Renzi: i cittadini sceglieranno chi va in Senato
Il leader Dem apre alla proposta Chiti-Fornaro e conferma l’impegno a cambiare l’Italicum con le altre forze politiche
Il premier mostra il facsimile della scheda - «Dalla famiglia Riva 1,3 miliardi per risanare l’Ilva e Taranto»
pAlla fine Matteo Renzi tira pure fuori la scheda elettorale per eleggere i futuri senatori a vita («è un fac simile, per carità, sennò partono subito le polemiche») per contestare una delle critiche più frequenti dei sostenitori del No alla riforma del Senato e del Titolo V, quella secondo la quale non saranno gli elettori a scegliere i futuri componenti del Senato delle Autonomie. Così Renzi, nella sua veste di segretario del Pd, rinnova l’impegno di assumere il ddl presentato dai senatori dem Vannino Chiti (schierato per il Sì) e Federico Fornaro (schierato per il No) come testo base in Parlamento per le modalità di elezione dei futuri senatori: «Con questa legge - dice durante la diretta serale su Facebook - il cittadino potrà scegliere all’interno del suo partito quale consigliere regionale andrà in Senato. Si vota, non c’è nessun trucco e non c’è inganno».
Va ricordato che il sì al Ddl Chiti-Fornaro, del quale descriviamo in pagina i dettagli, era una delle condizioni poste la scorsa estate dalla minoranza bersaniana del Pd per il sì alla riforma in Parlamento (come poi è avvenuto) e al referendum (come poi non è avvenuto, visto che Pier Luigi Bersani e i parlamentari che fanno a lui riferimento sono schierati per il No). E anche Silvio Berlusconi, che come leader di Fi aveva dato indicazione ai suoi parlamentari di votare in favore della riforma nelle prime due votazioni (prima della rottura del patto del Nazareno), è tornato ieri sul tema del Senato: «Se passa il Sì un partito potrebbe non solo governare ma anche controllare il Senato, trasformato in un feudo del Pd, e scegliere le massime istituzioni di garanzia». Qui Berlusconi si riferisce da una parte al fatto che i Consigli regionali, all’interno dei quali saranno scelti i senatori, sono al momento nella gran parte (17 Regioni su 20) a maggioranza di centrosinistra; e dall’altra il riferimento è all’Itali- cum, che con il meccanismo del ballottaggio nazionale tra le prime due liste permetterebbe a un solo partito di conquistare la maggioranza al secondo turno. Come si ricorderà le modifiche all’Italicum erano la seconda condizione posta allora dalla minoranza del Pd per il proprio Sì al referendum. E nei giorni della Leopolda, a inizio mese, Renzi ha favorito un accordo interno al Pd - firmato anche dal leader della corrente Sinistra dem Gianni Cuperlo - che prevede alcune delle modifiche che erano state chieste tra cui il superamento del ballottaggio. Un documento interno al Pd, certo, e non un atto parlamentare come voleva la mi- noranza bersaniana. Ma Renzi rivendica quel documento come suo quando dice «confermo il mio impegno a cambiare l’Italicum e chiedo alle altre forze di farlo insieme». No «inciuci per fare un governo se vince il No», precisa, ma un invito a riscrivere insieme in ogni caso le regole del gioco.
Via via, nella diretta andata avanti fino alle 23, Renzi cerca di smontare «tutte le bufale» che i sostenitori del No propagandano. Dal fatto che il Capo dello Stato sarebbe eletto da un solo partito («ci vuole una maggioranza di tre quinti e quindi bisognerà per forza accordarsi su una figura bipartisan») al fatto che l’ormai famoso articolo 70, che specifica le competenze legislative del Senato delle Autonomie, è troppo lungo («in Usa e in Germania l’analogo articolo è molto più lungo, e la Costituzione non è Topolino...»). E non è un caso che Renzi continua a martellare, in questi giorni che mancano al voto di domenica prossima, sui contenuti della riforma costituzionale rifiutando di discutere degli scenari politici nel caso in cui vinca il No. «Vedi che tutti si stanno specializzando su grandi domande, io invito a stare sul quesito. In caso di difficoltà politiche la Costituzione stabilisce che sarà il capo dello Stato ad avere un ruolo di leadership». Punto.
Ed è proprio il merito quello che potrebbe in questi ultimi giorni spostare i consensi dei tanti indecisi (il 20 per cento, ha detto la ministra per le Riforme Maria Elena Boschi). Questo consigliano al premier tutti i sondaggisti. E come è noto è soprattutto il Sud il tallone d’Achille di Renzi. Da qui, anche, la “sorpresa” annunciata durante il giorno e arrivata in chiusura della diretta Facebook: «In queste ore si è conclusa la negoziazione tra famiglia Riva e Ilva e oltre un miliardo arriverà come compensazione grazie al lavoro di tutte le autorità. Questi soldi, alla fine quasi 1 miliardo e 300mila euro, andranno a risanare Taranto e l’Ilva».
BERLUSCONI «Se passa il sì, il Pd potrebbe governare e controllare il Senato, trasformato in un suo feudo, e scegliere le massime istituzioni di garanzia»