Renzi-Dijsselbloem, lite sul rigore Ue Schäuble: se fossi in Italia voterei sì Il premier: così si voterà per il Senato
Il presidente dell’Eurogruppo boccia la svolta espansiva: bilanci in equilibrio - Il premier replica: non sa come vanno le cose in Italia
Il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem frena sull’allentamento delle politiche di bilancio: «Non siamo ancora stabili». «Dijsselbloem non è consapevole di come vanno le cose in Italia» replica Renzi. E il ministro tedesco Schäuble si schiera per il sì sul referendum in Italia.
pLa proposta della Commissione europea di promuovere la spesa pubblica nei paesi in surplus o in pareggio di bilancio in modo da sostenere l’economia nella zona euro ha provocato una reazione molto netta del Governo italiano e sta provocando in Europa un vivo dibattito. Parlando ieri davanti al Parlamento europeo, il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem ha preso le distanze dall’iniziativa comunitaria, come aveva detto lunedì la Banca centrale europea. «Occorre salvaguardare la credibilità del Patto di Stabilità e la Commissione europea ha una responsabilità cruciale – ha detto ieri mattina qui a Bruxelles il presidente Dijsselbloem, che in Olanda è anche ministro delle Finanze –: tutti i bilanci devono procedere verso l’equilibrio e se c’è spazio di bilancio (per politiche espansive, ndr) in alcuni Paesi è possibile usarlo, ma questa è una scelta non obbligatoria, non vincolante. Sta al singolo Paese decidere».
La replica secca del premier, Matteo Renzi, è arrivata nel cor- so del Tg2: «Credo che Dijsselbloem non è consapevole di come vanno le cose in Italia» ha affermato Renzi, per poi aggiungere che «se l’Europa vuole i soldi italiani deve cominciare a rispettare gli impegni: i leader europei parlino di questo, invece di mettere bocca su cose che non conoscono». Ancor più forte nei toni è stata la presa di distanza del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda: «Dijsselbloem sta prendendo una gigantesca cantonata, cosa che fa abbastanza regolarmente» ha affermato intervenendo a un convegno organizzato da Unipol sui temi del Welfare. «Egli non comprende - ha aggiunto Calenda - che la questione non sono i vincoli di bilancio, ma il fatto che l’Europa è in mezzo a sfide difficilissime, la prima delle quali è una chiarissima disaffezione dei cittadini e ha necessità di fare un grande piano di investimenti per trasformarla e serve un new deal a livello europeo». Vale tra l’altro ricordare che secondo l’Ocse nei prossimi cique anni l’Italia avrebbe margini per aumentare gli investimenti pubblici per lo 0,5% del Pil; vale a dire tra gli 8 e i 9 miliardi.
A conferma della nettezza della posizione del Governo sulle dinamiche europee, l’altra sera il presidente del Consiglio, parlando della gestione dei migranti, aveva anche annunciato che, se i paesi dell’est Europa non adempiranno ai loro obblighi, «il 13 dicembre andrò al Parlamento italiano e chiederò l’autorizzazione per mettere il veto al prossimo bilancio europeo e spero che anche gli altri partiti votino sì».
Il 16 novembre scorso, notando che la posizione di bilancio della zona euro è neutrale, Bruxelles aveva annunciato che il fiscal stance deve diventare moderatamente espansivo, consentendo un aumento del deficit aggregato dello 0,5% del Pil (si veda Il Sole 24 Ore del 17 novembre). Secondo l’esponente olandese, «non è saggio stimolare ulteriormente la crescita in un momento in cui l’output gap (vale a dire lo scarto tra crescita reale e crescita potenziale, ndr) si sta riducendo» nei vari paesi europei.
Il presidente dell’Eurogruppo ha anche notato che nell’esortare i paesi a spendere di più Bruxelles rischia di mettere a rischio la corretta applicazione del Patto. La reazione del ministro non è dissimile da quella del presidente della Bce Mario Draghi (si veda Il Sole 24 Ore di ieri). Parlando all’Ansa un portavoce della Commissione ha risposto che la proposta di Bruxelles «tiene pienamente conto dei requisiti del Patto» e «segnala la necessità di sostenere la ripresa in questo momento».
Dietro alla posizione del presidente dell’Eurogruppo e della stessa Germania, anch’essa critica, si nascondono due considerazioni: il desiderio di evitare derive ai propri conti pubblici nazionali e il timore che la scelta comunitaria possa indurre i paesi con debiti elevati a frenare il loro risanamento. Della questione, i ministri discuteranno lunedì prossimo in una riunione ministeriale. Lo stesso commissario agli affari monetari Pierre Moscovici aveva detto di prevedere una discussione animata.
Intanto, sul fronte del voto di domenica è intervenuto da Berlino il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, appoggiando il Sì: «Se potessi votare in Italia, voterei per Matteo Renzi anche se non fa parte della mia famiglia politica», ha spiegato l’uomo politico democristiano. «Ha intrapreso diverse riforme e trasmette più fiducia di altri di poter fare i passi in avanti di cui l’Italia ha urgentemente bisogno. Per questo gli auguro ogni successo». Parole che Renzi ha tenuto a minimizzare: «I voti che contano sono quelli degli italiani» ha tagliato corto il leader Pd, lanciato in una battaglia finale perchè «la riforma è di tutti se vince il 50% più uno».
LA DIFESA DI CALENDA «Dijsselbloem sta prendendo una gigantesca cantonata, cosa che fa abbastanza regolarmente»