folk spostandosi verso la danza contemporanea grazie ad un amalgama di linguaggi diversi, inseriti in una scena nuda “infiocchetta”, sul fondo, da un tristissimo distributore di acqua e da alcuni stracci disseminati qua e là.
Si balla subito, di schiena, in costumi formali per gli uomini e variopinti per le donne. I passi sono saltati e battuti; le catene, con le braccia intrecciate sulle spalle, non formano mai girotondi. E c’è sempre qualcuno che esce dal gruppo per esibirsi in assoli allegri, sprizzanti gioia di vivere, in pezzi hip hop, in combattimenti da capoeira; le ballerine sono sollevate in lift aerei come in un rock’n roll d’altri tempi. C’è chi si toglie la giacca e ancheggia gettandola in aria, chi sa esibirsi in piroette, chi si concede acrobazie.
Se questi sono i territori palestinesi, con la striscia di Gaza - ci si può interrogare - beh, non paiono così desolati... Quand’ecco che qualche fugace turbamento si introduce nel fermarsi ad occhi chiusi di un danzatore, mentre si fanno più minacciose le sirene di polizia nel mijwiz registrato di Naser Al-Fares, leader di un’orchestra da “Dabke”. Trenta minuti di questa eccessiva musica per fiati paiono irresistibili, ma a lungo andare divengono insopportabili, come le parole urlate - dicono chissà che - e quel luogo spoglio e tetro che induce piano piano ad un palpabile spaesamento collettivo, a cui i danzatori comunque si ribellano.
A luce d’improvviso piena, il più poderoso tra loro indossa una gonna per una danza del ventre che inverte i ruoli dell’osservatore abituale in osservatrice. Potremmo accostare questo inquietante momento della pièce a Sous leurs pieds le paradis (2012) del solitario tunisino Radhouane El Meddeb, - terza tappa del “focus mediterraneo” . Ma quest’omone svela la sua fragile femminilità, rendendo omaggio al “Paradiso ai piedi delle madri”, secondo l a tradizione profetica islamica, senza aggiungere né ironia, né beffa al suo cicaleccio gestuale un po’appesantito. Il palestinese, invece, ribalta subito il suo impudico travestimento in un maschilismo che s’insinua in Badke incatenando le ballerine, senza paura di mostrare i vizi del “Dabke” e della cultura che lo esprime.
“Dabke”, però, non è Badke - la radice bad è qui antitradizionalista. Ci penseranno gli scialli e i copricapo rossi a portare le danzatrici in trionfo, ad omaggiarle con i loro pugni chiusi. Il finale, tuttavia, arresta l’abituale crescita di danze vertiginose. Tutti in proscenio, “spa- rati” da una finta pistola, cadono a terra. Rialzati, portano le braccia in alto, intrecciano le dita come in una preghiera; e indietreggiando sembrano chiamare il pubblico verso di loro con gesti riccioluti e voluttuosi. Venite questo è il Badke, una “cattiva” versione del “Dabke”, un posto dove l’allegria è forse solo espediente di sopravvivenza, ed è screziata di dolore, ma non si arrende a nessunissima depressione.
La resa alla morte di Bosko e Admira, veri innamorati di Sarajevo, nel Romeo e Giulietta di Davide Bombana (2015) per lo Junior Balletto di Toscana - pure ideale tappa nel concluso “fucus mediterraneo” - sarà invece inevitabile. Serbi contro Bosniaci renderanno vittime i due giovani in un allestimento raffinato (ne abbiamo scritto nel marzo scorso), lontanissimo dal trascinante Badke, ma non nella condivisione di un’emotiva semplicità. Badke, Augustijnen, Torres Guerrero, De Vuyst; altri tre spettacoli di Focus mediterraneo, Romeo e Giulietta, Junior BT, Teatro Claudio Abbado, Ferrara, 30 novembre