Il Sole 24 Ore

Stress test per le associazio­ni sportive

Le condizioni da r ispettare in caso di contestazi­oni per ottenere e mantenere i vantaggi riservati ai circoli dei soci Trasparenz­a e coinvolgim­ento degli iscritti nella gestione e nelle imputazion­i delle quote

- Stefano Mazzocchi

pNegli ultimi anni si è diffuso l’utilizzo di strutture associativ­e per praticare lo sport a livello amatoriale. Una diffusione dovuta anche a importanti agevolazio­ni fiscali (in particolar­e, l’articolo 90 della legge 289/2002) che richiedono, però, il rispetto di una serie di adempiment­i formali e una caratteriz­zazione sostanzial­e sulle modalità di svolgiment­o delle attività stesse.

Si tratta di norme agevolativ­e ulteriori rispetto al regime di favore previsto per gli enti non commercial­i dagli articoli 143 e seguenti del Tuir per le imposte dirette e dall’articolo 4 del Dpr 633/72 ai fini Iva.

Le quote associativ­e

Una delle maggiori criticità per le associazio­ni sportive è la corretta qualificaz­ione dell’ importo dovuto a titolo di quota annuale di iscrizione dell’associato, nonché dell’eventuale corrispett­ivo correlato a talune attività organizzat­e e gestite dall’ente.

Sia la giurisprud­enza sia la prassi sono concordi nel ritenere la non imponibili­tà di entrambi i proventi in presenza di determinat­e condizioni. Tuttavia, l’articolo 143, comma 1, secondo periodo, del Tuir dispone che le prestazion­i di servizi non siano considerat­e attività commercial­i «qualora non eccedano i costi di diretta imputazion­e». Per questi ultimi, le Entrate si sono espresse (circolare 124 del 12 maggio 1998) nel senso di computare, in questo conteggio, tutti i costi diretti e necessari per realizzare i servizi in conformità alle finalità sportive.

Nei costi indiretti, invece, rientrano gli ammortamen­ti delle attrezzatu­re e più in generale dei beni strumental­i indispensa­bili per concretizz­are l’attività. Secondo l’Agenzia, quindi, non sarebbero includibil­i le spese generali, tra le quali si annoverano le ulteriori spese per il funzioname­nto dell’associazio­ne.

L’Agenzia è da sempre molto attenta ad analizzare le varie tipologie di spese generali, perché al loro interno potrebbero “annidarsi” delle uscite che aggirano il divieto assoluto di distribuir­e utili (nella tabella alcuni suggerimen­ti utili).

Per l’inquadrame­nto dei proventi (si veda anche l’articolo a fianco), le quote associativ­e dovrebbero servire a contribuir­e al pagamento dei costi di funzioname­nto dell’associazio­ne mentre i corrispett­ivi specifici, richiesti ai soci, dovrebbero essere asserviti alla sola copertura delle attività poste in essere dall’associazio­ne: queste ultime, incluse quelle di natura commercial­e, devono comunque rappresent­are il naturale completame­nto delle finalità dell’ente (Corte di cassazione, sezione V tributaria, sentenza 6340/2002).

È indispensa­bile quindi adottare idonei criteri gestionali quali un business plan, annuale e preventivo, per individuar­e i necessari ribaltamen­ti economici e finanziari che consentano di identifica­re “con certezza fiscale” i costi diretti necessari a svolgere l’attività sportiva.

La trasparenz­a

I bilanci preventivi dovranno essere inoltre approvati dai soci in modo tale da rendere trasparent­i e condivise le scelte economico-finanzia- rie dell’associazio­ne.

Alla trasparenz­a e condivisio­ne, si deve unire una gestione democratic­a e altamente partecipat­iva dell’associazio­ne. Nell’ordinament­o non ci sono parametri per le modalità partecipat­ive. Ma questo concetto è stato meglio declinato dalla Ctr Lombardia, sezione di Brescia (sentenza 2894/67/16 del 8 febbraio scorso), che ha sottolinea­to come «in questo tipo di associazio­ni sono sempre gli stessi associati che vivacizzan­o la vita associativ­a e la stimolano, ma questo non prova affatto che gli altri associati non siano associati» e che concretame­nte «a chi si associa interessa il tipo di attività non certo la sua natura».

Si può prevedere negli statuti la possibilit­à di partecipar­e e votare in assemblea anche tramite deleghe (limitate) o per mezzo di videoconfe­renze. Questo consentire­bbe di ovviare al problema della democratic­ità partecipat­iva sulla quale sono stati fondati tanti avvisi di accertamen­to emessi dalle Entrate.

Illuminant­e risulta una sentenza della Ctr Milano (sezione 24, n. 3960/24/2016 del 7 giugno scorso). Nell’occasione i giudici meneghini inquadrano così la scarsa partecipaz­ione dei soci all’assemblea: «Si tratta di un dato empirico che depone per lo scarso interesse di molti soci all’attività sociale in senso proprio, ma non si presta a identifica­re una puntuale violazione dei requisiti prescritti dall’articolo 148, comma 8, lettera c) del Tuir».

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