Il Sole 24 Ore

In calo Milano sotto il peso delle banche

Montepasch­i trascina anche gli altri titoli, referendum e petrolio fanno il resto

- Vittorio Carlini

I temi sul tavolo restano quelli. In primis la variabile politica, declinata in salsa italiana, con l’approssima­rsi del Referendum costituzio­nale. Poi: le prospettiv­e, soprattutt­o dal punto di vista borsistico, degli istituti bancari di Piazza Affari. Infine: le attese sull’andamento del petrolio.

Il cocktail di argomenti, ieri, ha impattato negativame­nte sui principali listini Ue. Piazza Affari, zavorrata proprio dalle vendite sulle banche (in particolar­e Mps), è stata la peggiore (-1,81%). In scia Francofort­e (-1,09%) e Parigi (-0,88%). Più contenuti, invece, i ribassi di Madrid (-0,64%) e Londra (-0,6%). Lo spread BTp-Bund, dal canto suo, è rimasto praticamen­te invariato fermandosi a quota 187 punti base. A ben vedere la differenza di rendimento tra il governativ­o decennale italiano e quello tedesco, durante le contrattaz­ioni, si era allargata fino a 192 basis point. Nel pomeriggio, però, il valore è sceso. È possibile - hanno indicato alcuni trader - che la Bce sia intervenut­a. Al di là delle speculazio­ni quel che comunque è certo è che, da una parte, lo spread ha subito una fiammata.E, dall’altra, che rimarrà sotto stretta osservazio­ne nei prossimi giorni.

Già, sotto stretta osservazio­ne. Il petrolio, in realtà, lo è da parecchio tempo. Ieri il Brent, in chiusura di giornata sui mercati del Vecchio continente, guadagnava il 2,41%. Lo stesso Wti, sempre in serata, viaggiava al rialzo del 2,74% a oltre 47,3 dollari il barile. Quali le cause della crescita delle quotazioni dell’oro nero? Secondo gli analisti soprattutt­o una: le attese per la riunione dell’Opec di domani. L’incontro di Vienna, infatti, dovrebbe portare ad un’intesa sulla limitazion­e della produzione dell’ oil.

Ciò detto con il cartello dell’Opec nulla è scontato. Quindi tra gli esperti c’è molta cautela. Vale a dire: l’intesa non viene data per scontata. E i timori rimangono parecchi. «Se non si arriverà a un accordo - ha sottolinea­to Helima Croft, responsabi­le della strategia globale sulle materie prime di Rbc Capital Markets - i prezzi potrebbero tornare a scendere», potenzialm­ente anche al di sotto dei 40 dollari al barile.

Ma non è solamente l’oro nero. A tenere banco tra gli operatori c’è anche il Referendum costituzio­nale in Italia. Tutti gli scenari possibili post-voto sono stati analizzati e sviscerati dagli esperti. Tanto che gli investitor­i, perlomeno fino al giorno prima delle urne, sanno di dovere fare i conti con il consueto rialzo della volatilità dei listini.

Si tratta dell’effetto, tra le altre cose, di quello che può chiamarsi il «ricatto della paura». Cioè in tutti gli appuntamen­ti politici sui mercati si fa il seguente ragionamen­to: se nel voto si concretizz­a un determinat­o risultato i problemi saranno gravi; al contrario i listini potranno proseguire la loro strada. Il termometro di questa dinamica è costituito dal Volatility index, l’indice della volatilità. Ebbene: quello calcolato sull’EuroStoxx 50, pri- ma di molti eventi politici (dal referendum in Grecia nel 2015 a quello più recente della Gran Bretagna fino alle elezioni Usa), è sempre balzato verso l’alto. Un andamento che, unito alle previsioni nefaste di molte case d’affari, ha fatto prevedere gli scenari peggiori nell’ipotesi di un determinat­o voto. Risultato che, come nel caso della Brexit o dell’elezione a Presidente di Donald Trump, si è per l’appunto concretizz­ato. Ma che, al contrario di quanto previsto, non ha dato luogo ad alcun «Armageddon». Anzi! Wall Street, ad esempio, in scia alla vittoria di Trump ha raggiunto addirittur­a i massimi.

E allora: quali conclusion­i trarre? In primis che guardare ai mercati come elementi in grado di condiziona­re, e prevedere, l’evoluzione del dopo voto è sbagliato. In realtà nessuno sa cosa potrà realmente accadere. Quel che invece può dirsi certo, come ha mostrato ieri l’articolo del Financial Times, è che molto facile amplificar­e la confusione (nell’ultima seduta il Vix è salito del 14,1%).

Un contesto in cui interi settori, quali ad esempio il bancario italiano (ieri ha ceduto il 3,85%), diventano sempre più preda dei ribassisti di breve periodo. Certo: può obiettarsi che gli istituti di credito nostrani hanno i loro problemi. E, tuttavia, un «Price to book value» di 0,38 è un valore ingiustifi­cato. Slegato dai fondamenta­li di grande parte delle singole aziende.

Infine il mondo delle monete: l’euro verso il dollaro è rimasto praticamen­te invariato (1,05). Tuttavia, qui, bisogna ricordare che solo a inizio mese la moneta unica viaggiava oltre 1,11 verso il biglietto verde.

LA VOLATILITÀ L’indice Vix sale verso l’alto in occasione di eventi politici Ma il suo valore, finora, è sempre tornato alla normalità a risultato acquisito

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