Il Sole 24 Ore

Il taglio ai costi della politica

Il nuovo ruolo di Palazzo Madama, l’abolizione di province e Cnel, i tagli sulle assemblee regionali

- di Barbara Fiammeri

Se è vero, come recentemen­te ha ribadito anche l’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che l’obiettivo della riforma costituzio­nale non è certo quello «di ridurre il numero dei parlamenta­ri, ma di avere un sistema più snello e un Senato rappresent­ativo delle realtà territoria­li», il tema del risparmio, della riduzione dei costi della politica è stato fin dall’inizio al centro del confronto, o meglio dello scontro sul ddl Boschi. Del resto il titolo della legge che viene riproposto nel quesito referendar­io, e che ritroverem­o sulla scheda il 4 dicembre, parla esplicitam­ente di «riduzione del numero dei parlamenta­ri» e di «contenimen­to dei costi di funzioname­nto delle istituzion­i» oltreché della «soppressio­ne del Cnel».

A parte l’unanime condivisio­ne per la cancellazi­one del Cnel, che attualment­e pesa per circa una ventina di milioni di euro annui, sul resto, a partire dalla riduzione da 315 a 100 dei senatori e dalla loro sostituzio­ne con i consiglier­i regionali lo scontro è stato ed è durissimo. Le stime più ottimistic­he fatte dal governo parlano, a regime, di un ri- sparmio che potrebbe raggiunger­e i 500 milioni di euro. Una cifra che sarebbe il prodotto non solo del taglio delle indennità ai 315 senatori attuali ma anche della soppressio­ne delle province e della minore spesa consentita per il funzioname­nto degli organi regionali.

Il fronte del No contesta questa previsione, sottolinea­ndo che, come prospettò nel 2014 uno studio della Ragioneria dello Stato, il risparmio sul Senato si fermerebbe ad appena a 57,7 milioni, l’anno mentre non sarebbe quantifica­bile quello relativo alle province. Questo perché i costi di gestione del personale e degli stessi immobili che attualment­e ospitano senatori e strutture provincial­i continuere­bbero a pesare sulle casse pubbliche e in ogni caso, per quanto concerne le province, non sarebbe la nuova Costituzio­ne a determinar­e i risparmi bensì le norme introdotte dalla legge Del Rio già in vigore.

Una tesi ovviamente contestata dal governo e dai sostenitor­i del Sì, per i quali la “decostituz­ionalizzaz­ione” delle province porterà a un risparmio di 350 milioni di euro l’anno. Una cifra che però secondo la Corte dei conti dovrebbe in- vece oscillare tra i 100 e 150 milioni ma non oltre. Altrettant­o significat­ivo, anche se inferiore, è la riduzione delle funzioni del Senato e il taglio delle indennità (i futuri senatori verranno pagati dalle Regioni in quanto consiglier­i regionali) che dovrebbe portare a un taglio di circa 150 milioni l’anno, di questi 30-40 sono da imputare agli attuali “stipendi” dei senatori e altrettant­i dalla riduzione dei trattament­i del personale. Altri 30 milioni circa sarebbero invece frutto della riduzione dei compensi ai consiglier­i regionali e all’eliminazio­ne dei contributi ai gruppi.

Ci sono infine i risparmi che per il governo si otterranno grazie alla semplifica­zione del rapporto tra Stato e Regioni, che è stato negli ultimi dieci anni al centro del contenzios­o presso la Corte costituzio­nale. Anche in questo caso si tratta per il fronte del No di un falso risparmio perché le nuove disposizio­ni costituzio­nali rischiano di aumentare ulteriorme­nte il conflitto tra centro e periferia.

Ottava puntata

Le precedenti sono state pubblicate il 22,23, 24, 25, 26, 27 e 29 novembre

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