Incognita gare sugli affidamenti di accertamento e riscossione
Niente selezione per il nuovo agente nazionale
pI l nuovo soggetto nazionale che subentrerà ad Equitalia dal 1° luglio 2017 potrà effettuare, oltre alla riscossione coattiva delle entrate locali, anche l’attività di accertamento e riscossione spontanea delle stesse. Lo prevede il Dl 193/2016 nella versione approvata in via definitiva dal Senato. Si tratta però di un ampliamento del raggio d’azione che finisce per porsi in contrasto allo stesso Dl 193/2016, che affida al nuovo soggetto «l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale», non anche l’attività di accertamento. Questa quindi non rientra nella mission di “Equientrate” e rappresenta pertanto un corpo estraneo nell’ambito del nuovo disegno legislativo.
Senza considerare la possibile restrizione della concorrenza, che potrebbe comportare un intervento dell’Antitrust, trattandosi di un affidamento diretto in contrasto alla normativa comunitaria. Su questo fronte il legislatore del Dl 193/2016 sembra avere la memoria corta perché non ricorda che la riforma contenuta nel Dl 203/2005 (da cui nacque Equitalia), si rese necessaria per evitare una procedura di infrazione comunitaria. Infatti il Dl 203/2005 aveva previsto un breve periodo transitorio che avrebbe dovuto chiudersi il 2010, poi più volte prorogato, per rendere alla fine obbligatoria la procedura di gara.
Ora il Dl 193/2016 non solo reintroduce l’affidamento diretto della riscossione locale, che il Dl 203/2005 limitava a un primo periodo di moratoria, ma lo estende ad altre attività. Il tutto ignorando che l’articolo 52 del Dlgs 446/97 impone il rispetto della normativa Ue e delle regole sull’affidamento dei servizi pubblici locali. Oggi quindi i Comuni che intendono esternalizzare la gestione delle entrate devono fare le gare nel rispetto del nuovo Codice degli appalti, con l’unica eccezione dell’affidamento in house.
Forse il Dl 193/2016 tenta di risolvere il problema qualificando l’attività di riscossione come «funzione», ma la giurisprudenza maggioritaria propende invece per la tesi del «servizio pubblico» (Consiglio di Stato 5284/2014 e n. 5461/2011; Tar Lazio 12488/2014; Tar Catania 621/2010; Tar Napoli 1458/2008). Tesi peraltro in linea con la giurisprudenza comunitaria che ritiene applicabile alla riscossione la Direttiva servizi 2006/123 .
Peraltro, la questione relativa alla natura dell’attività svolta sarebbe superflua a fronte di una norma chiara (l’articolo 52 del Dlgs 446/97) che, come accennato, impone il rispetto delle procedure di affidamento previste per i «servizi».
Occorre pertanto sciogliere il nodo dell’affidamento diretto, oggi vietato, che potrebbe finire sotto la scure della Corte di Giustizia europea, attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale. L’Anacap (associazione nazionale che raggruppa le società private abilitate ad effettuare la gestione delle entrate locali) ha già minacciato il ricorso a questo strumento se l’attuale testo del Dl 193/2016 dovesse rimanere invariato. Insomma l’operazione Equientrate andrebbe attentamente valutata anche per evitare che un eventuale vizio genetico possa inficiare la legittimità degli atti emessi per riscuotere le entrate dei Comuni.