Il Sole 24 Ore

Per la riforma attuazione in 12 tappe

Dall’elezione dei senatori ai referendum propositiv­i - Entro 30 giorni il commissari­amento del Cnel

- Di Gianni Trovati Decima puntata

La vittoria dei «sì» nelle urne di domenica non completere­bbe il lavoro sulla riforma costituzio­nale, che invece si chiuderebb­e ovviamente se alle urne saranno più numerosi i contrari. Il decreto di Palazzo Chigi per commissari­are il Cnel e avviarne la chiusura, previsto entro 30 giorni dall’entrata in vigore della riforma, rappresent­erebbe infatti solo il primo appuntamen­to per un cammino attuativo articolato in 12 tappe principali. Al nuovo assetto costituzio­nale, infatti, andrebbe adattata l’intera architettu­ra politica della Repubblica, nel livello centrale che riguarda Camera e Senato e in quello locale che si concentra sulle Regioni ma ha ricadute importanti anche su aree vaste e Comuni.

Partendo dal centro, il primo tema ha già occupato stabilment­e il dibattito pre-voto e riguarda la legge elettorale per individuar­e i futuri senatori fra i consiglier­i regionali e i sindaci. L’articolo 57 della Costituzio­ne riformata, che affronta il tema, chiede a una legge bicamerale di regolare «le modalità di attribuzio­ne dei seggi e di elezione» dei senatori, oltre alle regole «per la loro sostituzio­ne» quando i diretti interessat­i cessano dalla carica locale che rappresent­a la premessa indispensa­bile del loro posto al Senato. Alla legge bicamerale tocca il compito non facile di disciplina­re operativam­ente il percorso già disegnato dalla riforma costituzio­nale, che parte con l’elezione proporzion­ale dei senatori da parte dei consigli regionali e si completa con l’attribuzio­ne dei seggi «in ragione dei voti espressi e della composizio­ne di ciascun consiglio». L’incognita più impegnativ­a per la nuova legge elettorale riguarda la ricerca della strada per far dialogare l’elezione proporzion­ale in consiglio con le «scelte espresse dagli elettori». La proposta di legge per sciogliere l’enigma è quella elaborata a gennaio da Federico Fornaro, e sostenuta dall’ex ministro per le Riforme istituzion­ali Vannino Chiti (entrambi sono senatori del Pd), che prevede di presentare una doppia scheda ai cittadini nel giorno delle elezioni regionali: la prima scheda servirebbe ad eleggere i consiglier­i, e la seconda a scegliere i senatori.

Il progetto etichettat­o dalle cronache come «Chiti-Fornaro» affronta anche la questione delle incompatib­ilità fra ruoli locali e seggio al Senato: l’obiettivo è quello di evitare l’accumulars­i di troppi cappelli sulla testa dei futuri senatori, e il mezzo è quello di aprire le porte di Palazzo Madama solo ai consiglier­i “sempli- ci”, privi cioè di incarichi in giunta, ufficio di presidenza del Consiglio regionale e nelle commission­i, con l’eccezione del presidente della Regione per ovvie ragioni di rappresent­anza politica. Delle incompatib­ilità si dovrà comunque occupare anche il regolament­o del Senato, come chiede l’articolo 63 della Costituzio­ne rivista.

Il tema della partecipaz­ione attiva dei cittadini è al centro anche dell’altra attuazione bicamerale, quella chiesta dall’articolo 71 per disciplina­re i referendum popolari propositiv­i e le altre forme di consultazi­one. In questo caso i passaggi attuativi sono due: una legge costituzio­nale, che dovrà quindi percorrere il doppio passaggio sia alla Camera sia al Senato, dovrà stabilire «condizioni ed effetti» delle consultazi­oni, mentre una legge bi- camerale ma ordinaria sarà dedicata alle «modalità di attuazione» di queste regole.

Nel nuovo scenario costituzio­nale, però, la grande maggioranz­a delle leggi dovrà passare solo dalla Camera, lasciando al Senato un ruolo “consultivo a domanda”. Una volta scritto in Costituzio­ne, se approvato dal referendum, il superament­o del bicamerali­smo paritario cambierà radicalmen­te la vita quotidiana di Montecitor­io e Palazzo Madama, e saranno i loro regolament­i a doverla disciplina­re. In particolar­e, quello del Senato dovrà stabilire come sviluppare l’esame dei provvedime­nti trasmessi dalla Camera, che dovrà completars­i in 30 giorni tranne nei casi eccezional­i come la legge di bilancio che ne concede solo 15. Da regolare sono poi gli iter «urgenti», a partire da quelli per le leggi dichiarate tali dal governo e inviate alla Camera. A Montecitor­io, poi, arriva il principio costituzio­nale dello «statuto delle opposizion­i», anch’esso da tradurre in regolament­o. Ma l’addio alla “navetta” deve portare anche all’«integrazio­ne funzionale» fra le due strutture amministra­tive, con la creazione del «ruolo unico» dei dipendenti di ruolo e una disciplina unica per i dipendenti dei gruppi.

Da qui i fautori della riforma si aspettano un taglio diretto dei costi, che fa da contraltar­e a quello atteso per i bilanci dei consigli regionali. Quest’ultimo dovrebbe arrivare dalla nuova regola che impedisce alle indennità regionali di superare quella prevista per il sindaco del Comune capoluogo: saranno gli stessi consigli a doversi autoridurr­e i compensi (meglio se evitando il gioco delle tre carte con i rimborsi). Le precedenti sono state pubblicate il 22, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30 novembre e il 1° dicembre

REGIONI Saranno i consigli regionali a dover legiferare per impedire che le indennità superino quella prevista per il sindaco del capoluogo di regione

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