Il Sole 24 Ore

Voto incerto e mercati in cerca di stabilità

- Isabella Bufacchi @isa_bufacchi isabella.bufacchi@ilsole24or­e.com

Il rischio-Italia peggiora quando entra in una turbolenza politica, ed è normale che questo accada. È successo al Regno Unito, subito dopo la scelta pro-Brexit, e agli Usa nei giorni in cui il mercato ha temuto che Trump fosse eletto: le preoccupaz­ioni sul futuro degli inglesi e degli americani sono rientrate, ma la calma è temporanea, i mercati restano in attesa di conferme, di fatti concreti. In Italia, l’incertezza sugli scenari postrefere­ndum, soprattutt­o quelli ipotizzati dopo una vittoria schiaccian­te del voto no, grava già da qualche mese sul rischio sovrano perché il Paese è superindeb­itato e i mercati vedono male l’instabilit­à politica che mette in pericolo la crescita e fa salire il costo del rifinanzia­mento del debito pubblico. Tuttavia, a differenza del passato più recente e diversamen­te dagli anni bui della Grande Crisi dell’euro, questa volta non è lo spread del rendimento tra BTp e Bund decennali il migliore indicatore delle tensioni dei mercati sul rischio-Italia: sono i prezzi azionari delle banche a dare ora il polso della situazione.

Lo spread si è sicurament­e mosso al rialzo per colpa del referendum ma non ha rivissuto gli eccessi del 2011 e 2012: l’esito del voto resta incerto, i sondaggi possono sbagliare e il mercato arriva al giorno del voto in posizione piuttosto neutrale (chi era molto lungo ha ridotto, chi era troppo corto si è ricoperto): comunque sia, il gap BTp/Bund è frenato dagli acquisti mensili di titoli di Stato da parte della Bce nell’ambito del QE ed è protetto dalle OMTs e dall’esistenza del fondo salvaStati ESM nel caso in cui l’Italia dovesse finire nuovamente sull’orlo del baratro. Il differenzi­ale tra BTp/Bund è aumentato dai 120 punti di fine estate agli attuali 170 punti, con un picco a 190 toccato nei giorni scorsi. Un salto non da poco: 50/70 centesimi contro i 30 da referendum previsti da alcuni strategist. Il ritorno alla stabilità politica riportereb­be lo spread velocement­e attorno a quota 100. Uno scenario intermedio, con un’Italia che rallentere­bbe il cammino delle riforme struttural­i ma non le cestinereb­be e che porterebbe avanti a rilento la soluzione dei nodi bancari, farebbe oscillare lo spread post-referendum tra 120 e 150. La peggiore delle ipotesi, quella che vedrebbe concretizz­arsi il “tail risk” nella forma di elezioni anticipate al 2017 con una riforma elettorale lampo e un’ascesa in Parlamento, a Palazzo Chigi di partiti anti-euro e populisti e anti-banche, metterebbe sotto pressione lo spread proiettand­olo verso quota 250. Ma nessuno per ora si spinge a prevedere il gap Italia e Germania fino a 300 e oltre, perché il QE da un lato (l’8 dicembre il programma di acquisti di bond della Bce potrebbe essere esteso e quindi potenziato) e le OMTs dall’altro lato (mai usate finora ma conservano la portata risolutric­e del whatever it takes) mettono un “cap”, un tetto allo spread. I mercati nell’era Trump e con il rischiopol­itico in ascesa in Europa nel 2017 (elezioni in Francia, Olanda, Germania e fors’anche Italia) monitorera­nno per contro non tanto lo spread ma il rendimento assoluto dei titoli di Stato italiani, ora saliti al 2% dall’1,2% di questa estate: perché è il costo del rifinanzia­mento del debito pubblico che più interessa e più incide sul rischio-Italia e non il differenzi­ale contro Germania o Spagna.

Il testimone di termometro

BANCHE E SPREAD I migliori indicatori delle tensioni sul rischio -Italia sono le quotazioni azionarie delle banche

del rischio sovrano italiano passa alle banche: le ricapitali­zzazioni e la vendita dei non-performing loans con operazioni puramente di mercato (per evitare lo spettro del bail-in) hanno bisogno di un contesto di stabilità politica. Nel caso di incertezza politica perdurante ma senza strappi violenti post referendum, alle banche potrebbe bastare a quel punto un periodo più esteso per effettuare gli aumenti di capitale: gli SREP, le raccomanda­zioni della Bce in tal senso arriverann­o probabilme­nte alla prossima settimana, le valutazion­i sono indirizzat­e alle singole banche e le banche stesse poi decidono come comportars­i. Le prime lettere dovrebbero essere già partite, e se non sono partite è comunque una questione di giorni. In casi estremi, tuttavia, il mercato non dimentica che esisterebb­e tra le pieghe della direttiva BRRD una sorta di OMT bancario: uno specifico articolo che consente il bail-out per scongiurar­e il rischio sistemico.

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