Il Sole 24 Ore

Crisi di impresa, dietrofron­t sull’Iva

- Giulio Andreani e Angelo Tubelli

pPrima delle modifiche introdotte dalla legge 208/2015 (Legge di stabilità 2016), l’articolo 26, comma 2, del Dpr 633/1972 attribuiva al creditore di un’impresa insolvente la facoltà di recuperare l’Iva relativa al corrispett­ivo non incassato (in tutto o in parte) a causa di procedure concorsual­i o di procedure esecutive rimaste infruttuos­e, tramite emissione e registrazi­one di apposita nota di variazione in diminuzion­e. La formulazio­ne originaria di tale disposizio­ne (derivante dalla legge 30/1997) faceva riferiment­o al « mancato pagamento in tutto o in parte a causa dell’avvio di procedure concorsual­i o di procedure individual­i rimaste infruttuos­e», ma, solo qualche mese dopo la sua introduzio­ne, con la legge 140/1997 le parole «dell’avvio» furono eliminate.

Per l’amministra­zione finanziari­a (circolare 77/E/2000), con tale modifica il legislator­e avrebbe inteso precisare che presuppost­o dell’emissione della nota di variazione in diminuzion­e per assoggetta­mento del debitore a procedura concorsual­e era che questa fosse «rimasta infruttuos­a» e non che fosse stata solo avviata. Quindi, secondo le Entrate, il creditore avrebbe avuto diritto ad emettere la variazione: 1 nel fallimento, solo a seguito del piano di riparto finale o, in sua assenza, alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di chiusura della procedura; 1 nel concordato fallimenta­re, al momentodel­passaggioi­ngiudicato della sentenza di omologazio­ne; 1 nel concordato preventivo, solo al momento in cui il debitore conclude gli adempiment­i assunti con la domanda di concordato. La legge di stabilità 2016 ha radi- calmente modificato questo assetto, sancendo (con il nuovo comma 4 del citato articolo 26) che il diritto di effettuare la variazione in diminuzion­e in caso di mancato pagamento da parte del cessionari­o o committent­e spettava «a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggetta­to a una procedura concorsual­e». Tale novità normativa non ha peraltro trovato immediata attuazione, poiché la sua applicazio­ne venne limitata ai casi in cui il cessionari­o o committent­e fosse «assoggetta­to a una procedura concorsual­e successiva­mente al 31 dicembre 2016». Essa è ora destinata a non trovare applicazio­ne nemmeno in futuro, in quanto il disegno di legge di bilancio per il 2017 ne prevede l’integrale soppressio­ne. Quale sarà dunque, se la proposta di (nuova) modifica dell’articolo 26 sarà approvata, il presuppost­o per emettere la nota di variazione in diminuzion­e per mancato pagamento (totale o parziale) del corrispett­ivo della cessione o della prestazion­e effettuata nei confronti di un’impresa assoggetta­ta a una procedura concorsual­e? In base alla precedente interpreta­zione delle Entrate, tale presuppost­o dovrebbe essere costituito dalla conclusion­e infruttuos­a (per il creditore) della procedura, anche per le procedure “aperte” dal 1° gennaio 2017. Tuttavia nei concordati preventivi in cui la percentual­e di soddisfaci­mento è chiarament­e e definitiva­mente determinat­a fin dall’inizio, non si vede perché per emettere la nota di credito si dovrebbe attendere la completa esecuzione del concordato; in tal caso, infatti, l’entità del mancato incasso è nota sin dalla omologazio­ne del concordato e non può certo ridursi.

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