Per la riforma attuazione in 12 tappe
Dall’elezione dei senatori ai referendum propositivi - Entro 30 giorni il commissariamento del Cnel
La vittoria dei «sì» nelle urne di domenica non completerebbe il lavoro sulla riforma costituzionale, che invece si chiuderebbe ovviamente se alle urne saranno più numerosi i contrari. Il decreto di Palazzo Chigi per commissariare il Cnel e avviarne la chiusura, previsto entro 30 giorni dall’entrata in vigore della riforma, rappresenterebbe infatti solo il primo appuntamento per un cammino attuativo articolato in 12 tappe principali. Al nuovo assetto costituzionale, infatti, andrebbe adattata l’intera architettura politica della Repubblica, nel livello centrale che riguarda Camera e Senato e in quello locale che si concentra sulle Regioni ma ha ricadute importanti anche su aree vaste e Comuni.
Partendo dal centro, il primo tema ha già occupato stabilmente il dibattito pre-voto e riguarda la legge elettorale per individuare i futuri senatori fra i consiglieri regionali e i sindaci. L’articolo 57 della Costituzione riformata, che affronta il tema, chiede a una legge bicamerale di regolare «le modalità di attribuzione dei seggi e di elezione» dei senatori, oltre alle regole «per la loro sostituzione» quando i diretti interessati cessano dalla carica locale che rappresenta la premessa indispensabile del loro posto al Senato. Alla legge bicamerale tocca il compito non facile di disciplinare operativamente il percorso già disegnato dalla riforma costituzionale, che parte con l’elezione proporzionale dei senatori da parte dei consigli regionali e si completa con l’attribuzione dei seggi «in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun consiglio». L’incognita più impegnativa per la nuova legge elettorale riguarda la ricerca della strada per far dialogare l’elezione proporzionale in consiglio con le «scelte espresse dagli elettori». La proposta di legge per sciogliere l’enigma è quella elaborata a gennaio da Federico Fornaro, e sostenuta dall’ex ministro per le Riforme istituzionali Vannino Chiti (entrambi sono senatori del Pd), che prevede di presentare una doppia scheda ai cittadini nel giorno delle elezioni regionali: la prima scheda servirebbe ad eleggere i consiglieri, e la seconda a scegliere i senatori.
Il progetto etichettato dalle cronache come «Chiti-Fornaro» affronta anche la questione delle incompatibilità fra ruoli locali e seggio al Senato: l’obiettivo è quello di evitare l’accumularsi di troppi cappelli sulla testa dei futuri senatori, e il mezzo è quello di aprire le porte di Palazzo Madama solo ai consiglieri “sempli- ci”, privi cioè di incarichi in giunta, ufficio di presidenza del Consiglio regionale e nelle commissioni, con l’eccezione del presidente della Regione per ovvie ragioni di rappresentanza politica. Delle incompatibilità si dovrà comunque occupare anche il regolamento del Senato, come chiede l’articolo 63 della Costituzione rivista.
Il tema della partecipazione attiva dei cittadini è al centro anche dell’altra attuazione bicamerale, quella chiesta dall’articolo 71 per disciplinare i referendum popolari propositivi e le altre forme di consultazione. In questo caso i passaggi attuativi sono due: una legge costituzionale, che dovrà quindi percorrere il doppio passaggio sia alla Camera sia al Senato, dovrà stabilire «condizioni ed effetti» delle consultazioni, mentre una legge bi- camerale ma ordinaria sarà dedicata alle «modalità di attuazione» di queste regole.
Nel nuovo scenario costituzionale, però, la grande maggioranza delle leggi dovrà passare solo dalla Camera, lasciando al Senato un ruolo “consultivo a domanda”. Una volta scritto in Costituzione, se approvato dal referendum, il superamento del bicameralismo paritario cambierà radicalmente la vita quotidiana di Montecitorio e Palazzo Madama, e saranno i loro regolamenti a doverla disciplinare. In particolare, quello del Senato dovrà stabilire come sviluppare l’esame dei provvedimenti trasmessi dalla Camera, che dovrà completarsi in 30 giorni tranne nei casi eccezionali come la legge di bilancio che ne concede solo 15. Da regolare sono poi gli iter «urgenti», a partire da quelli per le leggi dichiarate tali dal governo e inviate alla Camera. A Montecitorio, poi, arriva il principio costituzionale dello «statuto delle opposizioni», anch’esso da tradurre in regolamento. Ma l’addio alla “navetta” deve portare anche all’«integrazione funzionale» fra le due strutture amministrative, con la creazione del «ruolo unico» dei dipendenti di ruolo e una disciplina unica per i dipendenti dei gruppi.
Da qui i fautori della riforma si aspettano un taglio diretto dei costi, che fa da contraltare a quello atteso per i bilanci dei consigli regionali. Quest’ultimo dovrebbe arrivare dalla nuova regola che impedisce alle indennità regionali di superare quella prevista per il sindaco del Comune capoluogo: saranno gli stessi consigli a doversi autoridurre i compensi (meglio se evitando il gioco delle tre carte con i rimborsi). Le precedenti sono state pubblicate il 22, 23, 24, 25, 26, 27, 29, 30 novembre e il 1° dicembre
REGIONI Saranno i consigli regionali a dover legiferare per impedire che le indennità superino quella prevista per il sindaco del capoluogo di regione