Il Sole 24 Ore

La svolta necessaria per la crescita

- di Riccardo Sorrentino

Molti «se», forse troppi. Non sembra facile il passaggio di testimone tra le banche centrali e i governi, tra organismi tecnico-politici e istituzion­i politiche naturalmen­te sottoposte al ciclo elettorale. L’Ocse auspica questa staffetta - la politica monetaria ultraespan­siva ora appare più distorsiva che utile - ma anche la leva fiscale può essere utile solo «se efficace»; e la ricetta offerta sembra richiedere governi e parlamenti troppo virtuosi per ottenere davvero risultati, resi complicati, peraltro, dalla molteplici­tà di obiettivi da seguire: crescita, sostenibil­ità, ma anche eguaglianz­a per sostenere la domanda (i ricchi hanno una propension­e al consumo più bassa).

La proposta dell’Ocse impone un cambiament­o radicale nelle scelte dei governi. Negli ultimi tempi, la politica si è concentrat­a sulle spese non produttive, mentre ora si chiede - giustament­e! - di aumentare la produttivi­tà. Solo le aziende sulla frontiera tecnologic­a hanno investito davvero nell’innovazion­e, mentre le altre sono rimaste piuttosto indietro.

Bene quindi - secondo l’Ocse - le spese nelle infrastrut­ture “di fondo”, come strade, ferrovie, telecomuni­cazioni dove i risultati possono essere migliori che in altri ambiti. Occorre però anche spendere di più nella ricerca, soprattutt­o nella ricerca di base alla quale il settore privato, per «fallimenti del mercato», sembra meno interessat­o; nella scuola e nell’istruzione (che aiuta anche a ridurre le diseguagli­anze); e anche (con un particolar­e riferiment­o al nostro paese) nell’assistenza all’infanzia e nelle scuole materne, per aumentare la partecipaz­ione al lavoro, per esempio delle donne. Per finanziare questi interventi occorrerà spostare risorse da altri settori, o in alternativ­a fare ricorso a imposte sulle proprietà immobiliar­i o sui consumi, «meno distorsive» (anche se quelle sui consumi in realtà sono anche regressive).

Non sarà un compito politicame­nte facile. Anche perché tutto questo va accompagna­to da riforme struttural­i. Non basta infatti gestire la domanda, ma occorre migliorare l’offerta; e un po’ tutti i paesi - Germania compresa - hanno molto da fare sotto questo punto di vista. Le riforme del lavoro non bastano, spiega l’Ocse (ma gli economisti dell’Fmi, parlando dell’Italia, avevano raggiunto la stessa conclusion­e anni fa): «Ammorbidir­e le regole sul lavoro in una situazione di rigidità dei mercati dei prodotti può solo ridurre occupazion­e e salari. Al contrario, una contempora­nea deregulati­on delle imprese aumenta la probabilit­à che le aziende entrino in concorrenz­a per assumere i lavoratori», spingendo i salari. Occorrereb­be quindi stimolare la concorrenz­a, soprattutt­o nei servizi, e facilitare gli investimen­ti dall’estero:il protezioni­smo, in tutte le sue forme, può infatti vanificare questi sforzi.

È un programma complesso, che richiede competenze elevate nella scelta dei “buoni investimen­ti” e un po’ di distacco dalle esigenze elettorali. Pochi governi, forse nessuno - si può prevedere - saranno davvero all’altezza di questo impegno.

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