«Le connessioni più forti dei muri»
«Saranno le aree collegate al mondo a vince re la sfida del nuovo secolo»
che fa la Cina: non conquista militarmente i vicini, ma li usa per realizzare la connettività per raggiungere l’Europa». In questo ambito la fisicità prescinde anche dal digitale: la connetività digitale rappresenta l’ultimo strato dell’infrastruttura mondiale, anche se è quello con la maggior estensione.
Anche la rete digitale si fonda quindi su quella fisica. Una rete che è frutto degli investimenti governativi: «Le multinazionali private hanno però saputo sfruttare questa connettività meglio di chiunque altro: oggi abbiamo una dozzina di imprese “metanazionali”, superpotenze senza stato che modellano i mercati mondiali senza rispondere a una singola giurisdizione».
Ma la prima e più importante forma di globalizzazione resta la migrazione: «È impossibile quantificare il valore e l’impatto di 300 milioni di persone che oggi nel mondo vivono al di fuori del loro paese - sottolinea Khanna -: non c’è paragone nella storia dell’umanità in termini di diffusione di idee e di condivisione di talenti e competenze, ma anche di sviluppo economico nei paesi più poveri grazie alle rimesse dei migranti».
Oggi però il fenomeno della migrazione si deve confrontare in tutto il mondo, per il momento principalmente in Europa, con i muri che vengono costruiti per bloccare il flusso globale di persone in fuga da guerre, violenza e povertà. Neanche questo mette in crisi Parag Khanna: «In realtà sono solo alcuni paesi europei che vogliono rallentare l’invasione di migranti, ma questo non significa che le migrazioni siano state fermate o addirittura invertite. Semplicemente puntano a mettere sotto controllo il fenomeno. Il resto del mondo sta facendo esattamente il contrario: abbattere i muri e ridurre le barriere. Tutti i leader africani hanno costituito un’area di libera circolazione delle persone senza visti a partire dal 2002. Nel Sud-Est asiatico e in America latina è già così. Negli ultimi anni tre miliardi di persone hanno quindi avuto l a possibilità di muoversi con maggior libertà. L’Europa è l’eccezione, non la regola».
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