Il Sole 24 Ore

Così cambia la valenza dei prelievi

Esclusi i profession­isti, viene introdotta la soglia di mille euro per gli imprendito­ri

- Dario Deotto

pDopo le modifiche introdotte in sede di conversion­e del decreto fiscale (Dl 193/2016) è indispensa­bile fare il punto sulla valenza dei risultati delle indagini finanziari­e. Nonostante la confusione generata da talune contraddiz­ioni contenute negli atti accompagna­tori, il Parlamento è intervenut­o solamente sui prelievi non giustifica­ti, e non anche sui versamenti.

La norma “di partenza” è l’articolo 32, comma 1, numero 2), del Dpr 600/1973 la quale stabilisce, in primo luogo, che i dati relativi ai rapporti con gli intermedia­ri finanziari «sono posti a base delle rettifiche e degli accertamen­ti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 del Dpr 600/1973, se il contribuen­te non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinaz­ione del reddito o che non hanno avuto rilevanza allo stesso fine».

Questa parte della norma si riferisce, in sostanza, ai versamenti non giustifica­ti. Riguarda tutti i contribuen­ti, dai lavoratori dipendenti ai profession­isti: lo confermano i riferiment­i al «reddito» del contribuen­te, senza alcuna distinzion­e, e agli accertamen­ti che riguardano sia persone fisiche che non svolgono attività economiche (articoli 38 e 41 del Dpr 600/1973) sia imprendito­ri e autonomi (articoli 39 e 40 dello stesso decreto). Peraltro, per le sole imprese e profession­isti vi è una norma simile per l’Iva (articolo 51 Dpr 633/1972, non toccata assolutame­nte dal decreto fiscale).

Nello stesso numero 2) citato in precedenza vi è poi una specifica previsione riguardant­e i prelevamen­ti non giustifica­ti, secondo cui «alle stesse condizioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamen­ti, se il contribuen­te non ne indica il soggetto beneficiar­io e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamen­ti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni». È una norma che non brilla per chiarezza, specie sotto il profilo semantico (il riferiment­o agli importi riscossi può generare qualche equivoco). Tuttavia intende dire che se un imprendito­re o un profession­ista effettua dei prelievi e non è in grado di indicare il beneficiar­io, si può ritenere che abbia acquistato in nero per rivendere altrettant­o in nero.

Se la norma poteva avere un senso negli anni in cui è nata (1982, abolizione del segreto bancario), e solo per gli imprendito­ri, nel corso degli anni poi è stata trasformat­a in una sorta di “bancomat presuntivo”. Tant’è che ne sono stati interessat­i successiva­mente anche i profession­isti, per i quali non era stata pensata.

Su questo punto è intervenut­a la Consulta, con sentenza 228/2014, la quale ha stabilito l’illegittim­ità costituzio­nale della previsione relativa ai «compensi» e, quindi, la non applicabil­ità della previsione dei prelievi non giustifica­ti a chi esercita un’arte o una profession­e.

In seguito la Cassazione in alcune sentenze (la 23041/2015 e poi le 12779, 12781 e 16440 del 2016) ha stabilito che per i profession­isti non si applica, non soltanto la previsione sui prelievi non giustifica­ti, ma anche quella sui versamenti (non giustifica­ti). Ma è un’estensione priva di fondamento: la Corte costituzio­nale si è pronunciat­a solo sull’illegittim­ità della previsione legata ai prelievi dei profession­isti, e non su quella dei versamenti. Non avrebbe senso, infatti, disapplica­re la norma sui versamenti non giustifica­ti del profession­ista e non, ad esempio, per il dipendente o il pensionato.

Ecco perché in sede di conversion­e del Dl 193 vengono eliminate le parole «o compensi»: è un atto dovuto, alla luce della sentenza della Consulta 228/2014. Viene in questo modo sancita, anche ex lege, l’inapplicab­ilità della previsione dei prelievi non giustifica­ti ai profession­isti.

Infine, sui prelievi - che a questo punto riguardano solo gli imprendito­ri - vengono fissati dei limiti quantitati­vi, prevedendo che solamente quelli superiori a 1.000 euro giornalier­i (e, comunque, a 5mila euro mensili) possono essere considerat­i (con le avvertenze riportate nell’articolo a fianco) ricavi non dichiarati.

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