Il prelievo non è «evasione»
All’ufficio l’onere di provare la «gravità»
Le modifiche introdotte al decreto fiscale (Dl 193/16) cambiano completamente il quadro di riferimento per l’utilizzabilità dei prelievi e dei versamenti non giustificati ai fini del contrasto all’evasione. Le nuove norme hanno riflessi importanti sulle indagini finanziarie.
pGià prima sussisteva più di qualche perplessità sul fatto che le disposizioni sulle indagini finanziarie costituissero presunzioni di legge. Ora, dopo le modifiche introdotte dal decreto fiscale (Dl 193/2016), vi è la certezza che non lo sono affatto.
In primo luogo, se si trattasse di presunzione legale, la prova contraria che il contribuente dovrebbe dare (visto che le presunzioni legali invertono l’onere probatorio) è sul fatto presunto. Sui prelievi, ad esempio, la norma “chiede” al contribuente di fornire indicazione del beneficiario, ma questo non è il fatto presunto, visto che quest’ultimo è dato dall’eventuale ricavo non dichiarato. Quindi, il fatto che la norma chieda la dimostrazione del beneficiario non può farla considerare presunzione legale.
In secondo luogo, va rilevato che la norma utilizza la locuzione che le operazioni (sia i versamenti che i prelievi) sono «poste a base» delle rettifiche. La volontà, pertanto, è di evitare la trasformazione degli elementi raccolti nell’attività istruttoria in prove automatiche di evasione. Porre a base è sicuramente molto diverso dal «si presume», dal «si considera», locuzioni normalmente previste per le presunzioni legali.
Inoltre, le disposizioni sulle presunzioni (sia legali che semplici) possono essere contenute soltanto in norme disciplinanti l’attività di accertamento. L’articolo 32 del Dpr 600/1973, invece, non è affatto una norma di accertamento, in quanto disciplina l’attività istruttoria, un qualcosa che, in sostanza, sta pri- ma rispetto all’accertamento. Tant’è che lo stesso articolo 32 afferma che le operazioni relative alle indagini finanziarie sono poste a base di specifiche norme di accertamento (quelle contenute negli articoli da 38 a 41 del Dpr 600/1973).
Infine, se si concentra l’analisi sugli accertamenti su imprese e professionisti, gli articoli interessati sono il 39 e 40 del Dpr 600/1973, dove non si rileva alcuna presunzione legale. In sostanza, la norma dell’articolo 32 del Dpr 600/1973 vuole dire semplicemente che i risultati dell’attività istruttoria vanno canalizzati, per imprenditori e professionisti, negli accertamenti dell’articolo 39 (e 40) del Dpr 600/1973. Tanto che, sulla base di quest’ultima norma, o l’ufficio effettua una rettifica analitica in presenza di elementi certi (ad esempio, versamenti sul conto di assegni intestati) oppure si tratta di presunzioni semplici, con onere probatorio che incombe sull’ufficio, il quale deve rispettare i parametri di gravità, precisione e concordanza.
La “prova provata” che non si tratti di presunzione legale si ha poi con i nuovi limiti quantitativi sui prelievi di 1.000 euro giornalieri, e comunque di 5 mila euro mensili. È chiaro che un limite quantitativo di tal genere non può riguardare una presunzione di legge. Sarebbe irragionevole, oltreché non sintomatica di capacità contributiva, e quindi illegittima. Infatti, ad esempio per un ricco imprenditore prelevare 5mila euro al mese può essere poco e niente, mentre può essere un importo elevato per un piccolo imprenditore.