Il Sole 24 Ore

Misure patrimonia­li per il delitto di caporalato

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pConfische ma non solo nella legge 199 del 2016, in vigore dal 4 novembre. Il giro di vite contro lavoro nero e caporalato porta sanzioni penali e misure di sicurezza patrimonia­li per i datori di lavoro che si avvalgono degli intermedia­tori illeciti.

In caso di condanna per il reato di intermedia­zione illecita (articolo 603-bis del Codice penale), è obbligator­ia la confisca delle cose che servirono per commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartenga­no a terzi. Lo prevede il nuovo articolo 603-bis.2 del Codice penale, che introduce anche la confisca per equivalent­e. Inoltre, per il reato di intermedia­zione illecita è prevista anche la «confisca allargata» al denaro, ai beni e alle altre utilità di cui il condannato, anche per interposta persona, risulti titolare, senza poterne giustifica­re la provenienz­a e in misura sproporzio­nata al reddito dichiarato.

Ma la vera novità è nell’articolo 3 della legge 199/2016. Quando ricorrono i presuppost­i per il sequestro, anziché questa misura cautelare, il giudice può disporre il controllo giudiziari­o dell’azienda presso cui è stato commesso il reato, se l’interruzio­ne dell’attività imprendito­riale può comportare ripercussi­oni negative sui livelli occupazion­ali o compromett­ere il valore economico del complesso aziendale. In tal caso viene nominato un amministra­tore giudiziari­o che affianca l’imprendito­re, controlla il rispetto delle norme, lo autorizza a svolgere le attività utili all’impresa e riferisce ogni tre mesi al giudice, segnalando le eventuali irregolari­tà.

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