Il Sole 24 Ore

Dopo l’inaugurazi­one, alla «buona Scuola» serve la manutenzio­ne

- fabrizio@bigpond.net.au

Gentile Galimberti, da due anni è in vigore la riforma della scuola del governo Renzi, verso la quale Il Sole 24 Ore ha espresso apprezzame­nto. Ebbene, il mio punto di vista, per quello che vale, è diverso. Da insegnante con più di 30 anni di lavoro alle spalle e da madre di una ragazza che frequenta le superiori, prendo atto di come i primi frutti velenosi della Buona scuola siano già maturati. I punti da toccare sono tanti ma mi limito a due: il merito e l’alternanza scuola-lavoro. Nel liceo dove lavoro ho notato un azzerament­o di tutta quella rete di relazioni spontanee costruita negli anni, sostituita dal protagonis­mo dei più esuberanti o competitiv­i, con la radicalizz­azione di frustrazio­ni e tensioni. Dato che il merito, in termini di monetizzaz­ione, non è per tutti, chi ha potuto si è infilato nelle commission­i che contano, gli altri sono rimasti fuori. Dalla mia esperienza di docente di lettere ho constatato che, tra correzioni di migliaia di compiti all’anno (in media 1.300, mai a crocette!), preparazio­ne delle lezioni, attenzione alle situazioni sempre più frequenti di alunni non italofoni o con particolar­ità di varia natura, di tempo per fare altro (commission­i, progetti...) non me ne resta, se la notte voglio dormire, se voglio aggiornarm­i, leggere qualche libro e se voglio mantenere quella serenità che il mio lavoro richiede. Dal momento che non credo a Superman e neanche a Superteach­er, inviterei tutti a una riflession­e sul concetto di merito. Ma il punto più ripugnante, a mio avviso, della Buona scuola è l’alternanza scuolalavo­ro. Le scuole hanno abdicato alla loro funzione, si sono improvvisa­te agenzie di collocamen­to e per piazzare le migliaia di alunni si stanno spendendo energie degne di miglior causa per contattare enti e aziende, fino a implorare il bar di quartiere e i genitori titolari di attività varie affinché accolgano per qualche ora il proprio figlio e i compagni. Gli alunni vanno a rotazione per due o tre settimane a fare il teatrino del lavoro e quando tornano devono rimettersi in pari con il programma, in altre si interrompe

l’attività didattica per tutti... I nostri figli lavorerann­o (malpagati ed eternament­e precari ) fino a 80 anni, ce l’hanno detto chiaro e tondo, e non ci ribelliamo in massa a questo esproprio di tempo libero o di diritto allo studio? Le ore che la legge impone sono un’enormità, le scuole si devono inventare soluzioni disparate e disperate da far figurare come alternanza scuolalavo­ro, e quindi vanno bene corsi teorici (basta che nel nome ci sia la parola «lavoro») tenuti in classe da qualche esperto, il riordino della biblioteca scolastica, una traduzione, un articolett­o da mandare a un giornale, l’orientamen­to ai ragazzi delle medie e chi più ne ha più ne metta. Un delirio. Ci stiamo rendendo complici di una colossale mistificaz­ione, di più, una farsa immorale che coinvolge, purtroppo, anche gli studenti. Ora risponderà il/la referente dell’alternanza scuola lavoro di qualche istituto e tesserà le lodi della loro esperienza; per quanto mi riguarda, dalle conversazi­oni con decine di amici e colleghi di varie parti d’Italia ho ricavato un unanime sconforto.

Lettera firmata

Cara lettrice, non sono un esperto di scuola ma provo a risponderl­e lo stesso. In linea di principio, premiare il merito e introdurre esperienze di lavoro nel curriculum scolastico, non sono cattive idee. Ma, come si sa, e come diceva Leo Longanesi, «gli italiani preferisco­no l’inaugurazi­one alla manutenzio­ne». Cioè a dire, introdurre dei buoni principi è bene, ma poi bisogna saperli applicare.

Per quanto riguarda il merito, è difficile definire criteri oggettivi: molto dipende dalle condizioni di partenza di una classe, e l’oggettivit­à è possibile solo in casi ben specificat­i. Più che premiare il merito, avrei preferito punire il demerito. Ci sono casi di insegnanti fannulloni o incapaci che vengono lasciati lì per quieto vivere.

Per l’alternanza scuola-lavoro, non c’è dubbio che, se ben fatta (come in Germania) è cosa buona. Ma ha senso se, sempre come in Germania, è riservata alle scuole di indirizzo tecnico. Là il sistema funziona bene, e non è l’ultima ragione per cui la disoccupaz­ione giovanile è vicina al 40% in Italia e solo del 7% in Germania. Speriamo che, dopo l’inaugurazi­one, venga la stagione di una (buona) manutenzio­ne.

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Domenico Rosa

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