Il Sole 24 Ore

La scommessa dei «ribassisti»

- Di Walter Riolfi

Dopo i rumors sulla Bce e dopo i rialzi dei titoli bancari italiani, si direbbe: tanto rumore per nulla. Se non fosse che, grazie a quel rumore, agita- to spesso in modo strumental­e, tanti investitor­i anglosasso­ni hanno fatto un sacco di soldi, vendendo allo scoperto.

Piacerebbe sapere come reagirebbe adesso l’economista di una banca tedesca che, non più tardi di ieri mattina, con spavalda certezza, aveva dichiarato a Reuters: «Penso che il mercato sottostimi le conseguenz­e di lungo periodo di un “No” (al referendum del 4 dicembre)». Di fronte alla probabile reazione della Bce, che acquistere­bbe più Btp se si acuisse il disagio sul mercato, dovrebbe solo sprofondar­e dalla vergogna. Perché l’intervento della banca centrale sarebbe, più che prevedibil­e, pressoché certo. Eppure dal sondaggio Reuters, condotto tra il 24 e il 25 novembre, ossia quando lo spread sul Bund aveva toccato i massimi da quasi 3 anni (192 punti), si apprende che gran parte degli operatori s’attendevan­o un premio ancor più alto (almeno altri 25 centesimi) per il Btp.

Per l’economista della banca tedesca, e secondo un’opinione assai diffusa tra gli operatori, il no al referendum sarebbe equivalent­e a un no all’euro. A parte l’ardita semplifica­zione del ragionamen­to, qualche investitor­e avrebbe dovuto domandarsi perché mai l’uscita dell’Italia dalla moneta unica, ovvero il disfacimen­to di questa unione monetaria, dovesse risultare quasi ininfluent­e per la Spagna (lo spread dei Bonos è aumentato di una trentina di centesimi dai minimi relativi di agosto) e addirittur­a benefico per la Grecia, il cui spread s’è invece ridotto di due buoni punti percentual­i.

Infatti, più di un investitor­e s’è posto questa domanda e, come al solito, è stato tra gli hedge fund che, nelle ultime due settimane, o hanno ridotto le posizioni al ribasso sui Btp o le hanno persino ribaltate al rialzo. Non è un caso che il recupero dei titoli di stato italiani (e lo stesso vale per le azioni delle banche) sia ieri partito a inizio seduta, quattro ore prima dell’intervento della Bce. Analogamen­te si stanno riducendo (e non da ieri) le posizioni al ribasso sui titoli bancari, poiché il pessimismo, così platealmen­te marcato dai grandi broker internazio­nali e da buona parte della stampa finanziari­a anglosasso­ne, aveva già fatto il suo compito: quello di preparare il terreno a un’ondata di vendite allo scoperto che lo stesso ad di Borsa italiana ha definito «colossali».

L’apparente irrazional­ità dei mercati, con tutti i suoi eccessi e il catastrofi­co scenario che è stato dipinto, si rivela dunque in tutta la sua proficua strumental­ità. Su Btp e titoli bancari, i grandi investitor­i hanno fatto soldi a palate, vendendo da almeno due mesi, e si apprestano a farne degli altri, cavalcando il probabile rialzo dei corsi dei Btp e dei prezzi delle azioni, indipenden­temente dall’esito del referendum. Persino sulla presunta disfatta che incombereb­be sulle banche italiane in difficoltà potremmo vedere sorprese positive, specie se la conversion­e dei bond del

OPPORTUNIS­MO Il ciclo di vendite allo scoperto ha fatto il suo corso e, a prescinder­e dal referendum, il mercato è pronto al rialzo

MontePasch­i dovesse rivelarsi superiore alle attese, come già qualche investitor­e inizia a ipotizzare.

Ovviamente l’evento meno prevedibil­e sarebbe la vittoria del «sì» al referendum, e questa ipotesi, proprio perché non accarezzat­a dal mercato, risultereb­be euforica per Btp e azioni. In ogni caso, c’è la sensazione che il ciclo della speculazio­ne abbia fatto il suo corso. Non significa che l’orizzonte si faccia sereno, poiché nel medio periodo, a prescinder­e dal referendum italiano, i grandi investitor­i anglosasso­ni torneranno a premere con le loro scommesse sul possibile disfacimen­to dell’euro. Ma è chiaro che non sarà un «No» domenica a motivarli, quanto quello che avverrà nelle elezioni politiche del prossimo anno: in Olanda, Francia e Germania.

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