Crisi di impresa, dietrofront sull’Iva
pPrima delle modifiche introdotte dalla legge 208/2015 (Legge di stabilità 2016), l’articolo 26, comma 2, del Dpr 633/1972 attribuiva al creditore di un’impresa insolvente la facoltà di recuperare l’Iva relativa al corrispettivo non incassato (in tutto o in parte) a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose, tramite emissione e registrazione di apposita nota di variazione in diminuzione. La formulazione originaria di tale disposizione (derivante dalla legge 30/1997) faceva riferimento al « mancato pagamento in tutto o in parte a causa dell’avvio di procedure concorsuali o di procedure individuali rimaste infruttuose», ma, solo qualche mese dopo la sua introduzione, con la legge 140/1997 le parole «dell’avvio» furono eliminate.
Per l’amministrazione finanziaria (circolare 77/E/2000), con tale modifica il legislatore avrebbe inteso precisare che presupposto dell’emissione della nota di variazione in diminuzione per assoggettamento del debitore a procedura concorsuale era che questa fosse «rimasta infruttuosa» e non che fosse stata solo avviata. Quindi, secondo le Entrate, il creditore avrebbe avuto diritto ad emettere la variazione: 1 nel fallimento, solo a seguito del piano di riparto finale o, in sua assenza, alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di chiusura della procedura; 1 nel concordato fallimentare, al momentodelpassaggioingiudicato della sentenza di omologazione; 1 nel concordato preventivo, solo al momento in cui il debitore conclude gli adempimenti assunti con la domanda di concordato. La legge di stabilità 2016 ha radi- calmente modificato questo assetto, sancendo (con il nuovo comma 4 del citato articolo 26) che il diritto di effettuare la variazione in diminuzione in caso di mancato pagamento da parte del cessionario o committente spettava «a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale». Tale novità normativa non ha peraltro trovato immediata attuazione, poiché la sua applicazione venne limitata ai casi in cui il cessionario o committente fosse «assoggettato a una procedura concorsuale successivamente al 31 dicembre 2016». Essa è ora destinata a non trovare applicazione nemmeno in futuro, in quanto il disegno di legge di bilancio per il 2017 ne prevede l’integrale soppressione. Quale sarà dunque, se la proposta di (nuova) modifica dell’articolo 26 sarà approvata, il presupposto per emettere la nota di variazione in diminuzione per mancato pagamento (totale o parziale) del corrispettivo della cessione o della prestazione effettuata nei confronti di un’impresa assoggettata a una procedura concorsuale? In base alla precedente interpretazione delle Entrate, tale presupposto dovrebbe essere costituito dalla conclusione infruttuosa (per il creditore) della procedura, anche per le procedure “aperte” dal 1° gennaio 2017. Tuttavia nei concordati preventivi in cui la percentuale di soddisfacimento è chiaramente e definitivamente determinata fin dall’inizio, non si vede perché per emettere la nota di credito si dovrebbe attendere la completa esecuzione del concordato; in tal caso, infatti, l’entità del mancato incasso è nota sin dalla omologazione del concordato e non può certo ridursi.