Adempimenti da mettere in conto: la Costituzione non è un codice
La riforma prevede un complesso variegato di adempimenti attuativi. Ciò ha indotto alcuni a critiche interessate quanto ingiustificate. Infatti una costituzione non è un codice: non può contenere la compiuta disciplina di tutto ciò che prevede.
Questo è anche il caso della nostra Costituzione: nel ‘48 la tecnica del rinvio a normazione successiva fu infatti largamente applicata. Alcuni istituti fra quelli caratterizzanti, furono disciplinati solo dopo: Consiglio superiore della magistratura (nel 1958, come il famoso Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), le Regioni ordinarie (1970), gli istituti di partecipazione popolare (a partire dai referendum, 1970), e, prima di tutto, la Corte costituzionale (1953, operativa solo dal ‘56). Stesso discorso per le leggi elettorali: varate dopo l’entrata in vigore della Costituzione.
La riforma 2016 supera il bicameralismo paritario, riduce d’un terzo i parlamentari, contiene alcuni costi della politica, abolisce Cnel e i riferimenti alle province, riforma il titolo V, rilancia la partecipazione, introduce il voto a data certa per le proposte del Governo, limita i decreti legge, aumenta le garanzie: e contiene a sua volta un lungo elenco di adempimenti, alcuni a maggioranza ordinaria, altri a maggioranza qualificata.
Quanto alle innovazioni immediate: a) il tetto degli emolumenti degli organi elettivi regionali (nei limiti dell’importo di quelli dei sindaci del capoluogo), potrebbe trovare applicazione subito (è sufficientemente regolato in costituzione), ma presuppone l’adeguamento della legge quadro n. 165 del 2004; b) la fondamentale integrazione in una sola delle due attuali amministrazioni della Camera e del Senato (cui le due segreterie generali dovranno dar seguito); c) i decreti per la soppressione del Cnel; d) le leggi statale e regionali per sostituire le province attuali.
Ci sono poi le innovazioni che si applicheranno dalla prossima legislatura. Qui servirà uno sforzo destinato a durare nel tempo. Vado in ordine di rilevanza.
Primo. Ci sarà da porre mano ai regolamenti parlamentari e consiliari, lavoro che potrebbe avviarsi anche subito. Il regolamento del Senato andrà riscritto di sana pianta e coordinato coi regolamenti dei consigli regionali al fine di agevolare l’esercizio del doppio mandato dei senatori assicurando la proficua integrazione fra i due ambiti nazionale e regionale. Inoltre, si tratterà di esercitare un po’ di creatività istituzionale al fine di attuare la riforma in modo tale che accanto all’inevitabile cleavage partitico possa tenersi conto degli altri – territoriali e istituzionali – che dovrebbero essere rispecchiati: specie in materia di organizzazione di commissioni e gruppi (non solo partitici). Andranno regolate poi le incompatibilità con gli incarichi regionali, le iniziative legislative senatoriali e le modalità di esame delle leggi approvate dalla Camera.
Secondo. Anche il regolamento della Camera andrà rivisto sia in relazione alle nuove funzioni del Senato sia in relazione al dovere di disciplinare istituti nuovi: lo statuto delle opposizioni, il voto a data certa, l’obbligo di presenza dei parlamentari, la deliberazione conclusiva sulle proposte di iniziativa legislativa popolare e del
IL PRECEDENTE Anche alcuni istituti previsti dalla Carta del ’48 sono stati disciplinati dopo: il Csm nel 1958 e le Regioni nel 1970
INNOVAZIONI IMMEDIATE Integrazione delle amministrazioni delle due Camere in una sola e tetto a emolumenti regionali
Senato, il nuovo divieto di incidere su leggi bicamerali se non in forma espressa, le modalità dell’intesa fra presidenti sulla natura bicamerale o a prevalenza monocamerale delle proposte, le modalità d’esame delle proposte di modifica del Senato.
Terzo. Andrà varata poi la legge elettorale quadro per l’elezione del Senato (che imporrà di adeguare le leggi elettorali regionali): l’urgenza è solo politica perché le disposizioni transitorie già indicano come saranno composte le delegazioni delle regioni al primo Senato post riforma (non c’era alternativa salvo sciogliere anticipatamente le regioni non in scadenza nel 2018, un’assurdità).
Quarto. Si dovranno poi varare la legge costituzionale e la legge ordinaria per istituire i referendum propositivi e d’indirizzo, nonché gli altri istituti di partecipazione di cui al nuovo articolo 71 della Costituzione; si dovrà adeguare la legge sui referendum, la n. 352/1970 (per il referendum da 800.000 firme con quorum parametrato al voto politico) e il procedimento davanti alla Corte costituzionale in caso di ricorso preventivo di minoranza sulle leggi elettorali.
Last but not least, la riforma fa riferimento all’adeguamento degli statuti delle regioni speciali: questione complessa e controversa che solo istituzioni rafforzate e maggioranze solide potranno affrontare, un’impresa di lunga lena che attende l’intera classe dirigente nazionale.