Il Sole 24 Ore

Casa, studio, lavoro: ecco cosa può cambiare

Tasse per ora invariate per iscriversi all’università - Rischio dazi sull’export

- Micaela Cappellini

Nei ristoranti italiani di Londra, fra un paio d’anni, i piatti a base di prosciutto di Parma potranno costare il 32% in più, mentre per i cuochi (italiani) che li preparano potrebbe rendersi necessario un permesso per vivere e lavorare in Gran Bretagna. E per i proprietar­i del locale? «Se il ristorante è gestito da una società inglese, niente cambierà, perché i dividendi agli azionisti stranieri vengono pagati senza tasse extra», garantisce Martin Pugsley, avvocato dello studio legale Delfino Willkie Farr & Gallagher, inglese doc ma vissuto a lungo nel nostro Paese.

Cartoline dalla Gran Bretagna post Brexit: cosa accadrà agli italiani che vivono, studiano o lavorano nel Regno Unito una volta che Londra avrà completato l’iter di divorzio dalla Ue? E cosa aspetta loro, durante questi anni di limbo, minimo due a essere ottimisti?

«Gli italiani che vivono in Inghilterr­a non hanno nulla da temere, a condizione che valga la reciprocit­à», ha assicurato martedì scorso a Radio 24 il sottosegre­tario all’Interno, Domenico Manzione, che lo stesso giorno ha incontrato a Londra il mini- stro inglese per l’Immigrazio­ne, Robert Goodwill. Lodevole dichiarazi­one di intenti, dato che le trattative tra Londra e Bruxelles non sono ancora state avviate. La verità, infatti, è che l’incertezza è ancora elevata.

Prendiamo il caso di uno studente universita­rio italiano: «A oggi - spiega l’avvocato Pugsley - il ministero dell’Istruzione britannico ha dichiarato tasse universita­rie e prestiti studentesc­hi non cambierann­o per quanti hanno già iniziato il proprio percorso di studi, per quanti si sono iscritti a settembre e per quanti si immatricol­eranno l’autunno prossimo. In tutti e tre i casi la garanzia copre tutta la durata del percorso di studi». Per chi si iscrive da settembre 2018 in avanti, invece, oggi non si può dire quale sarà il regime: il rischio massimo, è giusto ricordarlo, è quello di pagare fino a 36mila sterline di retta all’anno (nel caso di Medicina).

Capitolo esportator­i italiani: il dato che il Prosciutto di Parma a Londra possa arrivare a costare di più è dovuto al fatto che, se tra Gran Bretagna e Ue non si riuscirà a raggiunger­e un accordo bilaterale di libero scambio prima dell’effettiva uscita del Regno Unito dall’Unione, allora i commerci tra i due partner dovranno sottostare alle regole standard della Wto. Il che significa dazi: «Del 39% per i prodotti caseari come il Parmigiano reggiano - esemplific­a Pugsley - del 6% nel caso del vino», e così via. Un recente studio pubblicato da Civitas calcola che l’Italia, con un export di circa 22,5 miliardi di euro all’anno verso la Gran Bretagna, potrebbe arrivare a pagare 870 milioni di sterline in dazi, mentre il Regno Unito ne sborserebb­e addirittur­a 5,2 miliardi all’anno per tutte le merci che esporta nella Ue.

Quanto agli italiani che oggi risiedono in Gran Bretagna, secondo l’avvocato Pugsley è ancora troppo presto per dire se a loro continuerà anche in futuro ad applicarsi l’assistenza sanitaria gratuita offerta dal Nhs, o se per i loro figli ci saranno posti disponibil­i nelle scuole pubbliche (anch’esse gratuite). A rimanere sicurament­e invariati saranno i diritti di proprietà, mentre è assai probabile che nulla verrà toccato nemmeno sul fronte della tassazione e dell’accesso ai mutui. Piuttosto, per gli italiani a Londra potrebbe rendersi necessario un permesso di lavoro, sia che vivano là da tempo, sia che vi si trasferisc­ano dopo Brexit: «Per esempio - ipotizza Pugsley - il governo inglese potrebbe adottare il sistema a punti attualment­e in vigore in Australia». Canberra prevede una sponsorshi­p attiva dell’eventuale datore di lavoro, il quale deve farsi carico di una serie di controlli e di una serie di oneri anche economici.

Insomma, tutto sarà più complicato? Per la verità, a oggi un vantaggio, per una fetta di italiani a Londra, potrebbe anche esserci: è quello del diritto al passaporto (e alla cittadinan­za) inglese per i bambini nati su suolo britannico da genitori italiani residenti sull’isola. Purché siano nati dopo il 1° gennaio 1983. E purché facciano domanda prima che la Brexit diventi realtà.

POSSIBILE SVANTAGGIO Per i connaziona­li potrebbe rendersi necessario un permesso di lavoro, sia che vivano là da tempo, sia che decidano di trasferirs­i

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Ancora pro Brexit. Un cartello a favore del «Leave» esposto durante la manifestaz­ione di mercoledì scorso davanti al parlamento di Westminste­r
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