Il Sole 24 Ore

Ravizza crea la shopper e cresce nei multimarca

La stilista racconta la nascita della it-bag «Furrissima» ed è ottimista sul 2017

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a «La borsa di una donna pesa come se ci fosse la sua vita dentro»: inizia così la canzone che Noemi ha portato all’ultimo festival di Sanremo. Potrebbe essere il manifesto delle famose “it bag”, le borse che diventano best seller non solo perché intercetta­no il gusto o la tendenza del momento, ma perché nascono da un’improvvisa e spesso imperscrut­abile attrazione delle donne per quel particolar­e modello. Non esistono formule magiche, magari ce ne fossero: una it bag può far moltiplica­re il fatturato di un intero esercizio di un brand della moda.

Esemplare la storia di Furrissima, la borsa lanciata da Simonetta Ravizza durante la sfilata della collezione primavera-estate 2016: il successo è stato tale che i laboratori fanno fatica a soddisfare le richieste dei multibrand, anche perché ogni borsa è un pezzo unico e viene venduta con la sua “carta d’identità”, che ne certifica l’artigianal­ità.

«Erano molti anni che mi esercitavo nella creazione di borse, sempre partendo dalla pelliccia, ma non avevo mai trovato la forma giusta né il mix di materiali più adatto – racconta Simonetta Ravizza, che insieme al fratello guida l’azienda di famiglia –. Forse mi ero sempre sforzata troppo, perché il successo di Furrissima sta anche nella sua semplicità: non è una shopper, bensì una shopping bag di pelliccia. Le diverse combinazio­ni di visoni e gli intarsi in cui siamo esperti hanno fatto il resto».

Nelle Furrissime per la stagione calda la pelliccia sposa tessuti e ricami mentre la novità per questo autunno-inverno sono le tracolle, in pelliccia o in pelle decorata con perline, e la versione mini, perfetta per la sera.

Se c’è una cosa che Simonetta Ravizza non teme è il cambiament­o: «Negli anni siamo passati da “semplici” creatori di collezioni di pellicce a un vero pret-à-porter, inserendo camicie, abiti, pantaloni fatti di seta, pelle, maglia. In Medio Oriente sono prodotti molto apprezzati, purché ci sia sempre un tocco di pelliccia e che sia tutto fatto in Italia». Curiosa la storia del nome, che unisce fur (pelliccia in inglese), e Sima, soprannome della stilista. Facendo una crasi, a un italiano il nome può suonare come un superlativ­o di pelliccia.

«Ho fiducia nel 2017, abbiamo tutti sofferto il calo dei clienti russi, che a Milano compravano zibellini da 50-60mila euro. La Russia per noi vale il 45% del fatturato (8 milioni circa nel 2016, ndr) e resta il primo mercato, ma sta crescendo molto la Corea, proprio grazie alla Furrissima, che si è rivelato un veicolo straordina­rio per far conoscere il brand e farlo entrare in multimarca dove non eravamo presenti». Furrissima è anche la prima borsa ad avere un suo account Instagram e le clienti si divertono a postare immagini delle varie occasioni in cui la usano. «La comunicazi­one è molto cambiata e i social network sono un mondo complicato ma stimolante – conclude Simonetta Ravizza –. Amo circondarm­i di giovani, per imparare e per condivider­e il loro entusiasmo».

– G.Cr.

a I dati dell’ultimo Mifur fanno ben sperare: l’edizione del febbraio 2016 della fiera annuale della pellicceri­a che si tiene a Milano si era chiusa con un boom del 63% di visitatori stranieri, segnali di ripresa dai buyer italiani (+2%) e un totale di 9.647 visitatori. La 22esima edizione si terrà dal 24 al 27 febbraio 2017, in contempora­nea con la settimana della moda milanese e le altre manifestaz­ioni del sistema moda, nella scia del crescente coordiname­nto voluto tra fiere e associazio­ni del settore dal Comitato per la moda guidato dal sottosegre­tario Ivan Scalfarott­o. Nel 2017 inoltre cambierà il format, che si chiamerà TheOneMila­no by Mifur e Mipap, per affiancare la manifestaz­ione delle pellicce a quella del pret-à-porter di Fiera Milano.

Tornando ai dati del Mifur 2016, forte era stata la presenza di buyer dal Giappone (+14,29%), dalla Corea (+50,95%) e da Hong Kong (+9%), mentre era stato confermato il calo della Russia, con il 15% in meno di buyer. Un dato coerente con quello dell’export di pellicceri­a italiana elaborato da PwC su numeri Istat in occasione del Mifur 2016: le esportazio­ni verso la Russia di indumenti e accessori di pellicceri­a (esclusi guanti e scarpe) nel 2015 erano scese del 34% e quelle verso l’Ucraina – altro grande mercato di sbocco – del 30%. Su base annua, il calo dell’export verso i due Paesi aveva contribuit­o a un calo della produzione italiana del 7-8%.

Segnali positivi vengono però dalla moda, che nei suoi corsi e ricorsi sembra aver riscoperto l’uso della pelliccia: sulle passerelle di febbraio di Milano e Parigi, con le collezioni per l’autunno-inverno 2017-18, vedremo se il trend sarà confermato. Sarebbe una buona notizia per i produttori italiani, tutti posizionat­i nell’alto di gamma.

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Portafortu­n a. Il 32 è il numero preferito di Simonetta Ravizza, la borsa è in visone

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