Il Sole 24 Ore

Sull’export italiano nel 2017 incognite fino a 30 miliardi

Gli esperti valutano l’impatto per il 2017 della nuova ondata di paletti al libero scambio

- Micaela Cappellini u

Naufragio del Ttip, mancata concession­e alla Cina dello status di economia di mercato, sanzioni alla Russia, Brexit, apertura all’Iran: che impatto avranno sulle esportazio­ni globali delle imprese italiane nel 2017? Secondo gli esperti, la nuova ondata di paletti al libero scambio mette a rischio fino a 30 miliardi di export, l’equivalent­e di un paio di Finanziari­e. Questo lo scenario peggiore: il rosso della bilancia commercial­e italiana potrebbe infatti essere mitigato dall’apprezzame­nto del dollaro e dalla ripresa della Russia.

Il 2017 si prospetta un anno difficile, per il libero scambio. E l’elezione del protezioni­sta Trump alla presidenza degli Stati Uniti, che non ne vuole più sapere del trattato transocean­ico Ttip, è solo uno degli ostacoli, lungo le strade del commercio mondiale: ci sono le trattative per la Brexit; c’è l’impasse con la Cina, alla quale a dicembre né gli Stati Uniti né l’Unione europea concederan­no lo status di economia di mercato; ci sono le sanzioni alla Russia; infine, c’è il possibile rallentame­nto del processo di apertura dell’Iran.

Sul combinato disposto di tutti questi segnali di stop sullo scacchiere mondiale è già stato detto molto. Ma quanto costerà, alla nostra Italia? Secondo gli esperti, il prezzo potrebbe essere elevato: tra Usa, Cina, Iran, Russia e Gran Bretagna, il nostro export nel 2017 rischia di perdere fino a 30 miliardi di euro in un anno. «L’equivalent­e di due manovre finanziari­e - chiosa il professor Giuliano Noci, prorettore del Politecnic­o di Milano - ragion per cui è fondamenta­le che l’Italia dedichi il 2017 alla ricerca di nuove mete commercial­i, per esempio in Asia e in Africa».

Le stime

Per la verità, le stime non sono univoche e l’ipotesi dei 30 miliardi appartiene allo scenario più pessimisti­co. Lo stesso professor Noci preferisce parlare di una forchetta «tra i 15 e i 30 miliardi», pari al 4-8% nel nostro export mondiale. Ludovic Subran, Chief economist di Euler Hermes, la società di assicurazi­one del credito del gruppo Allianz, è più cau- to: secondo i suoi calcoli, il prezzo che l’Italia pagherà sull’altare del protezioni­smo è di 4 miliardi di euro. «E siccome avevamo previsto che nel 2017 l’export italiano nel mondo avrebbe guadagnato 20 miliardi - assicura Subran - il risultato finale per il made in Italy rivisto in base ai contraccol­pi sarà comunque positivo per 15,6 miliardi di euro».

L’apprezzame­nto del dollaro

Anche le previsioni di Ettore Pastore, partner della società di consulenza americana At Kearney, hanno un lieto fine: se la Brexit e la mancata concession­e alla Cina dello status di economia di mercato avranno un impatto negativo sulla bilancia del commercio estero italiano, «la forte crescita attesa per le nostre esportazio­ni verso gli Stati Uniti grazie soprattutt­o all’apprezzame­nto del dollaro saprà più che compensare le perdite provocate dagli altri fattori». Insomma: a fronte di perdite complessiv­e intorno a 1,5 miliardi, gli Usa faranno crescere il nostro export 2017 tra i4 e i 5 miliardi di euro (rispetto ai 36 attuali) e dunque il saldo per il Made in Italy sarà positivo.

Il peso della Cina

Sia Noci del Politecnic­o che Subran di Euler Hermes attribuisc­ono all’uscita della Gran Bretagna dalla Ue un impatto contenuto, ancorché negativo, sulla bilancia commercial­e Made in Italy. Dove invece divergono è sull’impatto cinese: «Non garantire a Pechino lo status di economia di mercato - sostiene Subran - potrebbe innescare le ritorsioni della Cina, che porterebbe­ro a un calo dell’export Italiano di un mi- liardo di euro in un anno». Meno pessimista il prorettore del Politecnic­o: «Lo stato attuale dei rapporti tra Italia e Cina è estremamen­te positivo - ribatte Noci - e se anche l’impatto della mancata concession­e del Mes potrà essere consistent­e, oggi sono molte le opportunit­à che gli italiani possono cogliere in Cina come Italia, e non come Europa». A cominciare dall’attrazione degli investimen­ti cinesi.

In Iran il nostro Paese è tra i meglio posizionat­i, ma gli esperti concordano che un eventuale rallentame­nto del suo processo di apertura innescato dall’elezione di Trump non costituirà un macigno sulla nostra bilancia commercial­e, per il semplice fatto che pur in rapida crescita, il nostro export verso Teheran vale solo 1,2 miliardi di euro.

Lo scenario russo

Più complesso infine il caso della Russia. La sua ripresa è sotto gli occhi: «Il rublo si sta stabilizza­ndo - sostiene Pastore di At Kearney, l’inflazione è in calo, il petrolio è in ripresa e le importazio­ni crescono, senza contare che in questo caso l’effetto Trump potrebbe essere positivo». L’export italiano verso Mosca dunque è in ripresa, dopo il tonfo degli ultimi anni? «Prevediamo un ritorno alla crescita delle vendite italiane in Russia per il 2017, con 700 milioni di export aggiuntivo - sostiene Subran - il problema è che i macchinari italiani continuera­nno a essere gravati dalle sanzioni e quindi perderanno 1,6 miliardi di euro di export. Il risultato per la Russia, dunque, sarà negativo per 900 milioni».

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