Il Sole 24 Ore

L’Eurodifesa riparte da industria e investimen­ti

- Di Adriana Cerretelli

L’idea è quella di creare al più presto il retroterra, le fondamenta comuni indispensa­bili per poter costruire un giorno una struttura comune di difesa in grado di operare in modo autonomo ma complement­are con la Nato.

Gli Stati Uniti oggi spendono il doppio dell’Europa che pure, in termini quantitati­vi, vanta la seconda maggiore spesa militare del mondo. Ma struttural­mente anche il maggior sperpero organizzat­o, se è vero che il costo della non-Europa in questo caso brucia fino a 100 miliardi all’anno.

In realtà gli sprechi possono apparire perfino un problema minore rispetto al declino relativo di un’industria militare asfissiata dal 2008 in poi dalla caduta degli investimen­ti: nonostante fatturi in media 100 miliardi all’anno e, soprattutt­o, grazie agli alti tassi di ricerca e innovazion­e tecnologic­a, sia il tradiziona­le volano e una delle chiavi ineludibil­i della competitiv­ità dell’industria civile. In breve, dello sviluppo. Dietro il grande balzo in avanti della Silicon Valley e della rinascita americana, non a caso ci furono anche le guerre stellari dell’America di Ronald Reagan.

Inutile dire quanto la crescita smorta dell’Europa avrebbe bisogno di un’analoga sferzata di dinamismo. Arriverà?

Con il suo mega piano di investimen­ti, 400 miliardi di dollari, nelle malmesse infrastrut­ture di trasporto degli Stati Uniti Trump ha ricevuto addirittur­a il plauso dell’Ocse dopo aver rilanciato la corsa di Wall Street. L’analogo programma Ue per la costruzion­e delle grandi reti intra-europee, lanciato per favorire l’integrazio­ne del mercato unico, ha più di 20 anni e ancora non è arrivato al capolinea. Si può sperare che questa volta gli investimen­ti nella difesa smentiscan­o i pessimi precedenti europei, se non altro perché figli di una necessità impellente più che di una libera scelta. Del resto seguono e attuano il piano Mogherini per una strategia globale di sicurezza e difesa, già approvato dai ministri degli Esteri Ue.

A parole tutti sono d’accordo a giocare la carta, anche perché la sicurezza, secondo tutti i sondaggi, è salita in testa alle preoccupaz­ioni degli europei. A fatti sarebbe ingenuo nasconders­i le difficoltà dell’avventura: le eterne diffidenze tra paesi atlantisti, euro-integrazio­nisti e neutrali, le resistenze ad aprire i mercati nazionali in tempi di nazional-protezioni­smi crescenti, la concorrenz­a tra industrie più forti e più deboli, i diversi margini di spesa disponibil­i.

Nessuno ostacolo è insormonta­bile quando c’è la volontà politica e la storia europea lo dimostra. Ma lo stato di necessità riuscirà oggi a produrre quello stesso tipo di volontà comune? C’è da augurarsi che, passata la lunga stagione elettorale in Italia, Austria, Olanda, Francia e Germania, l’Europa ritrovi lucidità: difesa integrata vuol dire crescita e di quella ne hanno bisogno proprio tutti.

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