Padoan: casi di crisi noti, piani già avviati
«I mercati non amano l’incertezza, ma valutano i fondamentali»
Le otto banche che il Financial Times giudica «a rischio fallimento» se domenica vincerà il “no” sono «casi ben noti», e rappresentano «problemi diversi che richiedono strategie specifiche e già in via di implementazione».
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, mostra di non apprezzare troppo il nuovo allarme del quotidiano londinese, anche se i fautori del «no» lo leggono come un nuovo assist internazionale (insieme a quello irrituale dell’Ocse) alla riforma costituzionale spinta dal governo. Il titolare dell’Economia, nel corso della conferenza stampa di ieri a Palazzo Chigi in cui insieme al premier Matteo Renzi ha ripresentato la manovra dopo il voto alla Camera, la mette su un piano più generale, legato ai «rischi dell’incertezza» geopolitica che rappresentano il filo rosso di tutti i suoi interventi recenti. «I mercati finanziari non amano l’incertezza - ragiona -, molto aumentata anche in Italia, e stanno valutando con perplessità il fatto che la politica di riforme strutturali, premiata in passato dagli stessi mercati, sia ora messa in discussione». Attenzione, però, perché più della congiuntura «contano i fondamentali » , ed è su quelli che si giocano le prospettive di medio periodo: sul punto, dall’Ocse ieri è arrivata una buona notizia sul debito in discesa secondo i meccanismi di calcolo dell’organizzazione internazionale, meccanismi ovviamente subito “promossi” dal premier Renzi.
Sul terreno specifico delle banche, la sirena fatta suonare dal Financial Times mette in fila otto casi critici del credito italiano: il Monte dei Paschi, com’è ovvio per le dimensioni della più antica banca d’Europa e per le incognite che circondano aumento di capitale e piano di rilancio, apre l’elenco che comprende anche i due istituti veneti coinvolti dal “salvataggio” del fondo Atlante, cioè la Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Nel mirino del giornale inglese ci so- no poi Carige, che ha avviato la vendita della prima tranche da 1,4 miliardi di Npl all’interno di un programma ambizioso per far scendere i crediti incagliati a 3,7 miliardi dai 7,1 di oggi, e i quattro istituti che il fondo di risoluzione sta cercando di vendere: Banca Etruria, Banca Marche, e le Casse di risparmio di Chieti e di Ferrara.
L’elenco, in effetti, è parecchio eterogeneo, e Padoan sottolinea che le «strategie» messe in campo da governo e mercato per affrontare i vari casi sono «già a diversi stadi di implementazione, e in alcuni casi sono in fase conclusione». Il ministro dell’Economia non fa nomi per stilare questa classifica degli “stati di avanzamento lavori”, ma quando parla di casi in cui «i management delle banche coin- volte e le rispettive assemblee hanno già deciso i piani di aggiustamento» fa riferimento evidentemente a Popolare di Vicenza e Veneto Banca. I lavori, poi, proseguono sulla vendita delle «good bank» nate dalla risoluzione di Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cariferrara, su cui dopo la proroga ottenuta dalla commissione Ue per i tempi di cessione è continuato il confronto con Ubi. Più in là è il traguardo per il Monte dei Paschi, che ha appena acceso i motori sulla prima tappa del piano rappresentata dalla conversione dei bond subordinati, e proprio da Siena arrivano le incognite più importanti. Ma dall’Economia ci tengono a distinguere i casi singoli da possibili implicazioni “di sistema”, perché «a nessuno piace andare per mare quando il mare è agitato, ma tornerà il sereno».
RISPOSTA A FT Il quotidiano inglese aveva ipotizzato il rischio di fallimento per otto istituti in caso di vittoria del No. Il ministro: mare agitato, tornerà il sereno