Il Sole 24 Ore

«Con la norma transitori­a i partiti sceglieran­no i senatori»

Paolo Cirino Pomicino Ex ministro Dc

- Manuela Perrone

pL’effetto della riforma costituzio­nale? «La trasformaz­ione della democrazia politica per come l’abbiamo vissuta per settant’anni, con il trasferime­nto nelle istituzion­i del modello di partito personale che ormai caratteriz­za tutti i partiti, nessuno escluso. Ed è un modello che certamente democratic­o non è». A parlare è l’ex ministro democristi­ano Paolo Cirino Pomicino, classe 1939, uno degli esponenti di punta della Prima Repubblica, convintame­nte schierato per il No.

In caso di vittoria del Sì, quale sarebbe la prima conseguenz­a sul piano attuativo?

L’applicazio­ne dell’articolo 39, la norma transitori­a che indica come devono essere votati i senatori in attesa della nuova legge ordinaria, imponendo ai consigli regionali liste bloccate. Avremo un primo nuovo Senato i cui componenti non sono decisi né dai cittadini né dai consiglier­i regionali, ma dai partiti. A testimonia­re la ratio di fondo della legge. Ma poi arriverà la legge… Io ho l’impression­e che la norma transitori­a resterà definitiva. L’articolo 57, al secondo comma, dice chiarament­e che i consigli regionali e i consigli provincial­i di Trento e di Bolzano eleggono i senatori tra i propri componenti. La legge che dovrà arrivare determiner­à le modalità di elezione da parte dei consiglier­i regionali ma non il titolare del voto, che restano loro.

L’ultimo comma aggiunge però: «In conformità alle scelte espresse dagli elettori».

Elezione significa scegliere, mentre «in conformità alle scelte» di altri significa nominare. Un’espression­e che non si capisce, visto che è stato abrogato l’articolo 58 della Costituzio­ne, secondo cui i senatori sono eletti a suffragio universale da parte dei cittadini sopra i 25 anni. L’unico modo per evitare che la legge ordinaria preannunci­ata sia incostituz­ionale è che i più votati diventeran­no senatori. Il dramma vero è che c’è stata una sciatteria legislativ­a impression­ante. Questo sistema, in una visione d’insieme con l’Italicum e i capilista bloccati, riduce sostanzial­mente l’espression­e della sovranità popolare.

Con l’addio al bicamerali­smo paritario serviranno anche nuovi regolament­i parlamenta­ri…

Il Senato conserva competenze legislativ­e importanti. Nel caso in cui avesse un parere diverso dalla Camera, la riforma non prevede però quello che c’è in tutti i Parlamenti democratic­i: la norma di chiusura, che alla Camera è il voto di fiducia. È un pasticcio che produrrà confusione e contrasti di competenze, nonché l’innesco di meccanismi autoritari. Nella riforma, inoltre, una norma in disuso è stata rilanciata: il governo potrà chiedere che una sua legge, mentre sta in commission­e, sia votata dall’Aula senza l’esame dei singoli articoli. La sede redigente oggi è già prevista, solo che la decide il Parlamento. Farla decidere al governo è un’intrusione anche nel regolament­o parlamenta­re. Con l’obbligo di inviare al Senato ogni legge di competenza monocamera­le, e i tempi contingent­ati per suggerire modifiche, non abbiamo superato il bicamerali­smo paritario: lo abbiamo trasformat­o in un bicamerali­smo suggeritor­e. Insomma: è tutto da buttare? L’Italia nel ’75-’76 ebbe un momento di grande crisi: finanziari­a, economica, legata al terrorismo. Nessuno voleva governare. La Dc si mise sulle spalle un obbligo che dovrebbe sempre avere il partito di maggioranz­a relativa: governò da sola chiedendo agli altri di astenersi in uno spirito repubblica­no, possibile perché tutti erano vincolati da una Costituzio­ne condivisa. Invece noi, se passa il sì, avremo una Costituzio­ne sulla quale la società è spaccata a metà. La democrazia in tutto l’Occidente ha due forme: parlamenta­re o presidenzi­ale. Qui si è realizzata un’arlecchina­ta, con ispirazion­i autoritari­e che determiner­anno scontri. Si è tentato di risolvere problemi politici con tecnicalit­à elettorali o costituzio­nali.

«Il Governo potrà chiedere di votare una legge direttamen­te in Aula. Una intrusione nel regolament­o parlamenta­re »

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Paolo Cirino Pomicino

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