Logistica, l’Italia spreca 10 miliardi
Allarme di Federagenti
«L’Italia butta alle ortiche, per inefficienza del settore trasporti e logistica e per la dipendenza da operatori stranieri, un quinto del surplus commerciale dell’industria. Dieci miliardi che sono regalati a trasportatori logistici stranieri che operano al servizio dell’economia italiana».
A lanciare l’allarme è stato ieri a Roma, all’assemblea nazionale di Federagenti, il leader dell’associazione, Gian Enzo Duci, il quale ha presentato un’elaborazione di alcuni dati recenti delle Nazioni Unite. «L’Italia - ha det- to - regala gran parte del suo fatturato trasporti a operatori esteri». Un segnale di pericolo arrivato proprio nelle ore in cui è stata ufficializzato l’avvio dell’ennesima grande operazione di acquisizione da parte di due big dello shipping. Il gruppo danese Maersk, numero uno al mondo nel settore container, ha annunciato di aver stretto un accordo per acquisire la tedesca Hamburg Sud (settimo operatore del comparto). Una strategia che potrà avere ricadute anche sull’Italia, dove entrambe le compagnie hanno diversi uffici (la Hamburg a Genova, Livorno e Salerno). Con questa mossa Maersk porterà la sua flotta portacontainer a oltre 740 unità per una capacitaà di circa 3,8 milioni di teu (container da 20 piedi).
Nel 2005, ha sottolineato Duci, l’Italia «esportava quasi 15 miliardi di euro di servizi di trasporto e ne importava 21,5 miliardi. Nel 2015 le esportazioni, e quindi la capacità degli operatori italiani di penetrare altri mercati, è calata a 14,5 miliardi mentre le im- portazioni sono balzate a 24,3 miliardi. La forbice è, per l’appunto, di quasi 10 miliardi». L’Olanda, ha poi ricordato il numero uno degli agenti marittimi, «è Paese leader nella logistica, e ha una bilancia commerciale dei trasporti attiva per 15 miliardi. La Germania paga un prezzo analogo al nostro, con uno squilibrio di 10 miliardi nella bilancia-trasporti; in un quadro, però, totalmente differente, che vede la logistica generare almeno quattro volte il numero di posti di lavoro dell’Italia». In un momento di sostanziale stasi del commercio mondiale via mare (+2,1% nel 2015 rispetto al 2014), ha sottolineato Duci, «le cose rischiano di peggiorare rapidamente: le grandi aggregazioni e concentrazioni stanno rivelando il loro reale significato, in molti casi dietro a esse si celano decisioni dirigistiche di governi che cambiano radicalmente gli assetti concorrenziali del mercato».
Un esempio «è la Cina che, con la strategia one belt one road (cioè la rete che comprende i Paesi e i porti della nuova Via della seta, si veda Il Sole 24 Ore del 29 novembre, ndr), e con gli investimenti strategici, punta a rafforzare quel 9,6 del Pil (970 miliardi di dollari) che è già generato dal solo settore marittimo e portuale». L’Italia, ha detto Duci, deve essere in grado di presentarsi come sistema (e non a caso all’assemblea erano presenti anche Confindustria, Confetra e Confcommercio) a un mercato che «per l’ennesima volta propone opportunità irripetibili: un report presentato in questi giorni a Rotterdam dallo studio di consulenza Mds - ha spiegato – prefigura eccezionali opportunità per il Mediterraneo. Sino a pochi anni fa, infatti, la spedizione di un container, via Trieste, per il Far East costava 158 dollari in più rispetto alla spedizione via Rotterdam; con gli assetti e le alleanze previsti per il 2017, Trieste sarebbe, per la Baviera, più conveniente di ben 380 dollari».
GRANDI ACQUISIZIONI I danesi di Maersk hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per l’acquisto della tedesca Hamburg Sud