I nodi del dopo-voto
Anche il dopo referendum ha le sue questioni “di merito”. Può sembrare strano, ma è così, non appena ci si discosti dal tema frusto dello sgambetto a, o dell’incoronazione di, Renzi.
In realtà quale che sia la tesi che uscirà vincitrice dalle urne referendarie ci sono alcune tematiche che andranno comunque affrontate. Una ricomposizione delle fratture passerà inevitabilmente dalla capacità di rispondere in maniera responsabile e il più possibile condivisa a quelle problematiche. Anticiparne i tratti da una parte e dall’altra dei due schieramenti aiuterebbe a rasserenare il clima, perché vorrebbe dire “disarmare” in anticipo il confronto che si dovrà aprire dopo il 5 dicembre.
La prima questione riguarda ovviamente il Senato. Se vincerà il sì ci sarà la necessità di fare una legge elettorale per specificare le modalità attraverso cui saranno scelti i suoi membri. La formulazione della riforma lascia spazio per introdurre forme di designazione da mettere nelle mani degli elettori. C’è già formalizzata una proposta avanzata su iniziativa del senatore Vannino Chiti che prevede un intervento in questo senso con apposita scheda da affiancare a quella per l’elezione dei “semplici” consiglieri regionali. Renzi ha dichiarato di far sua questa proposta, ma naturalmente tutto deve essere perfezionato e formalizzato. Prima e meglio lo si fa, più facile sarà smontare la tesi della “espropriazione” dei diritti di rappresentanza dei cittadini, tesi che, per quanto infondata, ha un rilevante successo.
Anche se vincerà il no sarà però necessario promuovere una nuova legge elettorale per il Senato vista la bocciatura di quella vigente da parte della Consulta. Si aggiunga che potrebbe anche essere l’occasione per ridisegnarne almeno parzialmente composizione e compiti. Una parte degli esponenti del fronte del no ha dichiarato di essere consapevole del problema ed intenzionata a risolverlo, ma al momento non c'è alcuna proposta non diremo ufficializzata, ma nemmeno largamente condivisa almeno a livello informale.
Eppure in entrambi i casi sapere come si possono risolvere i temi relativi alla rappresentatività di quest’organo, e, almeno per il fronte del no, sapere anche se ci sarà una proposta di revisione della sua composizione e dei suoi compiti promuoverebbe il ritrovamento di terreni di confronto anziché di scontro.
Il secondo tema, che è tecnicamente slegato dal destino della riforma costituzionale, ma che in realtà è connesso con quella che vuol essere la sfida a cui essa vuol rispondere, riguarda la risistemazione del panorama delle forze politiche.
È difficile pensare che le vicende di questi otto mesi di aspra campagna elettorale non si rifletterano sulla vita interna dei partiti, ma anche sul quadro delle loro collocazioni nel sistema politico. Il Pd non potrà evitare di fare i conti con la contrapposizione che si è determinata al suo interno fra quella componente che possiamo definire una nuova sinistra e quella che rimane fedele più o meno all’impianto tradizionale di questo schieramento. Nella Lega abbiamo già notato
L’IMPATTO SUI PARTITI Gli 8 mesi di campagna elettorale si rifletteranno sulla vita dei partiti e sulla loro collocazione nel sistema politico
fibrillazioni contro l’egemonia del lepenismo salviniano, anche se non è chiarissimo dove portino. L’ampio e variegato fronte dei “moderati”, un tempo tenuti insieme da Forza Italia, è oggi percorso dalle incertezze su cosa possa significare attualmente definirsi di centrodestra, né per risolverle basterà ridare a Berlusconi la leadership che gli deriverebbe dal suo passato. Non parliamo dell’universo dei piccoli partiti, che non sanno se potranno sopravvivere salvando le loro ormai incerte identità o se dovranno giocoforza trasmigrare nel vassallaggio aperto alla corte delle formazioni maggiori.
C’è poi l'incognita del M5S: anch’esso non potrà ancora a lungo crogiolarsi nella famosa posizione di quello che fra i due litiganti fa “il terzo che ride” (tanto per riprendere una famosa metafora marxiana sul bonapartismo). Per contare dovrà necessariamente aprirsi a considerare una qualche politica di alleanze.
È la grande difficoltà di capire quali strategie hanno in mente gli attori del sistema politico a drammatizzare la prova referendaria ed a far pensare che conclusasi quella per sistemare la situazione saranno necessari passaggi complicati e confusi con conseguenti difficoltà sul piano della gestione di governo.
Per entrambi i temi che abbiamo elencato non si tratta che di questioni prevedibili e dunque di questioni le cui soluzioni, dalle diverse parti, potrebbero già essere anticipate, con il risultato di smontare la pericolosa nevrosi che sta avvelenando questa fase politica.