RIMANENZE IN INVENTARIO, LIBERO IL DETTAGLIO DEI DATI
L’articolo 15 del Dpr 600/1973 dispone che «l’inventario deve indicare la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore e il valore attribuito a ciascun gruppo. Ove dall’inventario non si rilevino gli elementi che costituiscono ciascun gruppo e la loro ubicazione, devono essere tenute a disposizione dell’ufficio delle imposte le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario». Per quanto riguarda le giacenze di magazzino, è ammissibile riportare sul libro inventari unicamente la distinzione tra materie prime/sussidiarie/di consumo/merci, così come risulta da bilancio, senza alcun ulteriore raggruppamento, conservando separatamente il dettaglio per singolo bene delle giacenze, che altrimenti occuperebbe un rilevante numero di pagine del libro?
La tenuta del libro degli inventari è disciplinata dal Codice civile (articolo 2214) e dall’articolo 15 del Dpr 600/1973, senza prevedere un contenuto minimo obbligatorio. L’articolo 15 citato statuisce che l’inventario, oltre agli elementi prescritti dal Codice civile o da leggi speciali, deve indicare la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore, e il valore attribuito a ciascun gruppo. Ove dall’inventario non si rilevino gli elementi che costituiscono ciascun gruppo e la loro ubicazione, devono essere tenute a disposizione dell’ufficio le distinte che sono servite per la compilazione dell’inventario. Pertanto, ciascun imprenditore può definire il livello di dettaglio dei dati da riportare nel libro degli inventari, ricordando, al riguardo, che le eventuali carenze rilevate in sede di verifica potrebbero legittimare un accertamento induttivo. Si ritiene, inoltre, che la semplice stampa delle voci del bilancio non sia sufficiente a integrare una corretta compilazione dell’inventario, in quanto tali dati sono già rinvenibili nel documento depositato in Camera di commercio o nel libro assemblee, qualora venga riportato il verbale dell’assemblea che approva il bilancio.
Il diritto alla Naspi spetta nei confronti di tutti i lavoratori dipendenti ( salvo i dipendenti pubblici e gli agricoli) purché ( secondo quanto stabilito dal Dlgs 22/ 2015, si veda anche la circolare Inps 94/ 2015): 1) abbiano perduto involontariamente la propria occupazione; 2) siano in stato di disoccupazione; 3) possano far valere, nei quattro anni precedenti all’inizio del periodo di disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione contro la disoccupazione; 4) possano far valere 30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione. Per quanto concerne la deroga prevista per i nati nel 1952, per andare in pensione con 64 anni di età più speranza di vita ( e, quindi, a oggi 64 anni più sette mesi), occorre che ci siano queste condizioni: a) avere maturato un’anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012; b) avere maturato quota 96 entro la stessa data del 31 dicembre 2012, basata sulla somma di età e contributi, con un minimo di 35 anni di contributi e una età minima di 60 anni. Occorre, pertanto, che entro il 31 dicembre 2012, visto che l’età era all’epoca di 60 anni, siano maturati almeno 36 anni di contributi ( pari a 1.872 settimane) per arrivare al totale di 96. Se ci sono questi presupposti la pensione maturerà con 64 anni e sette mesi e, quindi, il 15 marzo 2017, con decorrenza dal 1° aprile 2017.
A cura di Pietro Gremigni