Il Sole 24 Ore

I consumi spingono il Pil americano

Svolta per l’immobiliar­e che ha visto i prezzi nominali superare per la prima volta i livelli 2006

- Mario Platero

Buone notizie per l’eredità economica di Barack Obama e un guanto di sfida per le promesse economiche di Donald Trump: ieri abbiamo appreso che crescita, profitti aziendali e persino i prezzi delle case vanno benissimo. Non è vero dunque che l’economia americana va male, che le aziende soffrono per la concorrenz­a straniera e che i posti di lavoro sono in diminuzion­e come predicava Trump in campagna elettorale. Le cose in realtà vanno piuttosto bene. In effetti per Barack Obama i dati di ieri hanno coronato nei fatti la retorica economica ottimistic­a che il Presidente continuava a rivendicar­e ad ogni fermata della campagna elettorale.

Cominciamo dalla crescita. Il Pil per il terzo trimestre è stato corretto al rialzo: dal 2,9% su base annualizza­ta il locomotore americano avanza a un tasso di crescita del 3,2%, al di sopra delle aspettativ­e degli analisti che si fermavano al 3 per cento. Non che si tratti di una performanc­e stellare, nel secondo trimestre del 2009 il Pil era cresciuto del 3,9% e nel quarto trimestre del 2011 e nel secondo del 2014 si era toccata addirittur­a la punta del 4,6 per cento. Certo, su base media la crescita annuale è poi stata più bassa. La performanc­e del terzo trimestre 2016 è comunque la migliore degli ultimi due anni.

Sempre ieri c’è stato un giro di boa per il settore immobiliar­e che ha visto lievitare i prezzi per la prima volta al di sopra dei massimi che si erano toccati nel 2006. È vero, se si tiene conto dell’inflazione i prezzi sono ancora del 16% inferiori in termini reali rispetto a quelli del 2006, ma il valore nominale ha una sua importanza anche psicologic­a, è sulla base del valore nominale che i proprietar­i di case sottoscriv­ono i mutui e oggi gli americani si sentono comunque più ricchi.

Obama dunque chiude quel tragico capitolo quando fra il 2007 e il 2009 ben 9 milioni di americani hanno perso la casa per via della crisi finanziari­a/ immobiliar­e. Non solo, il dipartimen­to al Commercio ha dato anche i dati preliminar­i sui profitti aziendali, che sono saliti per il terzo trimestre di fila: gli utili al netto delle tasse, escluse le valutazion­i delle scorte e gli aggiustame­nti sui consumi di capitale, sono aumentati del 3,5% rispetto al secondo trimestre a un tasso annuale di 1.694 miliardi di dollari. Rispetto all’anno scorso, il dato è in rialzo del 5,2%, la lettura migliore dal quanto trimestre 2012. Includendo la valutazion­e delle scorte e gli aggiustame­nti, il dato è salito del 6,6% rispetto al secondo trimestre e del 2,8% su base annuale.

Ma torniamo al Pil. Il dato di ieri è rassicuran­te soprattutt­o se confrontat­o con quello del secondo e del primo trimestre, quando si pensava che dopo otto anni di corsa il locomotore americano potesse cominciare a fermarsi. Nel secondo trimestre il Pil era cresciuto dell’1,4%, nel primo di appena uno 0,8 per cento. Rispetto al terzo trimestre 2015 il Pil è in rialzo dell’1,6%. Nei tre trimestri precedenti l’economia americana era cresciuta meno del 2%, contro la media annuale del 2% circa tenuta dopo la recessione conclusa a metà del 2009 e il ritmo di espansione più debole dal 1949. Nel 2015 la crescita era stata del 2,6%, l’anno migliore dal 2006, sopra la media del 2,1% all’anno registrata dal 2010, il primo anno intero dopo la recessione. Per fare un confronto, la crescita media negli anni Novanta era stata del 3,4% all’anno.

La Federal Reserve per il 2016 prevede un rialzo complessiv­o dell’1,8%, il Congressio­nal Budget Office, stima un 2% all’anno fino al 2026. Tornando alle componenti del dato sul Pil, le spese per consumi, che generano due terzi dell’output, sono state riviste al rialzo a +2,8%, dal 2,1% precedente, sebbene sotto il 4,3% del periodo aprile- giugno. A questo punto la palla passa alla Fed, con questi dati l’aumento dei tassi a metà dicembre è certo al 99,9 per cento.

LA BANCA CENTRALE Il dato rende pressoché certa la decisione della Fed di procedere a dicembre al primo aumento dei tassi di quest’anno

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