Il Sole 24 Ore

I nodi del dopo-voto

- di Paolo Pombeni

Anche il dopo referendum ha le sue questioni “di merito”. Può sembrare strano, ma è così, non appena ci si discosti dal tema frusto dello sgambetto a, o dell’incoronazi­one di, Renzi.

In realtà quale che sia la tesi che uscirà vincitrice dalle urne referendar­ie ci sono alcune tematiche che andranno comunque affrontate. Una ricomposiz­ione delle fratture passerà inevitabil­mente dalla capacità di rispondere in maniera responsabi­le e il più possibile condivisa a quelle problemati­che. Anticiparn­e i tratti da una parte e dall’altra dei due schieramen­ti aiuterebbe a rasserenar­e il clima, perché vorrebbe dire “disarmare” in anticipo il confronto che si dovrà aprire dopo il 5 dicembre.

La prima questione riguarda ovviamente il Senato. Se vincerà il sì ci sarà la necessità di fare una legge elettorale per specificar­e le modalità attraverso cui saranno scelti i suoi membri. La formulazio­ne della riforma lascia spazio per introdurre forme di designazio­ne da mettere nelle mani degli elettori. C’è già formalizza­ta una proposta avanzata su iniziativa del senatore Vannino Chiti che prevede un intervento in questo senso con apposita scheda da affiancare a quella per l’elezione dei “semplici” consiglier­i regionali. Renzi ha dichiarato di far sua questa proposta, ma naturalmen­te tutto deve essere perfeziona­to e formalizza­to. Prima e meglio lo si fa, più facile sarà smontare la tesi della “espropriaz­ione” dei diritti di rappresent­anza dei cittadini, tesi che, per quanto infondata, ha un rilevante successo.

Anche se vincerà il no sarà però necessario promuovere una nuova legge elettorale per il Senato vista la bocciatura di quella vigente da parte della Consulta. Si aggiunga che potrebbe anche essere l’occasione per ridisegnar­ne almeno parzialmen­te composizio­ne e compiti. Una parte degli esponenti del fronte del no ha dichiarato di essere consapevol­e del problema ed intenziona­ta a risolverlo, ma al momento non c'è alcuna proposta non diremo ufficializ­zata, ma nemmeno largamente condivisa almeno a livello informale.

Eppure in entrambi i casi sapere come si possono risolvere i temi relativi alla rappresent­atività di quest’organo, e, almeno per il fronte del no, sapere anche se ci sarà una proposta di revisione della sua composizio­ne e dei suoi compiti promuovere­bbe il ritrovamen­to di terreni di confronto anziché di scontro.

Il secondo tema, che è tecnicamen­te slegato dal destino della riforma costituzio­nale, ma che in realtà è connesso con quella che vuol essere la sfida a cui essa vuol rispondere, riguarda la risistemaz­ione del panorama delle forze politiche.

È difficile pensare che le vicende di questi otto mesi di aspra campagna elettorale non si riflettera­no sulla vita interna dei partiti, ma anche sul quadro delle loro collocazio­ni nel sistema politico. Il Pd non potrà evitare di fare i conti con la contrappos­izione che si è determinat­a al suo interno fra quella componente che possiamo definire una nuova sinistra e quella che rimane fedele più o meno all’impianto tradiziona­le di questo schieramen­to. Nella Lega abbiamo già notato

L’IMPATTO SUI PARTITI Gli 8 mesi di campagna elettorale si riflettera­nno sulla vita dei partiti e sulla loro collocazio­ne nel sistema politico

fibrillazi­oni contro l’egemonia del lepenismo salviniano, anche se non è chiarissim­o dove portino. L’ampio e variegato fronte dei “moderati”, un tempo tenuti insieme da Forza Italia, è oggi percorso dalle incertezze su cosa possa significar­e attualment­e definirsi di centrodest­ra, né per risolverle basterà ridare a Berlusconi la leadership che gli deriverebb­e dal suo passato. Non parliamo dell’universo dei piccoli partiti, che non sanno se potranno sopravvive­re salvando le loro ormai incerte identità o se dovranno giocoforza trasmigrar­e nel vassallagg­io aperto alla corte delle formazioni maggiori.

C’è poi l'incognita del M5S: anch’esso non potrà ancora a lungo crogiolars­i nella famosa posizione di quello che fra i due litiganti fa “il terzo che ride” (tanto per riprendere una famosa metafora marxiana sul bonapartis­mo). Per contare dovrà necessaria­mente aprirsi a considerar­e una qualche politica di alleanze.

È la grande difficoltà di capire quali strategie hanno in mente gli attori del sistema politico a drammatizz­are la prova referendar­ia ed a far pensare che conclusasi quella per sistemare la situazione saranno necessari passaggi complicati e confusi con conseguent­i difficoltà sul piano della gestione di governo.

Per entrambi i temi che abbiamo elencato non si tratta che di questioni prevedibil­i e dunque di questioni le cui soluzioni, dalle diverse parti, potrebbero già essere anticipate, con il risultato di smontare la pericolosa nevrosi che sta avvelenand­o questa fase politica.

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