Una scheda e collegi ad hoc
Ifuturi consiglieri-senatori saranno eletti dai Consigli regionali «in conformità alle scelte degli elettori per candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi».
Non proprio eletti, perché l’elezione formalmente resta ai Consigli regionali, ma scelti.
Questa la formula magica che la scorsa estate ha messo d’accordo chi voleva l’elezione diretta del Senato delle Autonomie (tutta la minoranza del Pd con in testa Pier Luigi Bersani e anche le opposizioni) e chi (tutto il resto del Pd su impulso di Matteo Renzi) voleva mantenere l’elezione di secondo grado. Mentre Renzi e Bersani restavano in pubblico sulle loro posizioni in Senato il capogruppo del Pd Luigi Zanda, la presidente della Prima commissione Anna Fi- nocchiaro e il senatore bersaniano Vannino Chiti lavoravano in silenzio per risolvere il dilemma dell’elettività. Grazie all’intesa infine trovata inserendo la “formula magica” nel quinto comma dell’articolo 2 della riforma Boschi anche i senatori bersaniani votarono Sì in terza lettura al Ddl Boschi. Evitando così in extremis una frattura già annunciata nel Pd.
Certo, tutto ciò alla fine non ha impedito a Bersani e ai parlamentari che fanno a lui riferimento di schierarsi per il No al referendum. Resta il fatto che il compromesso raggiunto sul termine «scelte» darà vita, se domenica vincerà il Sì e la riforma entrerà in vigore, a un sistema originale di selezione della clas- se dirigente: formalmente l’elezione del futuro Senato delle Autonomie avviene in secondo grado, tramite il Consiglio regionale. Ma i consiglieri si troveranno comunque a dover “ratificare” le scelte degli elettori, un po’ come avviene con i delegati dei vari Stati americani per l’elezione del presidente Usa. È una soluzione che tiene insieme l’esigenza dell’elezione di secondo grado (secondo molti costituzionalisti, infatti, un’elezione diretta a livello nazionale come quella dei deputati sarebbe stata in contrasto con la mancanza del rapporto fiduciario con il governo, che resta alla sola Camera) con la volontà sempre più forte dell’opinione pubblica di partecipare direttamente alla scelta dei propri rappresentanti nelle istituzioni.
Sarà una legge ordinaria, se la riforma costituzionale entrerà in vigore, a stabilire le modalità secondo le quali avverrà la «scelta» dei futuri senatori; legge che potrà essere presentata in Parlamento, naturalmente, solo a eventuale ratifica popolare avvenuta. Ma un testo di legge esiste già, e lo stesso Renzi un mese fa lo ha fatto “proprio” assumendolo come testo base per la discussione parlamentare. Si tratta appunto del Ddl Chiti-Fornaro ricordato ieri sera da Renzi, che ha mostrato nella diretta Facebook anche un fac simile della scheda (ed è curioso che ora i due principali firmatari, Chiti e Federico Fornaro, siano schierati il primo per il Sì e il secondo per il No).
Ma come si concretizza secondo la proposta di legge del Pd la «scelta»? Innanzitutto si prevedono dei collegi ad hoc, come una vera e propria elezione diretta, con un sistema di ripartizione proporzionale su base regionale. Il territorio della Regione viene cioè suddiviso in tanti collegi quanti sono i senatori da eleggere: in ogni collegio può essere presentato un solo candidato per ogni lista regionale, sul modello del sistema elettorale del Senato fino al 1992 . Un po’ complicato il sistema della ripartizione dei seggi, che tuttavia coniuga la ripartizione proporzionale con la “riconoscibilità” del candidato unico della lista come avviene con i collegi uninominali: sulla base delle scelte espresse dagli elettori si definirà una graduatoria regionale e si attribuiranno – con il sistema proporzionale – i seggi eventualmente spettanti a ogni lista regionale; successivamente si stilerà la graduatoria interna di ogni lista regionale sulla base dei risultati ottenuti nei collegi. Il Consiglio regionale, quindi, eleggerà i senatoriconsiglieri prendendo atto dell’espressione degli elettori senza poterla modificare. All’atto pratico, con questa legge il giorno delle elezioni regionali l’elettore riceverà 2 schede: una per il rinnovo del Consiglio regionale e una per la scelta dei senatori attribuiti alla Regione. Di fatto (ma non diritto) un’elezione diretta, come ha voluto sottolineare Renzi confutando la tesi del Senato di “nominati”.