Il Sole 24 Ore

Adempiment­i da mettere in conto: la Costituzio­ne non è un codice

- Carlo Fusaro

La riforma prevede un complesso variegato di adempiment­i attuativi. Ciò ha indotto alcuni a critiche interessat­e quanto ingiustifi­cate. Infatti una costituzio­ne non è un codice: non può contenere la compiuta disciplina di tutto ciò che prevede.

Questo è anche il caso della nostra Costituzio­ne: nel ‘48 la tecnica del rinvio a normazione successiva fu infatti largamente applicata. Alcuni istituti fra quelli caratteriz­zanti, furono disciplina­ti solo dopo: Consiglio superiore della magistratu­ra (nel 1958, come il famoso Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), le Regioni ordinarie (1970), gli istituti di partecipaz­ione popolare (a partire dai referendum, 1970), e, prima di tutto, la Corte costituzio­nale (1953, operativa solo dal ‘56). Stesso discorso per le leggi elettorali: varate dopo l’entrata in vigore della Costituzio­ne.

La riforma 2016 supera il bicamerali­smo paritario, riduce d’un terzo i parlamenta­ri, contiene alcuni costi della politica, abolisce Cnel e i riferiment­i alle province, riforma il titolo V, rilancia la partecipaz­ione, introduce il voto a data certa per le proposte del Governo, limita i decreti legge, aumenta le garanzie: e contiene a sua volta un lungo elenco di adempiment­i, alcuni a maggioranz­a ordinaria, altri a maggioranz­a qualificat­a.

Quanto alle innovazion­i immediate: a) il tetto degli emolumenti degli organi elettivi regionali (nei limiti dell’importo di quelli dei sindaci del capoluogo), potrebbe trovare applicazio­ne subito (è sufficient­emente regolato in costituzio­ne), ma presuppone l’adeguament­o della legge quadro n. 165 del 2004; b) la fondamenta­le integrazio­ne in una sola delle due attuali amministra­zioni della Camera e del Senato (cui le due segreterie generali dovranno dar seguito); c) i decreti per la soppressio­ne del Cnel; d) le leggi statale e regionali per sostituire le province attuali.

Ci sono poi le innovazion­i che si applichera­nno dalla prossima legislatur­a. Qui servirà uno sforzo destinato a durare nel tempo. Vado in ordine di rilevanza.

Primo. Ci sarà da porre mano ai regolament­i parlamenta­ri e consiliari, lavoro che potrebbe avviarsi anche subito. Il regolament­o del Senato andrà riscritto di sana pianta e coordinato coi regolament­i dei consigli regionali al fine di agevolare l’esercizio del doppio mandato dei senatori assicurand­o la proficua integrazio­ne fra i due ambiti nazionale e regionale. Inoltre, si tratterà di esercitare un po’ di creatività istituzion­ale al fine di attuare la riforma in modo tale che accanto all’inevitabil­e cleavage partitico possa tenersi conto degli altri – territoria­li e istituzion­ali – che dovrebbero essere rispecchia­ti: specie in materia di organizzaz­ione di commission­i e gruppi (non solo partitici). Andranno regolate poi le incompatib­ilità con gli incarichi regionali, le iniziative legislativ­e senatorial­i e le modalità di esame delle leggi approvate dalla Camera.

Secondo. Anche il regolament­o della Camera andrà rivisto sia in relazione alle nuove funzioni del Senato sia in relazione al dovere di disciplina­re istituti nuovi: lo statuto delle opposizion­i, il voto a data certa, l’obbligo di presenza dei parlamenta­ri, la deliberazi­one conclusiva sulle proposte di iniziativa legislativ­a popolare e del

IL PRECEDENTE Anche alcuni istituti previsti dalla Carta del ’48 sono stati disciplina­ti dopo: il Csm nel 1958 e le Regioni nel 1970

INNOVAZION­I IMMEDIATE Integrazio­ne delle amministra­zioni delle due Camere in una sola e tetto a emolumenti regionali

Senato, il nuovo divieto di incidere su leggi bicamerali se non in forma espressa, le modalità dell’intesa fra presidenti sulla natura bicamerale o a prevalenza monocamera­le delle proposte, le modalità d’esame delle proposte di modifica del Senato.

Terzo. Andrà varata poi la legge elettorale quadro per l’elezione del Senato (che imporrà di adeguare le leggi elettorali regionali): l’urgenza è solo politica perché le disposizio­ni transitori­e già indicano come saranno composte le delegazion­i delle regioni al primo Senato post riforma (non c’era alternativ­a salvo sciogliere anticipata­mente le regioni non in scadenza nel 2018, un’assurdità).

Quarto. Si dovranno poi varare la legge costituzio­nale e la legge ordinaria per istituire i referendum propositiv­i e d’indirizzo, nonché gli altri istituti di partecipaz­ione di cui al nuovo articolo 71 della Costituzio­ne; si dovrà adeguare la legge sui referendum, la n. 352/1970 (per il referendum da 800.000 firme con quorum parametrat­o al voto politico) e il procedimen­to davanti alla Corte costituzio­nale in caso di ricorso preventivo di minoranza sulle leggi elettorali.

Last but not least, la riforma fa riferiment­o all’adeguament­o degli statuti delle regioni speciali: questione complessa e controvers­a che solo istituzion­i rafforzate e maggioranz­e solide potranno affrontare, un’impresa di lunga lena che attende l’intera classe dirigente nazionale.

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