Niente tagli per la Libia, a rischio fallimento
pLa Libia, come la Nigeria, è stata esentata dai tagli produttivi dell’accordo Opec perché semplicemente è sull’orlo del collasso finanziario. Sembra incredibile che il Paese un tempo più ricco dell’Africa oggi sia sull’orlo del possibile fallimento ma questi sono i risultati di una guerra civile che sta divorando le ricchezze libiche. La Banca centrale può contare su poco più di 60 miliardi di dollari di riserve e se non viene ripresa l’esportazione dell’oro nero, nel giro di un anno le casse saranno vuote.
La Libia vive di idrocarburi. Nel 2012, secondo stime Fmi, petrolio e gas hanno rappresentato il 96% degli introiti statali e il 98% delle esportazioni. La riduzione delle attività estrattive ha portato nel 2011, anno della guerra civile e della fine di Gheddafi, a un calo del 62% del Pil. Negli anni successivi s’è registrata una parziale ripresa, annullata tuttavia nel 2014. La produzione di petrolio attuale è di circa 600mila barili al giorno, lontana dagli 1,4 milioni estratti durante il regime del Colonnello.
Ma qualche cosa si sta muovendo, mentre le milizie di Misurata, alleate del governo Al Sarraj, devono ancora prendere tutta la Sirte e le truppe del generale Khalifa Haftar, rivale di Tripoli, hanno lanciato un’offensiva contro gli islamisti di Bengasi. Qualche giorno fa una petroliera con 648mila barili di greggio è partita dal porto di Ras Lanuf verso Italia: è la prima in due anni. Una buona notizia per Haftar che ha occupato in settembre la zona strategica della Mezzaluna petrolifera a est del Golfo della Sirte. Haftar, al ritorno da un viaggio a Mosca, ha affermato che se verrà revocato l’embargo sulle armi potrebbe chiedere «l’assistenza di esperti russi». Mosca sta raggiungendo un accordo con l’Egitto per una base militare a Sidi Barrani, al confine con la Libia, e potrebbe quindi consolidarsi un asse Egitto-Haftar-Russia-Francia: questa per l’Italia, che sostiene il governo Al Sarraj in Tripolitania, dove ci sono terminali Eni e gasdotto, non è proprio un’ottima notizia ma forse il segnale che la spartizione della Libia in zone di influenza è sempre più vicina.