«Niente premi alla presenza ma più spazi alle Pa migliori»
Sottosegretario alla Pa
p «Non ci sarà nessun premio individuale alla presenza. L’accordo punta a incentivare maggiori tassi di presenza offrendo alle amministrazioni che ci riescono più flessibilità nella gestione dei fondi decentrati, nell’ottica della corresponsabilità che guida tutto l’impianto dell’intesa » . Angelo Rughetti, il sottosegretario alla Pa che insieme alla ministra Marianna Madia ha condotto in porto l’accordo con i sindacati su contratti e riforma del pubblico impiego, il giorno dopo la firma precisa le ricadute operative dell’intesa, e ne rilancia il significato politico. «Entrambe le parti hanno dato un giudizio fortemente positivo dell’accordo. L’anomalia, buona, nasce dalla consapevolezza reciproca che la Pa è uno snodo fondamentale per i diritti dei cittadini e la crescita del Paese. Questa consapevolezza deve produrre responsabilità condivise».
Siamo tornati alla concertazione?
Stiamo al merito. Dalla riforma Brunetta in poi la Pa è stata considerata un soggetto da controllare e non da promuovere; da questa sfiducia è nata la tendenza a legificare tutto, ma non mi pare che i servizi siano migliorati. Ora rimettiamo l’amministrazione al centro con tre mosse: le riforme, le risorse e la valorizzazione del capitale umano. È una visione più di sinistra, perché servizi pubblici efficaci servono soprattutto alle fasce deboli della popolazione, e si traduce in obiettivi che puntano a migliorare la produttività.
Ma la riforma è stata colpita dalla sentenza della Consulta.
Con danni enormi. Pensiamo al trasporto locale: la manovra mette 3,5 miliardi per finanziare il fondo di settore e il rinnovo dei mezzi, ma senza decreto quelle risorse si bloccano. Cercheremo di recuperare una parte dei contenuti in manovra o con un disegno di legge autonomo. Lo valuterà il consiglio dei ministri. È chiaro che l’obbligo di unanimità dà spazio alle opposizioni strumentali, come quella della regione Veneto. Sulla riforma Delrio, per esempio, il Veneto ha impu- gnato senza successo prima la legge, poi i decreti e infine addirittura la circolare attuativa. Anche questo spiega il significato del referendum.
Torniamo all’accordo e alla produttività. Può essere sinonimo di «presenza in ufficio»?
Certo che no. Partiamo da un dato: nel 2014 nella Pa si sono registrati 20 giorni di assenza media per dipendente, nel 2015 l’Inps ci dice che sono cresciuti di un altro 5%, quindi c’è un problema, ora esplicitamente riconosciuto anche dai sindacati. Chiediamo alle amministrazioni di invertire la rotta, e le “premiamo”, in termini di minori vincoli e controlli sul fondo decentrato, se raggiungono l’obiettivo.
L’altro punto di confronto ha riguardato l’incrocio con gli 80 euro. Come saranno compensati i dipendenti che li perdono?
Le compensazioni saranno economiche, e annulleranno l’effetto, con risorse che arriveranno dal finanziamento complessivo per l’operazione.
E sul welfare aziendale, quali sono gli obiettivi?
È la parte più innovativa dell’accordo, e va costruita nella contrattazione. Pensiamo a prestazioni aggiuntive, dal trasporto scolastico all’assistenza a genitori anziani, da dedicare ai dipendenti a prezzi azzerati o molto scontati. I piani di welfare usciranno dalle stanze dei singoli enti per essere costruiti sui territori insieme ai privati. È un’altra declinazione della responsabilità condivisa.
«Sul welfare pensiamo a prestazioni per dipendenti e famiglie come il trasporto scolastico»