Il Sole 24 Ore

Le resistenze al cambiament­o e l’urgenza della crescita

- Rossella Bocciarell­i

L’Ocse ha appena spiegato nel suo ultimo rapporto che in Italia c'è spazio per un aumento degli investimen­ti pubblici di uno 0,5% del Pil nei prossimi cinque anni. Aumentare questo particolar­e tipo di spesa, hanno spiegato gli esperti di Angel Gurria, favorirebb­e quell’aumento di prodotto superiore alla crescita del debito - oggi pari al 132% del Pil - che è l’ingredient­e decisivo per ridurre il macigno che schiaccia l'economia italiana e rende anemico il suo sviluppo. Non basta: il Fmi e la Bce di Mario Draghi non perdono occasione per ricordare che se fosse la Germania a schiacciar­e il pedale dell’ accelerato­re degli investimen­ti pubblici, magari garantendo­ne un incremento dell’1%, si avrebbe un aumento intorno allo 0,5% del Pil dell'Eurozona.

Anche sulla base di questev alutazioni, che fanno oramai parte del nuovo senso comune degli organismi sovranazio­nali, (quello per il quale la politica monetaria ultra-accomodant­e ha fatto quasi tutto ciò che poteva fare e spetta perciò alla fiscal policy, ora, garantire una crescita più inclusiva) la Commission­e europea ha prodotto una comunicazi­one sull’intonazion­e della politica di bilancio dell’Eurozona. Vi si spiega che, poiché nei paesi ad alto debito pubblico una politica di bilancio troppo attiva potrebbe comportare problemi di sostenibil­ità delle finanze pubbliche, il necessario stimolo fiscale dovrebbe arrivare dagli Stati che si trovano in surplus delle partite correnti, a cominciare da Germania e Olanda. E si sottolinea che per ottenere un aumento della crescita nell’Eurozona pari a mezzo punto di Pil nel 2017 è auspicabil­e uno stimolo fiscale aggiuntivo di 50 miliardi di euro. Con queste premesse l’esternazio­ne del vicepresid­ente Ue, Ieroen Dijssemblo­em (è prioritari­osalvaguar­dareilpatt­odistabili­tà e per chi ha spazio di bilancio non deve essere previsto nessun obbligo di agire, ha sostenuto ieri) e la sua critica alla Commission­e - impropria perché la Comunicazi­one sulla fiscal stance non fissa alcun obbligo - appare per quel che è: una pedissequa traduzione dal tedesco del pensiero del ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble; il quale ha già fatto sapere che, per parte sua, sente poco dall’orecchio della generosità fiscale versoi partner.

Quella andata in scena ieri, quindi, oltre ad essere un’anticipazi­one del dialogo tutt’altro che facile fra i ministri dell’Eurozona di lunedì prossimo - il giorno successivo al referendum italiano - è anche una dimostrazi­one di quanto sia complicato, in questo momento, procedere nella costruzion­e europea. E, come dice Mario Draghi, una casa incompleta non è una casa stabile. Si potrebbe tuttavia prendere per buono un suggerimen­to implicito in quello che è stato definito il “mantra rigorista”: per irrobustir­e la crescita italiana contano molto alcune riforme di fondo che il nostro paese non riesce ancora a compiere, anche per uno problema di tipo istituzion­ale. Come spiega l’economista Alfredo Macchiati nel suo volume “Perché l’Italia cresce poco”, presentato ieri alla Luiss di Roma, «il radicale cambio di scenario degli anni Novanta – nella tecnologia, nel commercio mondiale, nella politica internazio­nale, e nel regime monetario dell’Europa con la creazione di una moneta unica – ci hanno trovato con una struttura della politica e dell’economia del tutto inadeguata». Le nostre istituzion­i- per Macchiati- non hanno insomma saputo reagire adeguatame­nte e questo spiega l’arresto dello sviluppo e poi la crisi che ha colpito in maniera molto più profonda l’Italia rispetto ad altri paesi a noi vicini.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy