Il Sole 24 Ore

Statali, nel nuovo contratto spazio a produttivi­tà e welfare

Governo al lavoro sulla bozza di intesa da discutere domani con i sindacati

- G.Tr.

pWelfare integrativ­o e spinta fiscale ai premi di produttivi­tà, sulla falsariga di quanto accade nel privato, 85 euro medi a regime concentran­do però gli aumenti sulle fasce di retribuzio­ne «che maggiormen­te hanno sofferto la crisi economica e il blocco della contrattaz­ione», lotta alle forme di «assenteism­o anomalo» e rilancio dell’accordo quadro su malattie, congedi e permessi.

È articolata in queste quattro mosse la base di trattativa per l’intesa sul rinnovo dei contratti degli statali, su cui i lavori proseguono dopo il colpo arrivato dalla Corte costituzio­nale sulla riforma Madia anche per quel che riguarda il nuovo testo unico del pubblico impiego, chiamato a creare le condizioni per la «parte normativa» dei nuovi contratti. A botta calda la ministra per la Pa Marianna Madia ha spiegato che la sentenza costituzio­nale «complica» la partita dei contratti, perché fra l’altro richiede l’intesa con le regioni anche per il decreto sul pubblico impiego da presentare entro febbraio. Complicare, però, non vuol dire fermare, e l’obiettivo dell’intesa è stato rilanciato ieri dal premier Matteo Renzi nella nuova conferenza stampa di presentazi­one della manovra dopo il via libera del Senato. «Noi siamo pronti - ha detto il premier, in vista del nuovo incontro fra governo e sindacati in agenda per domattina alle 11 -, e cercheremo di chiudere se ci saranno le condizioni». Per arrivare al traguardo serve ovviamente un compromess­o, e sul piano del metodo il modello indicato da Palazzo Chigi è quello dell’accordo appena raggiunto fra imprese e sindacati sul nuovo contratto dei metalmecca­nici.

Com’è inevitabil­e nei giorni che precedono le urne, e che si annunciano in un crescendo di tensioni politiche, tutte le pedine sulla scacchiera guardano ai risvolti referendar­i oltre che ai nodi tecnici dei diversi temi in gioco. Per Renzi l’accordo politico sui contratti, con lo schema già utilizzato prima della mano- vra per programmar­e l’anticipo pensionist­ico e le altre modifiche previdenzi­ali, potrebbe offrire una spinta in più per il «sì» in un settore, quello dei dipendenti pubblici, che ha avuto più di una frizione con il governo. Resta da capire quanto il clima pre-voto influirà sulle posizioni sindacali, a partire dalle sigle più fredde sul referendum come la Cgil che però sabato ha firmato l’importante intesa sui metalmecca­nici. «Quello che chiediamo è di costruire le condizioni per il rinnovo - spiega Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil - e penso che la senten- za della Consulta, intervenen­do su un principio costituzio­nale da rispettare, non interferis­ca assolutame­nte sui contratti». «È importante non vanificare il clima di dialogo positivo nel paese tra Governo e parti sociali, chiudendo l’accordo quadro nell’incontro programmat­o domani», rilancia la leader della Cisl Annamaria Furlan, e anche secondo Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil, «non c’è più tempo. Se gli ostacoli persistess­ero - ha aggiunto - la presidenza del Consiglio dovrebbe assumersi direttamen­te la responsabi­lità di risolvere la vertenza, convocando le parti a Palazzo Chigi e chiudendo il confronto in questa settimana».

Gli ostacoli, nel merito, sono soprattutt­o due. Gli 85 euro di aumento sono «medi», come proposti dal governo in uno schema a «piramide rovesciata» per aiutare di più i redditi bassi, e non «minimi», e da finanziare comunque con fondi aggiuntivi che l’esecutivo si impegna a trovare per il 2018; si discute, poi, dell’inclusione della scuola nella revisione delle regole, in particolar­e sui premi di produttivi­tà. Su questa richiesta sindacale la difficoltà, ribadita anche oggi nel corso degli incontri fra il governo e le sigle non confederal­i che superano l’asticella della «rappresent­atività», è politico e tecnico: le norme sul personale dell’istruzione sono state scritte nella legge sulla «Buona scuola», che non è derogabile dai contratti ed è esclusa anche dal raggio d’azione della delega Madia, che con il decreto attuativo dovrà rivedere le griglie rigide su produttivi­tà e contratti scritte nel 2009. Senza cambiare quelle regole, del resto, sarebbe di fatto impossibil­e raggiunger­e gli obiettivi indicati dallo stesso governo sulla possibilit­à di trasferire nel pubblico impiego meccanismi simili agli strumenti fiscali rilanciati nel privato per favorire premi di produttivi­tà e welfare integrativ­o».

I NODI Aumento «medio» di 85 euro e non «minimo» come chiedono le sigle sindacali e inclusione della scuola nella revisione delle regole

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