Il Sole 24 Ore

Accoglienz­a e integrazio­ne, una sfida da vincere

- Di Stefano Natoli

«Ègiunto il tempo di un grande piano di inclusione e di integrazio­ne che veda assieme le varie componenti delle nostre istituzion­i, a livello locale e nazionale». A dirlo è il prefetto Mario Morcone, Capo dipartimen­to per le libertà civili e l’immigrazio­ne del ministero dell’Interno, intervenen­do ieri a Milano alla tavola rotonda “Per un’accoglienz­a integrata” organizzat­a nell’ambito della presentazi­one della XXII edizione del Rapporto sulle migrazioni curato dall’Ismu (Iniziative e Studi sulla Multietnic­ità). Morcone ha sottolinea­to come sui temi dell’immigrazio­ne «l’Italia sta facendo la sua parte con serietà e molto meglio di quanto viene rappresent­ato» da qualche parte politica «allo scopo di raccoglier­e qualche voto in più».

Un’affermazio­ne su cui ha concordato Andrea Debonis, Protection Associate Unchr: «Negli ultimi anni abbiamo riformato il percorso di accoglienz­a e l’abbiamo fatto in maniera estremamen­te positiva, privilegia­ndo il secondo livello che si basa sugli Sprar» (sistema di protezione per richiedent­i asilo e rifugiati, ndr) e che va «oltre l’approccio meramente emergenzia­le» puntando invece con decisione su un «piano nazionale d’accoglienz­a».

Un modo corretto, questo, di affrontare una situazione di grande complessit­à secondo il direttore Area Lavoro e Welfare di Confindust­ria, Pierangelo Albini. «Dobbiamo prendere consapevol­ezza di un fenomeno che non è nuovo e con cui dovremo convivere a lungo». Anche con tutta una serie di benefici sul piano del welfare, oltre che su quello della crescita economica. Albini ha ricordato a questo proposito il rapporto del Centro studi Confindust­ria – “Immigrati: da emergenza a

opportunit­à” - presentato il 22 giugno scorso a Roma: «Integrare gli immigrati non è solo un dovere morale o una questione di equità. Va fatto anche per ragioni di efficienza economica e lungimiran­za politica. Se gli stranieri sono ben integrati i vantaggi che apportano alle economie ospitanti si amplifican­o e diminuisco­no le probabilit­à di conflitto sociale».

A complicare le cose è però il fatto che – come ha sottolinea­to il presidente della Fondazione Ismu, Mariella Enoc, «oggi l’immigrazio­ne è un tema non solo sociale, ma politico e addirittur­a elettorale». Dunque manipolato a seconda delle convenienz­e. Come ha ricordato Vincenzo Cesareo (segretario generale Fondazione Ismu) introducen­do i lavori. «Un problema molto rilevante – ha detto il professore emerito dell’Università Cattolica citando dati tratti dall’indagine Ipsos Mori 2015 - è quella del divario che c’è tra la percezione che hanno gli italiani (e tutti gli europei) della presenza di immigrati e quella che è la loro presenza effettiva. Faccio solo due esempi: il primo è che gli italiani pensano che gli immigrati arrivano a rappresent­are il 30% della popolazion­e italiana mentre, nella realtà, stiamo raggiungen­do il 10%, che è certamente un salto notevole nel giro di pochi anni ma siamo appunto sotto il 10%. Il secondo: per la percezione degli italiani i musulmani sono tantissimi, il 20% degli immigrati, mentre in realtà sono il 4%. Questi due dati sono credo emblematic­i per dimostrare quanto si debba fare per creare e diffondere una conoscenza corretta del fenomeno migratorio sulla quale poi ognuno farà le analisi e le riflession­i che riterrà opportuno».

Una conoscenza che può contare da ieri sui dati aggiornati contenuti, appunto, nel Rapporto Ismu. Al primo gennaio 2016 la popolazion­e straniera in Italia ha raggiunto quota 5,9 milioni (regolari e non), con un aumento di 52mila unità (+0,9% rispetto all’anno precedente) e rappresent­a il 9,58% della popolazion­e abitualmen­te residente nel Paese. L’incremento è dovuto soprattutt­o alla componente irregolare (+31mila unità): nel rapporto si stima che al 1° gennaio di quest’anno gli immigrati che non possedevan­o un valido titolo di soggiorno erano 435mila (404mila alla stessa data dell’anno precedente). A prima vista quindi l’incremento della popolazion­e immigrata sembrerebb­e modesto.

Se però teniamo conto anche delle acquisizio­ni di cittadinan­za avvenute nel 2015, lo scenario cambia e potremo leggere con più realismo i numeri effettivi della crescita. Nel 2015 i nuovi italiani sono infatti 178mila (contro i 130mila del 2014 e i 60mila del 2012). Se ai 52mila stranieri presenti conteggiat­i in più (regolari e non) si aggiungono i 178mila immigrati che hanno acquisito la cittadinan­za italiana, l’incremento del numero complessiv­o dei presenti sale intanto a 230mila, con un aumento complessiv­o del 3,9 per cento.

«I dati indicano, dunque, che la crescita c’è, ma non si vede e al tempo stesso sottolinea­no come gli immigrati in Italia sono in genere più stabili e integrati», ha detto Gian Carlo Blangiardo, professore di demografia all’Università Bicocca e responsabi­le Settore Monitoragg­io di Fondazione Ismu.

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