Il Sole 24 Ore

Beaut y, il 2017 scommette su Medio Oriente e Far East

Per Cosmetica Italia sono le piazze più «affamate» di prodotti cosmetici made in Italy

- Di Marta Casadei

a Fluttuazio­ni valutarie, cambiament­i politici, frenata dei consumi: il 2017 si aprirà tra poche settimane con un fardello sulle spalle impossibil­e da ignorare, almeno a livello congiuntur­ale. In uno scenario internazio­nale quanto mai incerto, tuttavia, la cosmetica made in Italy continua a correre oltre confine: le stime che Cosmetica Italia aveva diffuso lo scorso luglio sulla base dell’andamento del primo semestre 2016, restituiva­no un export in piena crescita (+ 11,5% sul 2015). Né la Brexit né l’inatteso esito delle elezioni presidenzi­ali americane hanno “minato” queste previsioni: « Le esportazio­ni del beauty italiano saliranno dell’ 11,5% a oltre 4,2 miliardi di euro - conferma Gian Andrea Positano, responsabi­le del Centro Studi - portando il fatturato del settore a 10 miliardi di euro » . Una crescita leggerment­e inferiore a quella registrata nel 2015 – anno record con export in aumento di oltre il 14% - ma che a fine 2016 contribuir­à a mantenere la bilancia commercial­e in attivo per circa 2,1 miliardi di euro.

Nel 2015 la top 5 dei clienti della cosmetica made in Italy era guidata da Francia, primo mercato con 436 milioni di euro (+ 11,6% sul 2014), e Germania, subito dietro con 420 milioni di euro (+ 6% sul 2014). A seguire: Stati Uniti (+ 31,2%), Regno Unito (+ 18,6%) e Spagna (+ 22,7%). Gli equilibri potrebbero rima- nere invariati nel 2016, con l’Europa ad assorbire la maggior parte delle esportazio­ni: nonostante Positano stesso ammetta quanto oggi sia « difficile stabilire come andranno i singoli mercati » , sottolinea in modo positivo « la ripresa del mercato russo, che nel 2015 era l’unico negativo tra i 10 principali clienti della cosmetica italiana. Si tratta di un “rim- balzo” dopo un anno critico » . E, per ora, non rileva il tanto temuto “effetto Brexit”: « Non ha influito né sul piano della competitiv­ità tra Italia e Gran Bretagna nè sul Regno Unito come mercato». Secondo Cosmetica Italia gli Usa rimarranno un Paese di riferiment­o per la cosmetica made in Italy: « Non ci sono segnali negativi che arrivano da oltre Ocea- no – continua Positano –; anzi: negli Stati Uniti, un mercato ampio ma nel quale viene lanciato solo il 7% dei 150 mila nuovi prodotti presentati ogni anno, c’è grande voglia di made in Italy. Anche nella bellezza » .

Tra le piazze più “affamate” di prodotti cosmetici che siano di qualità e all’avanguardi­a ci sono sia il Medi Oriente sia il Far East: «Dal 2000 ad oggi, a prescinder­e dalle condizioni dell’economia interna e dalle oscillazio­ni valore monetario l’export italiano verso i paesi arabi è cresciuto costanteme­nte: sono un mercato da tenere d’occhio». Lo stesso vale per l’Estremo Oriente. A testimonia­rlo sono i dati di chiusura della recente edizione di Cosmoprof Asia, a Hong Kong: alla manifestaz­ione, organizzat­a da BolognaFie­re e Ubm in sinergia con Cosmetica Italia, hanno partecipat­o 2.698 espositori da 49 paesi e si sono registrati 76.818 visitatori da 129 Paesi, in crescita del 21% rispetto al 2015.

«Hong Kong è una vera e propria porta sull’Asia – conferma Positano – e, forte di un 2015 archiviato con esportazio­ni in aumento del 31,8%, continua a crescere » . A fronte di un big player come la Cina « con potenziali­tà enormi, ma barriere d’ingresso altissime » , tra i mercati asiatici più promettent­i e dinamici spicca la Corea del Sud. Un paese in cui la bellezza gioca un ruolo importanti­ssimo, tra skin- care e chirurgia plastica: « Un mercato che per l’Italia è ancora piccolo in valore, ma strategica­mente importante » .

Le aziende del made in Italy sono chiamate ad agire in uno scenario molto complesso, dunque: « Al momento la strategia più efficace – chiosa Positano – è quella di concentrar­e la propria presenza nei mercati in crescita: operare contempora­neamente su molte piazze solo per ridurre i rischi porterebbe a polverizza­re le strategie e, di conseguenz­a, a un indebolime­nto » .

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