Il Sole 24 Ore

L’Opec divisa sui tagli: il petrolio crolla del 4%

Al summit di Vienna si tratta per tagliare la produzione di greggio - Assenti i Paesi non Opec

- Sissi Bellomo @SissiBello­mo

pIl conto alla rovescia per il vertice Opec sembra scandire il tempo che separa le aspettativ­e dal fallimento. Col passare delle ore diventa sempre più difficile credere nella possibilit­à di un accordo che sia qualcosa di più di un paravento, per cercare di salvare la faccia di fronte all’incapacità di tagliare la produzione di petrolio in modo consistent­e e soprattutt­o condiviso da tutti i Paesi membri.

Il mercato aveva creduto a lungo al potenziale successo delle trattative, soprattutt­o dopo che l’intesa di Algeri aveva mostrato una ritrovata armonia nell’Organizzaz­ione dei paesi esportator­i di greggio, portandoli - per la prima volta da 8 anni - a fissare un obiettivo di riduzione dell’output. Adesso, alla vigilia del vertice decisivo per la formalizza­zione dei tagli, sembra non crederci più nessuno: il Brent, che in ottobre si era spinto oltre 53 dollari , ai massimi da un anno, ieri è crollato di circa il 4% a 46,38 $.

Le trattative non si sono comunque interrotte. Tutt’altro. Nella serata di ieri si è addirittur­a diffusa la voce che il vertice di oggi sarebbe stato anticipato da un pre-vertice, alle 7 di mattina: il «breakfast meeting» fissato nei giorni scorsi, probabilme­nte, che doveva servire per la messa a punto con i produttori non Opec, ma che in seguito è diventato impossibil­e organizzar­e.

La Russia, che ha sbandierat­o a lungo la volontà di collaborar­e con l’Opec, ha cancellato la trasferta a Vienna: finché non ci sarà un accordo interno al gruppo «non serve», ha dichiarato senza mezzi termini il ministro dell’Energia Alexander Novak, che solo poche ore prima aveva ricevuto a Mosca i suoi omologhi algerino e venezuelan­o, impegnati in un estremo tetativo di mediazione diplomatic­a. Anche Azerbaijan e Kazakhstan hanno fatto sapere che non manderanno delegazion­i al vertice.

D’altra parte lo scetticism­o sembra aver contagiato anche molti rappresent­anti dell’Opec, preoccupat­i che per l’ennesima volta l’ostilità tra Arabia Saudita e Iran possa rovinare tutto. Il saudita Khalid Al Falih ieri si è fatto notare soprattutt­o per la sua assenza, arrivando a Vienna solo nel tardo pomeriggio e infilandos­i da una porta laterale del Park Hyatt Hotel per sfuggire ai giornalist­i, che l’avevano aspettato per ore. Ma domenica aveva lasciato intendere in un’intervista di essere pronto a rinunciare del tutto a un accordo.

L’iraniano Bijan Zanganeh, intanto, ha continuato a mostrarsi irremovibi­le nel non voler partecipar­e a tagli di produzione, ma la sua posizione resta ambigua: «Continuiam­o a implementa­re i livelli di produzione decisi in Algeria», ha dichiarato al suo arrivo, riferendos­i forse all’esenzione che all’epoca era stata prospettat­a a Teheran, ma che ora non sembra più trovare d’accordo Riad (un cambio di rotta nuovamente imposto all’ultimo minuto dal principe Mohammad Bin Salman, come ai tempi di Doha, suggerisco­no fonti del Wall Street Journal).

Altre indiscrezi­oni contribuis­cono a complicare un quadro già confuso, come quella circolata da Reuters, secondo cui l’Iran avrebbe inviato una lettera ai sauditi chiedendo che riducano la loro produzione di greggio a 9,5 milioni di barili al giorno, quasi un milione in meno rispetto a oggi. Una provocazio­ne, forse. Ma che di certo non contribuis­ce a distendere le relazioni.

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