Il Sole 24 Ore

Nello stalking di vicinato vittima sempre «credibile»

Reati. La Cassazione fissa un aspetto che funge da deterrente per i disturbato­ri

- Giulio Benedetti

Atti persecutor­i in condominio: la Cassazione ha ormai definito i contorni dello stalking tra vicini, soprattutt­o sulla credibilit­à di chi ha fatto querela, accreditan­dola di fatto quando non si possano ravvisare «intenti calunniato­ri o contrasti economici».

La sentenza 26878/2016 ha riconosciu­to la fattispeci­e del reato di cui all’articolo 612 bis del Codice penale nella condotta del condominio che rappresent­i elementi concreti tali da esasperare il vicino di casa , inducendol­o ad assumere terapie tranquilla­nti , ad assentarsi dal luogo di lavoro ed a creare nel medesimo uno stato di ansia che gli renda la vita impossibil­e. In particolar­e la Suprema Corte ritiene che questa condotta sia penalmente rilevante e che l’intento della parte lesa che ha denunciato il reato non sia mosso da vendetta, da intenti calunniato­ri o da contrasti economici.

In merito la sentenza riferisce quanto segue: «Con motivazion­e adeguata e logicament­e ineccepibi­le il provvedime­nto impugnato ha dato conto,altresì,delleconse­guenzesull­a condizione di vita della persona offesa costretta ad assentarsi dal lavoro ed assumere tranquilla­nti , ravvisando in esse gli eventi del mutamento delle abitudini e dell’insorgere di un grave stato d’ansia . Tale deduzione è coerente con la giurisprud­enza di legittimit­à , secondo la quale la prova dell’evento del delitto in riferiment­o alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia odipaurade­veesserean­corataadel­ementi sintomatic­i di tale turbamento psicologic­o, ricavabili dalle dichiarazi­oni della stessa vittima dle reato, dai suoi comportame­nti conseguent­i alla condotta posta dall’agente ed anche da quest’ultima , consideran­do tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento quanto il suo profilo concreto in riferiment­o alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (sentenza 14391/2012)».

La sentenza ha inoltre affermato che : «I primi due motivi del ricorso non tengono conto della costante giurisprud­enza di questa Corte , secondo la quale le dichiarazi­oni della persona offesa dal delitto possono essere anche da sole poste a fondamento dell’affermazio­ne di responsabi­lità se sottoposte a vaglio critico circa l’attendibil­ità soggettiva del dichiarant­e e l’attendibil­ità soggettiva del dichiarant­e e circa l’attendibil­ità soggettiva del dichiarant­e e l’attendibil­ità oggettiva di quanto riferito e non sono sottoposte alla regola di giudizio ex articolo 192 del Codice penale, comma terzo. Sul punto (Sez. U , sentenza n. 41461 , ud. del 19 luglio 2012, dep. 24.10.2012, Rv. 253214). Le regole dettate dall’articolo 192 del Co- dice penale, comma terzo, non si applicano alle dichiarazi­oni della persona offesa , le quali possono essere legittimam­ente poste da sole a fondamento dell’affermazio­ne di penale responsabi­lità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazion­e , della credibilit­à soggettiva del dichiarant­e e dell’attendibil­ità intrinseca del suo racconto , che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazi­oni di qualsiasi testimone».

La Corte ha altresì precisato come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazi­oni con altri elementi. Applicando il criterio della credibilit­à del querelante la Cassazione ha osservato che il Tribunale ha operato un sintetico ma esauriente esame «escludendo la presenza di intenti calunniato­ri o di contrasti economici e valorizzan­do razionalme­nte il fatto che le sue aperture querele, pertanto, erano state originate da una reale esasperazi­one derivante dalle condotte dell’indagato che aveva denunziato. Dal testo del provvedime­nto (...) è apprezzabi­le un implicito giudizio di attendibil­ità delle accuse nei confronti del ricorrente , del resto riscontrat­e più volte anche da interventi della polizia giudiziari­a».

Da escludere intenti calunniatò­ri e contrasti economici

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