Riforme e conti blindati, le carte per rassicurare mercati e Ue
Nel giorno del primo via libera della Camera alla manovra, il governo prova a blindare i conti pubblici dal rischio di stravolgimenti al Senato in caso di vittoria del No al referendum, e lancia messaggi rassicuranti sul dopo voto. Contano i “fondamentali”, certo, come ricorda il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, e tuttavia a una manciata di giorni dall’appuntamento elettorale si moltiplicano le preoccupazioni soprattutto sulla tenuta del sistema bancario. Ha ragione Padoan quando in risposta al Financial Times (che ipotizza il fallimento di otto banche in caso di vittoria del No) ricorda che si tratta di «casi già noti per i quali sono in corso piani di aggiustamento». Il problema è in questo caso siamo in mare aperto, non c’è l’ombrello della Bce che con il Qe contiene lo spread e sostiene gli acquisti dei titoli di Stato. Al completamento dell’unione bancaria manca la fondamentale “gamba” della garanzia europea sui depositi e pesa l’alto livello delle sofferenze. Dunque tensioni sono tutt’altro che escluse. Sul fronte della manovra, sarà molto importante saggiare gli umori di Bruxelles e dei governi europei, nel doppio appuntamento Eurogruppo/Ecofin in programma il 5 e 6 dicembre.
Il giudizio sulla manovra da 27 miliardi appena approvata dalla Camera per ora è sospeso. Finora il rischio di «deviazione significativa» rispetto agli obiettivi di medio termine, evidenziato dalla Commissione, non si è tradotto nella bocciatura tout court della manovra. Tra qualche settimana, ben lontano dal voto, verrà reso noto il nuovo Report sul debito, il principale fattore di squilibrio macroeconomico. «Il debito si stabilizza», afferma Padoan che cita il Global economic outlook del Fmi. Si stima ora nel 2017 il 132,3% del Pil (il 132,6% nel quadro programmatico stimato dal Governo). Elemento di persistente vulnerabilità, che sarà nuovamente al centro dei rilievi di Bruxelles. Si attendono segnali sul deficit ora al 2,3% nel 2017 contro l’1,8% promesso la scorsa primavera, con il deficit strutturale all’1,6% in aumento rispetto al precedente 1,2% per effetto del margine di 0,4 punti chiesto per far fronte alle spese legate a migranti e terremoto. Il saldo strutturale è indicato in peggioramento dello 0,5% del Pil nel 2017, mentre Bruxelles aveva raccomandato di ridurlo dello 0,6 per cento.
Dati alla mano, pare dunque quanto mai opportuno porre in sicurezza i conti pubblici in questo delicato frangente politico/istituzionale. Pari enfasi va posta sul tema decisivo della crescita, vera clausola di garanzia per la tenuta dell’intero quadro di finanza pubblica, e dunque sul percorso di riforme strutturali, che non dovrà arrestarsi. «È ovvio che i mercati finanziari non amino l’incertezza e il mare agitato», osserva Padoan. Ma la questione non riguarda certo solo l’Italia, nell’anno della Brexit e dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, in un contesto internazionale già caratterizzato dal rallentamento del commercio mondiale, con l’Europa alle prese con la sostanziale deflazione, in attesa che nel 2017 si celebrino le elezioni in Francia, Olanda e Germania. Tutti elementi che richiederebbero una risposta politica forte e coesa da parte dell’Unione europea, per far fronte al dilagare dei populismi alimentati della crisi e dall’emergenza migranti. Comunque vada domenica prossima, di tutto c’è bisogno fuorché di un’Italia di nuovo alle prese con gli effetti nefasti dell’instabilità .